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"LA CAMPAGNA DELL'APPENNINO"
LO STALLO INVERNALE

Le fredde acque di torrenti e laghetti coperte da sottili strati di ghiaccio, tessuti durante le fredde notti degli ultimi giorni di ottobre, presagivano l’arrivo dell’inverno negli Appennini.
Le vette più alte erano già coperte di neve la cui linea più bassa scendeva giorno dopo giorno e i cittadini locali prevedevano che nel giro di poche settimane l'intera campagna sarebbe stata coperta di neve. Donne, bambini e uomini anziani trascorrevano le loro giornate a perlustrare i sentieri di montagna in cerca di legna con cui riscaldare le loro case, mentre noi avvicinavamo le nostre borracce ai fuochi per sciogliere il ghiaccio formatosi durante le notti gelide o rompere il sottile strato di ghiaccio nei nostri caschi per eseguire la toelettatura mattutina.
Scie di vapore gelido si diffondevano chiare dalla bocca e dalle narici in queste fredde mattine e il freddo morso dell'aria colpiva le orecchie e le dita esposte. Un soldato di pattuglia con un dito nudo sul grilletto, temeva che potesse perdere la sensibilità per intorpidimento. Intensi venti freddi gemevano attraverso le macchie di alberi sulle pendici taglienti come rasoi delle montagne. Ma per portare a termine la tua parte della missione difensiva sulle cime frastagliate in queste condizioni invernali ci voleva fegato e una grande forza di volontà per le difficoltà naturali che erano pari al contributo del nemico.

Con l'arrivo di novembre, le truppe Alleate in Italia sapevano che era giunto il momento di trincerarsi per un secondo inverno ma avevano la soddisfazione di sapere di aver battuto il nemico su molte miglia di terreno durante l'ultimo anno.

Per quasi due mesi interi avevano lottato avanzando di montagna in montagna in una campagna che, per intensità durante un'azione prolungata, non aveva riscontro con qualsiasi altro sforzo fatto dagli eserciti altrove. Iniziando durante le calde e limpide giornate di inizio settembre, l’avanzata, in proporzione all'aumento delle piogge torrenziali, gradualmente rallentò fino a fermarsi alla fine di ottobre.

La tensione delle pesanti perdite, l'aumento della resistenza nemica e le rotte di rifornimento fangose logorarono anche la forza offensiva delle divisioni attaccanti.

Si riteneva che le nostre truppe avrebbero potuto continuare, se non fosse stato per un fattore di controllo primario: lo stato delle scorte di munizioni disponibili per l'esercito. La priorità nelle munizioni e nei rimpiazzi era passata alle forze del Generale Eisenhower sul fronte occidentale. Fu stimato che se il tasso medio di utilizzo giornaliero fosse continuato, le attuali scorte disponibili per l'esercito, compresa l'assegnazione a quel momento e la riserva di teatro, sarebbero state completamente esaurite entro il 10 novembre. Fu inoltre stabilito che le assegnazioni di teatro per il periodo dal 10 novembre al 10 gennaio non sarebbero state sufficienti per una qualsiasi missione al di là di un ruolo difensivo.

5aarmata 150xCi sarebbe voluto un po' di tempo per accumulare la riserva necessaria per supportare anche attacchi offensivi limitati soprattutto in alcune categorie, come le munizioni per i cannoni da 155 mm, poiché la capacità produttiva negli Stati Uniti non era in grado di soddisfare la domanda complessiva. In queste condizioni, la 5a Armata non aveva altra scelta che interrompere le operazioni e non si sapeva quando si sarebbe potuto intraprendere una nuova azione prolungata. Quindi, il 30 ottobre, il Comandante della 5a Armata impartì istruzioni verbali, confermate in una successiva direttiva scritta il 3 novembre, delineando l'azione da intraprendere da tutte le unità sotto il controllo dell’Armata.

Avvicendamenti nella disposizione delle truppe
Al suo posto di comando che dominava Lucca, il Generale Crittenberger ricevette le seguenti istruzioni dal Comandante della 5a Armata; esse delineavano in via generale i piani per l'arresto dell'offensiva dell’Armata ma ordinavano un importante cambiamento delle attuali zone di responsabilità.

La 92a Divisione di Fanteria, sotto il controllo della 5a Armata, si sarebbe assunta la responsabilità della zona costiera e della valle del Serchio fino a est di Bagni di Lucca. La nuova zona del IV Corpo si sarebbe estesa da Bagni di Lucca al confine del II Corpo, sul torrente Setta. La 6ª Divisione Corazzata Sudafricana e il Comando di Combattimento B, attualmente impegnati in quella zona, dovevano tornare sotto il controllo del IV Corpo.

