[ Nota di apertura: Questo manoscritto contiene appunti personali probabilmente in risposta all’incontro avuto il 14 marzo 1998 tra l’allora Presidente della Camera dei Deputati Violante insieme a Gianfranco Fini con gli studenti del corso di Scienze Politiche dell’Università di Trieste.]

Alle esternazioni di Violante e Fini il gappista Stefano risponde!
Dove eravate voi due il 25 luglio e 8 settembre 1943?
Io a 18 anni fui chiamato alle armi, ho sempre odiato il regime fascista essendo vissuto sempre in povertà, costretto e umiliato come tanti italiani, di famiglia numerosa a ritirare qualche chilo di farina la settimana per sopravvivere. Ho sempre odiato l’imposizione fascista, di indossare la divisa quando si era obbligati fare il premilitare, ho sempre rifiutato la tessera sia da Balilla che da giovani avanguardisti, per questo fui punito e rinchiuso in una stanza nella locale sede fascista. Il 3 / 1/1940 fui chiamato alle armi al 21° settore Guardia Frontiera a Plezzo di cui restai in zona, a Na Logu fino al 9 settembre: ebbi modo di collaborare con partigiani slavi della Val Trenta.

[Nota di apertura: manoscritto di un discorso pubblico del 15 aprile 1998]

Prima di spiegare come è nata la Resistenza nel territorio di Spilamberto è necessario fare un sunto schematico nel tempo precedente e remoto.
Fra la popolazione Spilambertese esistono radici storiche rivoluzionarie Menottiane e Mazziniane, lo dimostrano le varie vie del Paese e la lapide ricordo della torre civica in memoria a coloro che corsero con le armi a difesa della casa e di Ciro Menotti a Modena, combattendo contro le guardie Regie del regime di allora.

Dopo la guerra 15-18 con tanta gente morta di stenti, malattie ed in guerra, i superstiti dal fronte tornano a casa trovando miseria, fame, senza lavoro. I braccianti, i contadini, gli operai formano le leghe sostenuti dal sindacato e dal partito Socialista e per cercare questo sistema collettivo per dare lavoro a disoccupati. Si forma qualche Cooperativa, si creano club operai e si sviluppa una coscienza di classe e di lotta, contro gli agrari e industriali perché dessero lavoro e sviluppo alla Società.

Ben presto questi movimenti vennero ostacolati da squadre pagate da agrari ed industriali, danneggiando ed incendiando club-Cooperative-Sezioni Socialiste e di Mutuo Soccorso.

Ed ecco che il Governo Salandra spiana la strada per l’avvento del fascismo con alla testa Mussolini, grandi lotte, bastonature, olio di ricino, purghe ecc. contro chiunque che avesse contrastato il fascismo. Il fascismo era sostenuto da Agrari ed industriali e man mano diventava forte opprimeva sempre di più le classi più deboli arrivando a mettere fuori legge Leghe operaie e contadine, Cooperative e Partiti Politici.

Mussolini diventa il benemerito della Monarchia Italiana e Vittorio Emanuele 3° lo nomina Capo del Governo con pieni Poteri.
Ed ecco la grande avventura del Duce, dare all’Italia un Posto al Sole, creare l’Impero e nel 1935 va invadere l’Etiopia.
Nel 1936 va in Spagna ad aiutare il Dittatore fascista Franco per eliminare la nata Repubblica Popolare.
Poi l’invasione dell’Albania, Grecia-Jugoslavia, dichiara guerra alla Francia, alla Russia ed assieme a Hitler combattendo su due fronti.

Ma ben presto finì la spavalderia di Mussolini: la fame, la miseria subita dalla popolazione, i figli migliori erano in guerra, morti nei vari fronti le cartoline a lutto arrivavano a molte famiglie, la rabbia il malcontento aumentava contro il regime.
Socialisti, Comunisti, Popolari-Repubblicani nella clandestinità facevano propaganda contro il Regime fascista, e si organizzavano ovunque facendo fronte comune contro il fascismo e la Monarchia.
Le batoste subite sui vari fronti demoralizza l’esercito ed i suoi sostenitori.

[Nota di apertura: manoscritto. Non è chiaro se finalizzato ad un discorso pubblico]

Le varie campagne antipartigiane contro la resistenza si sono avute pochi mesi dopo la liberazione 1945-1946ed ogni qualvolta faceva comodo alla DC è partita con loro nei vari governi, in particolare quando si avvicinavano elezioni politiche.
Non facevano coi loro attacchi ai Partigiani, contornati dalla stampa e da certi giornalisti, spesse volte d inchieste da storici o fingendo storici di parte politica, anticomunisti con livore e veleno contro i Partigiani Comunisti, contro il PCI contro l’ANPI attribuendo a questi la responsabilità di eccidi o misfatti che appartengono a singoli individui, che hanno commesso questi fatti o per vendetta a scopo personale o famigliare, forse anche casi di omicidi comuni a scopo di rapina.
E’ deplorevole che siano venuti questi fatti, ed è sempre stato condannato puntualmente dal PCI dall’ANPI e denunciato all’opinione Pubblica ed alle forze dell’ordine perché fosse intensificata la vigilanza nelle zone più calde di questi fatti.
Sia ben chiaro che dopo ogni guerra o Rivoluzione armata lascia le sue conseguenze e purtroppo in Italia come in tanti paesi del mondo, nessuno ha potuto evitare quelle conseguenze, anche perché l’inesperienza generale mancava, lo Stato non esisteva ancora, la fame la miseria o l’egoismo ha generato la violenza.

