Le promesse disattese
All’inizio della prima guerra mondiale, il 26 aprile 1915, quando l’Italia era ancora neutrale, la “diplomazia segreta” firmò a Londra un accordo (Trattato di Londra) tra il governo italiano ed i rappresentanti della Triplice Intesa, composta da Impero britannico, Francia e Russia.
Il patto prevedeva l’impegno dell’Italia ad entrare in guerra contro Germania, Austria-Ungheria, impero Ottomano e Bulgaria entro un mese in cambio di importanti compensi territoriali che non vennero completamente riconosciuti, alla fine della prima guerra mondiale, dal trattato di Versailles.
Sorse così il sentimento della “Vittoria mutilata” che, in Italia, causò malcontento e agitazione prontamente cavalcati dal nascente partito fascista.

L'economia ante seconda guerra mondiale
Negli anni 20 il Bandiera del Regno d'Italiafascismo tentò di rendere l’Italia indipendente economicamente da altri paesi:
- dal punto di vista dell’agricoltura attraverso i piani de “La Battaglia del Grano” nel 1925, per rendere il paese autosufficiente nella produzione di grano e diminuire il deficit commerciale della bilancia dei pagamenti, e della Bonifica Integrale tra il 1928 ed il 1934, per diminuire l’incidenza della malaria e sottrarre terreni alle paludi a favore dell’agricoltura.
- dal punto di vista dell’economia, tra il 1922 ed il 1925, adottando una politica liberistica, attenuando la presenza dello Stato nella vita economica del paese, le cui misure erano finalizzate al mantenimento del consenso al regime fascista da parte dei grandi capitali.

Pur per certi versi faAttestato del conferimento del granovorendo la ripresa dell’economia sorsero alcuni fattori allarmanti tra cui un aumento della domanda interna che aveva portato il volume delle importazioni ad essere largamente superiore alle esportazioni, avviando un preoccupante processo inflazionistico. Mussolini, al fine di contenere questo fenomeno, nel 1926 annunciò una manovra deflazionistica fissando il cambio contro una Sterlina, allora moneta di riferimento, dalle 150 lire del 1925 alle 90 lire del 1926. Le esportazioni subirono così una forte contrazione; mentre la stabilizzazione monetaria andò a favore delle grandi imprese ma portò quelle piccole e medie verso il fallimento o ad essere assorbite da quelle più strutturate.

Negli anni 30 in seno allo Stato Maggiore delle Forze Armate ebbero luogo infinite discussioni sulla opportunità o meno di meccanizzare la grandi unità dell'esercito in funzione del fatto che il valore dell'uomo fosse il fattore più importante dell'operatività di terra oppure, per quanto concerne l'Arma Azzurra, se sviluppare la dottrina del bombardamento sostenuta sin dal 1921 da Giulio Douhet nel suo libro Il dominio dell'aria, e i conseguenti modelli di aerei, o quella dell'avizione d'assalto sostenuta da Amedeo Mecozzi in vari articoli e nel libro Guerra agli inermi e aviazione d'assalto.

Fu così che nel giugno del 1940 l'Italia entrò in guerra con mezzi ed equipaggiamenti in gran parte obsoleti e superati o inadatti al nuovo tipo di guerra che si andava profilando sui campi di battaglia.

Il Regio Esercito

Una postazione controcarro della Folgore nel deserto di El ElameinDal punto di vista dell'armamento individuale la fanteria aveva in dotazione ancora il fucile Carcano modello 91 a otturatore girevole e scorrevole.
All'inizio degli anni '20 iniziò la conversione dei vecchi fucili 91 -calibro 6.5mm- in moschetti 91/24 al fine di recuperare i tanti fucili, residuati della Prima Guerra Mondiale, che giacevano negli arsenali.
Dopo l'esperienza delle guerre coloniali, si prese atto che la munizione calibro 6.5 mm, se non colpiva parti vitali, aveva un potere di arresto insufficiente sul campo di battaglia. Fu così studiata e venne adottatata una nuova munizione calibro 7,35 x 51 mm. Sempre per questioni economiche si continuò a recuperare i vecchi fucili 91 e 91/24, accorciando le canne da 780 a 538 mm, adottando il calibro 7,35 mm e apportando alcune modifiche meccaniche. Nasce così il moschetto Modello 91/38 e le sue varianti.

Quando l'Italia entrò in guerra, a causa di vari problemi di produzione e di logistica, le munizioni da 7,35 mm erano ancora difficilmente reperibili per cui si ritornò ad adottare il calibro 6,5.
Nel giugno del 1940 l'Esercito Italiano era formato da 78 divisioni binarie di cui 59 di fanteria, 3 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, 2 coloniali libiche, cinque di alpini (Taurinense, Baltea, Tridentina, Cuneense e Pusteria), 3 corazzate (Centauro, Ariete e Littorio) e 2 motorizzate (Trieste e Trento). Solo poco meno della metà delle divisioni erano al completo di equipaggiamento e organico.