Per prepararsi ad assumere il comando della nuova area ad est, il Generale fu incaricato di stabilire un piccolo gruppo di comando da qualche parte verso est della zona in modo da facilitare i successivi movimenti, le sostituzioni e l'eventuale assunzione di comando del nuovo settore. Doveva anche concentrare la 6a Squadra di Combattimento della FEB, nell'area allora detenuta dal Comando di Combattimento B.
All'arrivo dei brasiliani, il Comando di Combattimento B, meno il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria, doveva essere rilevato e tornare alla sua unità madre. Il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria doveva successivamente essere messo sotto il comando della 92a Divisione di Fanteria.
I brasiliani, dopo avere rilevato il Comando Combattimento B, avrebbero continuato a spingere in avanti lungo la provinciale 64 per restringere la zona di azione della divisione sudafricana.
Alla fine, quando il Comando del nuovo settore sarebbe divenuto effettivo e se il Monte Sole fosse stato ancora nelle mani dei nemici, dovevano essere preparati i piani per la sua cattura.

IV Corps 150xIl 3 novembre, in virtù di un messaggio radio della 5a Armata, furono messe in atto le istruzioni sopra elencate e così la costa e la valle del Serchio passarono alla 92a Divisione e il resto della zona, fino al confine del II Corpo, furono messe sotto il controllo del IV Corpo. Il giorno seguente iniziò il trasferimento delle truppe nella massima segretezza.
Per aiutare il piano di copertura, tutti i cartelli indicatori delle unità furono lasciati nelle vecchie aree mentre le truppe si stavano spostavano dalla zona occidentale alla nuova area del Corpo.
Furono rimossi i cartelli organizzativi dai veicoli e dall’equipaggiamento.
I gradi più alti del Quartier Generale del IV Corpo furono divisi e solo una minima parte di personale operativo si trasferì nel villaggio di montagna di Taviano dove stabilì un posto di comando avanzato.
La maggioranza degli alti gradi stabilì un nuovo posto di comando in un'enorme villa quadrata a nord di Pistoia.
Per ingannare ulteriormente il nemico, le radio e le installazioni dei cartelli indicatori furono lasciate nelle vecchie aree a nord-ovest di Lucca.
La diffusione di queste istruzioni fu giustamente programmata per dare sollievo al Comando di Combattimento B che era sotto forte pressione nella valle del fiume Reno.

Dopo settimane di ritiro verso nord, attraverso l’Italia verso la Linea Gotica, essendo stato costretto a uscire da posizioni fortificate e poi ritirarsi lentamente, Hitler aveva improvvisamente dato l'ordine di tenere duro sull'Appennino. La reazione dei tedeschi fu immediata. Il nemico si fermò su tutta la linea e ora stava iniziando a imbastire contrattacchi locali.

Questo faccia a faccia venne evidenziato dalla difesa testarda esibita a sud di Bologna e dalla feroce resistenza offerta a est e ovest del saliente. Il Comando di Combattimento B, sotto il comando del Colonnello Dewey, nella sua avanzata lungo la Statale 64 fino a Torre di Nerone, fu messo a dura prova da questa improvvisa messa in mostra di sensibilità.
Fu messa in campo ogni ostilità per scacciare la sua piccola forza dall'altura che dominava la Statale 64 a nord di Porretta. In un giorno l'11° Battaglione di Fanteria Corazzata fu contrattaccato sette volte nei pressi di Affrico ma resistette.
Per alleviare la situazione fu inviato ancora una volta l'allarme di emergenza al IV Corpo. L'unità che riuscì ad andare in supporto del Colonnello Dewey il più velocemente fu l'894° Battaglione Caccia Carri, poi impiegato sulla costa. A mezzanotte del 2 novembre fu ordinato a una compagnia dell'894° Battaglione Caccia Carri di liberarsi e spostarsi di 120 chilometri, nell'area di Porretta dove arrivò alla luce del giorno seguente. I rimanenti caccia carri del battaglione e i carri armati del 751° Battaglione di Carri armati seguirono da vicino.

Il rapido arrivo di quei caccia carri e dei carri armati probabilmente salvò la giornata. Tuttavia era ancora necessaria la fanteria di supporto.