Non esistevano forze di polizia che avessero in quegli anni uomini e mezzi di informazioni per stroncare quei fatti. Solo dopo la metà del 1947 le forze dell’ordine incominciarono ad agire, però in modo indiscriminato, seminando paura e terrore contro le masse operaie che chiedevano lavoro, e maggiormente contro i Partigiani, con lo scopo di arrestare colpevoli invece si arrestava in massa, specialmente contro a coloro che erano stati alla guida dei Partigiani, si voleva incriminare tutti con mandati di cattura inputando colpe che molti non avevano. Lo dimostra i processi fatti, i tanti Partigiani arrestati e civili, che hanno dovuto scarcerare dopo giorni di arresto e di carcere perché innocenti.
Dimostrazione più crudele era quella di celebrare i processi altrove fuori dalla Provincia di Modena e dell’Emilia. Le località preferite erano Pescara, Macerata ecc. 
Non si può dimenticare il clima creato dal cap. Vesce a Reggio in complotto col Vescovo per il fatto Don Mesina. Qui a Castelfranco Emilia da Tenente Rizzo e dal torturatore Maresciallo Cau e non di meno dai vari Marescialli nei comuni di provincia e compreso la questura di Modena.
Nei processi erano spesso gli stessi Giudici che sotto al fascismo condannavano gli imputati col livore fascista in corpo con le leggi del codice fascista che vigeva ancora in Italia anche dopo il 1951.Questo basta per capire quel periodo, quelle percezioni giuste o non giuste, vedeste quanti processi ed arresti sono stati fatti, quanti ne sono stati condannati, quanti ne sono stati assolti per non aver commesso il fatto, e quanti non sono stati giudicati e hanno dovuto scarcerarli.

[Nota di apertura: dattiloscritto]

Intervista con Sxx Gxx (Stefano) (Stefano) nel marzo del 1982, emigrato in Cecoslovacchia dal maggio del 1950 alla fine del 1953.

D: Dopo la fine della guerra e della smobilitazione delle formazioni partigiane cosa facesti?
R: Dopo la liberazione feci parte della Polizia Partigiana a Vignola in qualità di vice comandante alle dipendenze del comando alleato di Pavullo, ove rimasi fino alla sua estinzione con la reintegrazione dei carabinieri. Dopo di chè fui designato segretario dell’A.N.P.I. di Vignola, carica che ricopersi fino a quando dovetti rientrare nella clandestinità verso la metà del marzo 1949, quando fu emesso nei miei confronti un mandato di cattura. Le accuse erano generiche, non si specificava se per fatti inerenti alla guerra partigiana o per i fatti del 14 Luglio 1948 a seguito dell’attentato a t. L’operazione si inquadrava indubbiamente nella campagna di persecuzioni scatenata da Scelba.

D: Cosa successe a Vignola il 14 Luglio 1948?
R: Furono effettuati blocchi stradali, allarmi, un po’ successe ovunque.

D: Dopo questi avvenimenti ti sei dato alla latitanza?
R: Si, mi trasferii nei pressi dei Settecani. A mangiare mi recavo presso il falegname “Prospero” e a dormire andavo nelle stalle dei contadini della zona. Dopo una settimana passai dai Ferrari ( Lepre) ex base partigiana, dove rimasi per un’altra settimana, poi fui trasferito a Gavello di Solignano presso Tonino Tagliazucchi e vi restai fin dopo la vendemmia. Dormivo in un sottoscala ex rifugio di guerra e per finestra avevo un mattone. Era già comunque molto meglio della prima settimana quando dormendo nelle stalle, dovevo alzarmi prima dell’arrivo dei boari che iniziavano il governo del bestiame molto presto. Aiutavo la famiglia nel lavoro dei campi, apparendo a volte come un parente e a volte fidanzato di una delle figlie, creando a volte una situazione imbarazzante, malgrado gli sforzi comuni per trarre in inganno i curiosi che erano diventati troppi. Preferii in zona più tranquilla presso una figlia del Tagliazucchi sposata con Bortolomasi in una vicina montagna ove rimasi fino alla primavera del 1950. Restando dei paraggi potei avere contatti con la moglie e vedere il figlio Giancarlo che allora aveva due anni e mezzo. I genitori e i fratelli li potei vedere soltanto dopo il mio rientro in Italia alla fine del 1953. Verso la fine del marzo del 1950, venni portato a Bologna dal compagno Franciosi di Modena, transitammo in macchina da Spilamberto naturalmente senza fermarsi per avere notizie della famiglia. A Bologna fui affidato ad un compagno in tuta, lo seguii il quale mi presentò ad un altro compagno che aveva una motoretta. Mi invitò a salire. Partimmo e raggiungemmo Sesto Imolese superando felicemente due blocchi stradali della polizia e della celere. Si trattava di Tiglini presidente di una cooperativa e mi portò ad Osteriola presso la famiglia Bacchilega e lì restai fino alla mia partenza per la Cecoslovacchia il 2 maggio 1950.