Poiché la Forza di Spedizione Brasiliana (FEB), al comando del Generale Mascarenhas, doveva rimanere con il IV Corpo, elementi della 92a Divisione di Fanteria rilevarono la fanteria brasiliana nella Valle del Serchio. Il 2 novembre il 2° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria brasiliano, già sostituito, fu inviato in fretta e furia nella zona di Porretta Terme. Il resto dei brasiliani che erano stati impegnati in azione, si trasferì nella valle del fiume Reno con la stessa rapidità con cui furono sostituiti. Il resto della forza di spedizione brasiliana venne spedito via dall'area di Pisa con la stessa velocità consentita dalla consegna dell’equipaggiamento e dal completamento del loro addestramento pre-battaglia.

logoFEB 150xIl 5 novembre la 1a Divisione di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana assunse il comando della zona detenuta dal Comando di Combattimento B, a cavallo del fiume Reno, il quale, contemporaneamente e insieme la Truppa D dell’81° Squadrone Cavalleria da Ricognizione, furono posti sotto il comando operativo dei brasiliani.

Il rapido movimento di elementi del 6° Reggimento verso Valle del Reno, seguito dal resto del movimento della Divisione dall'area di Pisa e l'impegno di queste nuove truppe all'azione, furono una prova cruciale per la Forza di Spedizione Brasiliana. Fu un improvviso test di pianificazione del personale, della logistica e della leadership, tutto sotto lo stress della fretta.

Lo spostamento urgente illustra uno dei fenomeni di guerra, poiché mentre è vero che la guerra in molti casi consiste nel guardare e nell'attendere, d'altra parte quando incombe una minacciosa emergenza, la corsa avviene alla rinfusa perché le truppe si affrettano verso le aree minacciate. Questo fu il caso, quando il centro di attività brasiliano venne spostato così rapidamente dalla valle del Serchio alla valle del Reno, 80 o 100 chilometri a est.

Il 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana, venne trasferito in posizioni nelle vicinanze di Affrico prima della mezzanotte del 5 novembre, e il 2° Battaglione rilevò dalla sua posizione l'11° Battaglione di Fanteria Corazzata. Lo stesso giorno il 434° Battaglione Anti Aerea si mosse dalla costa, si avvicinò a un'area di raccolta vicino a Ponte Petri preparandosi per la sostituzione del 74° Reggimento Anti Aereo Leggero.
Nei giorni successivi, 6 novembre, il Quartier Generale della Task Force 45, trasferito in zona costiera, si spostò nell'area di S. Marcello Pistoiese e prese il posto del 107° Gruppo Antiaereo nella la zona che si estendeva da Bagna di Lucca a Campo Tizzoro. Alle 18:00 del 7 novembre, il 1° Battaglione della 6a Squadra di Combattimento, nell’area di raccolta a Grazlione (?) venne distaccato dall'aggregazione alla 92a Divisione di Fanteria. Il Generale Mascarenhas da una parte effettuò le sostituzioni di elementi del Comando di Combattimento B e dall'altra mantenne il contatto con il nemico, spingendo in profondità le pattuglie da combattimento che ingaggiarono combattimenti a nord di Palazzo [d’Affrico] e nelle vicinanze di Labante e Caselina.

L'11 novembre alle 18:00, l'11a Divisione Corazzata controllava la zona. Le truppe che non lasciarono l'area sono il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria; il 13° Battaglione Carri; il 68° Battaglione Corazzato di Artiglieria da Campo e le Truppe D dell’81° Squadrone di Ricognizione, rimasero sotto il controllo operativo della 1a Divisione di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana.
Le missioni assegnate alla Task Force 45 del Generale Rutledge nella sua nuova zona erano contenute nelle Istruzioni Operative n° 65 del IV Corpo, datate 6 novembre, ed erano le seguenti: "Tenere la linea Campo Tizzoro-Cutigliano-Bagni di Lucca e impedire qualsiasi movimento nemico a sud di essa; continuare il pattugliamento attivo e preparare piani per seguire la ritirata del nemico". Questo settore era tenuto dal 107° Gruppo Artiglieria Anti Aerea. Il Generale Rutledge doveva anche preparare i piani per completare gli avvicendamenti del 47° e 74° Reggimento Anti Aereo Leggero entro l'8 novembre; mantenere i contatti con il Corpo di Spedizione Brasiliano e la 92a Divisione di Fanteria (ora sotto l’Armata) e, infine, proteggere il fianco sinistro del IV Corpo.

La zona occupata dalla Task Force 45 era delimitata a destra dalla strada 6629 che da Ponte Petri portava a Ponte della Venturina, dove si univa alla Statale 64. La 92a Divisione di Fanteria era adiacente a sinistra e il Corpo di Spedizione Brasiliano a destra. Questo segmento dell'Appennino era spiccatamente montuoso e con un terreno estremamente accidentato.
Sulle strade il nemico aveva compiuto approfonditi lavori di demolizione.
La principale via di rifornimento era la Statale 66, che da Pistoia conduceva attraverso Ponte Petri e fino a un incrocio con la Statale 12 a La Lima. La Statale 12 che portava da Lucca a Bagni di Lucca, a Lima e da lì a Sestaione, era aperta solo al traffico jeep da Bagni di Lucca a Lima, così come la Strada 6629. La strada da Montecatini a La Lima era impraticabile a causa delle demolizioni. Non c'erano altre strade a nord della linea Bagni di Lucca-Campo Tizzoro, solo poche mulattiere difficili da percorrere. Ad est e ovest della Statale 12 da La Lima a Sestaione c'erano montagne che erano praticamente scogliere a picco.

M16 half track La missione iniziale di effettuare l’avvicendamento del 47° Reggimento Britannico e del 74° Reggimento Antiaereo Leggero iniziò l'8 novembre quando quest'ultimo, sulla destra del settore centrale, fu sostituito dal 434° Battaglione di Artiglieria Antiaerea. Il 434° presidiava Spignana, Maresca, Pracchia e Ponte Petri e, successivamente, Orsigna, Vizzanetta e La Lima. Assunse anche il pattugliamento delle strade da [Ponte della] Venturina a Campo Tizzoro e da La Lima a Cocciglia.
Gli M-16 antiaerei, quattro mitragliatrici calibro 50 montate su un camion cingolato blindato, furono usati in modo molto efficace in queste pattuglie. Gli M-16 vennero collocati anche all'Orsigna, alla Maresca e al ponte La Lima, dove la loro formidabile potenza di fuoco fornì un ottimo supporto alle armi di fanteria. La batteria C del 434° Battaglione di Artiglieria Anti Aerea era di riserva, dislocata in Campo Tizzoro, pronta a percorrere una delle due strade per raggiungere i possibili guai.

Il 9 novembre la 111° Batteria del 39° Reggimento Antiaereo Leggero fu spostata nel settore di Bagni di Lucca dove sostituì il 47° Reggimento Antiaereo Leggero il quale fu quindi inviato nelle retrovie ai fini trasformazione in unità di fanteria. Lo stesso giorno il 71° Reggimento Antiaereo Pesante Britannico fu posto sotto il controllo operativo della Task Force 45 per fornire supporto all'artiglieria. Questa unità sostituì l'80° Reggimento Antiaereo Pesante che doveva essere trasformazione in unità di fanteria. Il 71° Reggimento Artiglieria Anti Aerea Pesante disponeva di 24 cannoni antiaerei calibro 94mm. Otto di essi erano situati in località Bagni di Lucca, 12 in località S. Marcello Pistoiese e 4 in località Porretta Terme.

Il bombardamento delle aree avanzate, in particolare nelle vicinanze del Monte Alcino, era intenso e le pattuglie nemiche si spinsero fuori dalle loro posizioni di montagna per vagare sul fronte. Il 7 novembre quattro aerei d'osservazione dell'artiglieria, parcheggiati sulla pista di Porretta Terme, furono resi inutilizzabili dal fuoco dell'artiglieria nemica perché la pista era sotto osservazione tedesca. Di conseguenza, gli aerei rimanenti furono evacuati a Pistoia e, a causa delle condizioni meteorologiche sulle montagne, nonché della limitata capacità di carburante degli aerei, c'erano pochi giorni in cui l'artiglieria disponeva dell’osservazione dall’alto. Fu effettuata un'estesa ricognizione per individuare un sito per una pista di atterraggio da qualche parte a nord delle montagne e fuori dall'osservazione nemica.

A causa del terreno accidentato, l'unico sito idoneo fu trovato in una valle appena a nord del Lago di Suviana. Tuttavia, ci vollero due settimane prima che quasi una compagnia di genieri lo completasse e fino ad allora la nostra artiglieria fu seriamente ostacolata dalla mancanza di osservazione aerea. Per coincidenza il reparto aereo nemico che si supponeva estinto, uscì dalla sua tomba il 10 e il 12 novembre. Il 10 aerei nemici attaccarono e sganciarono bombe incendiarie nelle vicinanze di Riola e di nuovo il 12 mitragliarono l'area del 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria, infliggendo due perdite mortali.

Generatori di fumoPer la prima volta i generatori di fumo furono utilizzati nella Valle del Reno quando un plotone della 179a Compagnia Generazione Fumo Chimico prese posizione nella zona brasiliana.
A partire dal 9 novembre fu mantenuta una foschia continua sui ponti in prossimità di Porretta, Marano, Silla e Riola. Contrariamente alla consuetudine del nemico, nei primi giorni di copertura dell’area dalla cortina di fumo non aumentarono i bombardamenti che invece si attenuarono sensibilmente durante il resto del mese.
Il fuoco dell’artiglieria nemica fu indirizzato sui siti dove erano dislocati i ponti e fu estremamente leggero rispetto ai periodi in cui la cortina di fumo non era stata utilizzata. Due generatori meccanici M-1 furono utilizzati in ogni postazione e furono integrati da fumaioli per colmare le lacune di copertura causate dalle condizioni atmosferiche o dall'impossibilità di posizionare un generatore. La cattura di prigionieri non era limitata alla sola fanteria, poiché i membri di questo plotone catturarono tre prigionieri all'inizio di novembre. Inoltre, durante il mese, il fuoco dell'artiglieria nemica causò quattro vittime nel plotone del generatore di fumo, di cui una fatale.
Nell'area della Task Force 45, i rifornimenti alle postazioni avanzate furono notevolmente ostacolati da strade e sentieri inadeguati. Per questo motivo, alla ricostruzione dei ponti interrotti e delle strade distrutte dal nemico fu data una priorità assoluta. Circa 300-400 abitanti locali furono reclutati dai genieri della Task Force e messi al lavoro per riempire i grandi buchi da esplosioni che erano stati creati nei punti critici, sulle strade laterali di montagna. Il lavoro di ricostruzione richiese un'attenta opera di muratura, che prevedeva la costruzione di muri in pietra spesso alti 6 o 9 metri, per ristabilire il livello della strada sulle gole. Ottimi ponti in legno con contrafforti in pietra accuratamente posati furono costruiti dagli operai italiani in un tempo sorprendentemente breve.
Sulla Strada 6629 dove era urgentemente necessario un attraversamento del fiume nei pressi di Pracchia per consentire il movimento dei blindati, la Task Force dei genieri stabilì un attraversamento utilizzando il ponte ferroviario. Questa deviazione richiedeva lo smantellamento di 3 chilometri di binari e attraversava due lunghi tunnel ma forniva un'eccellente strada, buona per tutte le stagioni, per il traffico pesante.
In quel periodo venne stabilito un contatto più stretto delle bande organizzate dei partigiani con il fianco destro della Task Force. Il Generale Rutledge si recò a Lizzano Belvedere per colloquiare con il comandante partigiano, l’autoproclamato Generale Armando, capo di circa 400-500 partigiani. Il maggiore Steve O. Rossetti e il suo distaccamento dell’OSS, collegato al Corpo, furono estremamente utili nell'organizzare in gruppi efficaci queste bande sparse. Questi gruppi erano spesso usati per presidiare i settori tranquilli della linea e consentire alle nostre truppe di riposare. Le informazioni ottenute tramite i volontari furono estremamente utili, poiché potevano spostarsi molto più avanti delle nostre truppe, spesso dietro le linee nemiche, e generalmente erano in grado di fornire al G-2 un quadro preciso delle disposizioni e delle attività del nemico.

Il rafforzamento del settore destro della Task Force 45 divenne una possibilità l'11 novembre quando il Quartier Generale del 2° Gruppo Corazzato con il 435° Battaglione di Artiglieria Antiaerea furono distaccati dalla Task Force 92 e assegnati alla Task Force 45. A questo gruppo di veterani fu assegnata la missione di sviluppare il settore destro. Come truppe, erano disponibili il 435° Battaglione di Artiglieria Antiaerea ed un contingente di partigiani il cui numero variava tra 200 e 400 uomini. Vennero presidiati Vidiciatico, Lizzano, Castelluccio [di Porretta] e Pianaccio. Furono stabiliti molti caposaldi, alcuni presidiati da americani, altri da americani e partigiani insieme, altri da soli partigiani. In questo settore anche la riparazione delle strade richiese la priorità e con l'aiuto del G-5 del IV Corpo, Colonnello Walker (Ufficiale AMG), gli italiani furono nuovamente reclutati per riparare strade e ponti. I sentieri, una volta percorribili solo per i muli, divennero percorribili per le jeep e le strade un tempo utilizzate solo per le jeep furono ampliate per permettere il transito di camion e carri armati.

Sul fianco destro del IV Corpo, la 6a Divisione Corazzata Sudafricana non fu influenzata dai cambiamenti di dislocazione delle altre unità. Furono inviate molte pattuglie da combattimento che, in quasi tutti i casi, entrarono in contatto con il nemico. Fu mantenuto il contatto con il II Corpo e furono effettuati cambi di unità lungo le sue posizioni in prima linea. Il Generale Crittenberger aveva ora in linea una Divisione Corazzata, una Divisione di Fanteria e una Task Force delle dimensioni di una Brigata. Per la prima volta dal rientro in combattimento ai primi di giugno, il IV Corpo occupava una zona, il cui confine sinistro non correva lungo la costa.

L’OPERAZIONE MONTE BELVEDERE-CASTELLO IN NOVEMBRE

Il grosso delle truppe fu ritirato dallo stretto fronte del II Corpo per il riposo, il riequipaggiamento e l'addestramento in preparazione all'offensiva dell'Armata su larga scala, prevista per dicembre. Furono istituiti centri di riposo, il più grande dei quali a Montecatini, per il relax i soldati stanchi della battaglia. Mentre le forze della V Armata, a est del IV Corpo, iniziavano quel periodo di riabilitazione, le truppe del Generale Crittenberger dovettero affrontare operazioni più ardue di prima linea. La più importante di queste riguardava la conquista di obiettivi locali al fine di migliorare le posizioni in vista di un'eventuale offensiva.
Il Monte Belvedere e il Monte Castello erano gli obiettivi da tenere in primaria considerazione per migliorare le posizioni della prima linea del Corpo poiché offrivano al nemico punti di osservazione sulla Statale 64 e sulle nostre posizioni. Da quando le truppe alleate avevano raggiunto per la prima volta Porretta Terme erano in corso i piani per conquistare e mantenere la dorsale Monte Belvedere-Monte Castello. Il Monte Belvedere, alto 1100 mt slm e il Monte Castello, leggermente a est, si trovavano a circa 24 chilometri a nord di Pistoia e ad ovest della Statale 64.
Da quel punto di osservazione, i tedeschi erano in grado di dirigere un preciso fuoco di artiglieria sulle nostre posizioni di prima linea e sulla strada principale.
Fu necessario conquistare quella cresta dominante per permettere alle nostre truppe di potersi spingere giù verso la Valle del Reno, con un certo grado di sicurezza e successo. Il compito di catturare la Cresta del Monte Belvedere-Monte Castello fu affidato alla Task Force 45.

Il 18 novembre il IV Corpo d'armata emanò le Istruzioni Operative n. 68 che assegnarono alla Task Force 45 la seguente missione: "Respingere il nemico dalla cresta del Monte Belvedere, catturare e mantenere l'area del Monte Castello-Monte della Torraccia-Monte Terminale".
Assegnò inoltre le seguenti truppe aggiuntive alla Task Force 45: 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria; 3° Battaglione del 6° Truppa di Fanteria e Ricognizione, 1° Divisione di Fanteria Brasiliana e 751° Battaglione Carri meno le Compagnie A e D. Per supportare l'operazione furono posti in appoggio diretto il 68° Battaglione di Artiglieria da Campo Corazzato e due Compagnie del 1106° Gruppo Genieri.
Fu fatto anche un cambio di confine che dette alla Task Force 45 circa altri 5 chilometri a est, includendo le pendici orientali della catena montuosa. Il 19 e 21 ottobre, il IV Corpo assegnò unità aggiuntive dal 894° Battaglione Caccia Carri e dal 13° Battaglione Carri per aggiungere slancio all'attacco. Il 2° Gruppo Corazzato doveva essere direttamente responsabile dell'attacco e comandava questo settore della zona della Task Force. L'artiglieria del Corpo doveva partecipare al supporto mettendo su un programma di fuoco di neutralizzazione prolungato seguito da missioni di fuoco su obiettivi selezionati.
Al 424° Gruppo di Artiglieria da Campo fu assegnata la missione di fungere da Quartier Generale di artiglieria della Task Force 45 ed entro il 23 novembre fu completato il necessario raggruppamento delle forze del 2° Gruppo Corazzato per l'attacco al Monte Belvedere.

Alle 06:00 del 24 novembre, tre battaglioni attaccanti partirono. Il tempo era nuvoloso e nebbioso, impedendo l'arrivo del previsto appoggio e limitando l'osservazione dell'artiglieria. Il 3° Battaglione del 6° Fanteria, appartenente alla Forza di Spedizione Brasiliane, a destra in zona Abetaia, si mosse in avanti per impadronirsi delle alture in prossimità del Monte Castello. Il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria, al centro e ad ovest di Gaggio Montano, avanzò avendo come obiettivi finali la conquista delle alture in prossimità del Monte Della Torraccia e del Monte Terminale e il 434° Battaglione Artiglieria Antiaerea, con base a Vidiciatico e Lizzano, colpì a nord per prendere Querciola, Corona e Monte Belvedere.
I brasiliani furono in grado di fare avanzate limitate a causa del terreno aperto e del pesante fuoco d’artiglieria e di mortaio nemica. Quasi all'inizio dell’attacco, il carro armato di comando del gruppo di supporto fu reso inservibile dalle mine. La resistenza si irrigidì a tal punto che a mezzogiorno il 3° Battaglione del 6° Reggimento Fanteria, appartenente alla Forza di Spedizione Brasiliana, fu costretto a ritirarsi sulla linea di partenza per riorganizzarsi.
Il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria, fece buoni progressi durante la mattina e avanzò a nord fino a Morandella. Tuttavia, nel pomeriggio, il nemico, in coerente obbedienza alla richiesta di Hitler di tenere il terreno, reagì con furia e lo costrinse a ripiegare in posizioni appena a sud e ad ovest del paese.
L'attacco del 435° Battaglione Antiaereo ebbe più successo. Querciola fu presa nel primo pomeriggio e Corona al calar del buio. Lungo tutto il percorso fu incontrata una forte resistenza, vi furono molte vittime a causa dei mortai, delle mitragliatrici tedesche e dal fuoco di armi leggere. Alla fine della giornata, di fronte a questa aspra resistenza, la Batteria B arrivò sul Monte Belvedere con le batterie D e C posizionate su entrambi i fianchi.
A mezzanotte le posizioni del fianco sinistro della Task Force 45 a Corona furono soggette ad un contrattacco tedesco. L'attacco fu della forza di una compagnia, accompagnato da grida e urla da far gelare il sangue e fu qualcosa di nuovo nella borsa dei trucchi del nemico. In seguito venimmo a conoscenza che quegli Unni, membri del 1° Battaglione, 1043° Reggimento di Fanteria, appartenente alla 232a Divisione di Fanteria, erano stati incitati a questo rumoroso entusiasmo dal famoso Capitano Straube, la cui ambizione ad essere promosso lo stimolò a sollecitare i suoi uomini da dietro con una pistola in una mano e una bomba a mano nell'altra. Il nome di questo ufficiale dalla mentalità nazista uscì molte volte dalle lingue dei prigionieri, insieme ad una maledizione o un giuramento di vendetta. Il suo nome fu anche un argomento di conversazione nei nostri canali di “intelligence” e per curiosità si cercava di sapere, con impazienza, se questo famigerato mantenitore della disciplina avesse ricevuto o meno la promozione desiderata. L'attacco [dei tedeschi] fu interrotto dal fuoco concentrato di armi leggere, carri armati di supporto e fuoco di artiglieria. Quattordici tedeschi furono fatti prigionieri, sei furono uccisi e dieci feriti. Il capitano Straube si ritirò con i superstiti e sembrò che le urla si fossero attenuate fino ad un piagnucolio.
Il giorno successivo, il 25 novembre, il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria ed il 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana, iniziarono l’attacco alle 08:00, in un secondo tentativo di conquistare le alture della cresta del Belvedere. I brasiliani incontrarono nuovamente un fuoco intenso ma nonostante questo riuscirono a registrare alcuni guadagni. Nel pomeriggio, avanzando su per le pendici verso il piccolo villaggio di Laza, il 3° Plotone della Compagnia A appartenente al 849° Battaglione Caccia Carri, riuscì quasi a guadagnare la cresta del Monte di Bombiana. Tuttavia, all'imbrunire dello stesso giorno, un intenso fuoco di mortaio, che causò vittime, costrinse tutte le compagnie, tranne una, a ritirarsi dalle loro posizioni avanzate, verso il crinale a sud della Guanella. Anche il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria, registrò alcuni lievi guadagni al centro, nella mattinata, ma nel tardo pomeriggio i colpi di mortaio e artiglieria pesante del nemico fermarono la sua avanzata e fu costretto a rimanere in posizione nei pressi di Morandella.
Nel frattempo sulla sinistra il 435° Battaglione di Artiglieria Anti Aerea mantenne le posizioni appena conquistate ad eccezione della Batteria C, che si spostò ad est per prepararsi a continuare l'attacco la mattina del 26. Nonostante il brutto tempo nebbioso della giornata, l'artiglieria di supporto sparò oltre 2.000 colpi sulle forze tedesche che difendevano il Monte Belvedere.
Il 26 novembre si aprì con colpi di mortaio e artiglieria nemici estremamente concentrati sugli elementi che avanzavano che ostinatamente si aggrappavano alle loro posizioni alle pendici meridionali del Monte Belvedere. Questo martellamento continuò a un ritmo accelerato per tutta la giornata. Il 2° Gruppo Corazzato, di fronte a questo pesante fuoco, si raggruppò e si riorganizzò per la continuazione dell'attacco. Nel primo pomeriggio la 9a Compagnia appartenente al 6° Reggimento di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana, che era rimasta nella posizione appena conquistata il giorno precedente, fu costretta a ripiegare nella sua posizione originale. L'intensità del fuoco di mortaio e artiglieria sulle posizioni al centro, costrinse anche il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria ad arretrare di poche centinaia di metri dove si trincerò senza effettuare ulteriori tentativi di avanzata. Alle 10:30 la batteria C del 435° Battaglione di Artiglieria Anti-Aerea attaccò nella sua zona, ma incontrò un'intensa opposizione e non fece progressi.
La sera del 26 novembre, le Istruzioni Operative del IV Corpo n. 70, modificarono il confine tra la 1a Divisione di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana e la Task Force, spostandolo a ovest in modo da dare alla divisione brasiliana la responsabilità di impadronirsi di Monte Castello. Lo stesso ordine trasferì il 3° Battaglione del 6° Fanteria appartenente alla Forza di Spedizione Brasiliana, più un plotone di carri armati e un plotone di caccia carri dalla Task Force 45. L'area delle operazioni del 2° Gruppo corazzato ora copriva solo le zone della 435° Battaglione di Artiglieria Antiaerea e del 2° Battaglione del 370° Fanteria.
Dal pomeriggio del 26 alla mattina del 27, il nemico riversò una concentrazione di oltre 500 colpi di mortaio sulla città di Corona appena conquistata. I partigiani segnalarono la concentrazione di nemici nel vicino villaggio di Rocca Corneta. La nostra artiglieria venne alla ribalta e concentrò un TOT (Time on Target – Fuoco di artiglieria coordinato tra vari calibri in modo che le granate arrivino contemporaneamente sullo stesso bersaglio) sul villaggio che sembrò schiacciare tutte le attività nemiche.
Per sostituire la perdita di carri armati e caccia carri a disposizione dei brasiliani, il IV Corpo fornì alla Task Force un plotone aggiuntivo di carri medi e un plotone di carri armati leggeri. Il nemico era determinato a non permettere che il Monte Belvedere rimanesse in mano Alleata e la sera del 28 novembre lanciò un contrattacco con la forza di un battaglione contro il Battaglione Anti-Aereo. Nella prima parte della giornata venne preceduto da un leggero bombardamento di Corona e del Monte Belvedere poi, alle 16:40 fu indirizzata su Corona una concentrazione di 200 colpi.

Ciò fece crollare un punto fortificato avanzato e spazzò via una trentina dei nostri uomini. Il nemico quindi attaccò con la forza di due compagnie attraverso il crinale di Valpiana, contro Corona. Nello stesso momento due compagnie lanciarono un attacco contro le posizioni della Batteria B sul Monte Belvedere. L’unità combatté il nemico fino a quando la mancanza di munizioni la costrinse a una lenta ritirata a Querciola. A Corona, gli uomini della batteria D continuarono a combattere fino alle 23:00 quando pesanti perdite, consistenti in settanta tra morti e dispersi e la distruzione di tre dei loro carri armati di supporto, li costrinse a ritirarsi a Vidiciatico. Nell'attacco a Corona, il nemico mostrò una notevole abilità nell’infiltrare fanti armati di bazooka (Faust-Patrone) a una distanza ravvicinata dai nostri carri armati da dove potevano infliggere danni.

La batteria C resistette ostinatamente fino all’01:30 del mattino successivo e continuò a ingaggiare gli aggressivi tedeschi fino a quando il pericolo di un aggiramento nemico fece sì che questa valorosa Batteria dovette ritirarsi a Querciola. Durante questa azione non si verificò alcun cambiamento nelle posizioni del 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria. Da segnalare il fatto che durante l'intera operazione del Belvedere i Partigiani combatterono fianco a fianco con le nostre truppe, dimostrando pari coraggio e determinazione nello svolgimento della loro missione. L'attacco del 435° Battaglione Antiaereo, pur finendo con una ritirata, instillò un forte rispetto e ammirazione per questi volontari italiani.

Il 29 e il 30, il 2° Gruppo Corazzato migliorò le sue posizioni al meglio delle sue possibilità, sotto un pesante fuoco dell’artiglieria e colpi di mortaio nemici. Il 435° Battaglione di Artiglieria Antiaerea consolidò e rafforzò le sue posizioni a Querciola e Vidiciatico. Tra le pattuglie di combattimento e ricognizione inviate per avere informazioni sulle intenzioni del nemico, una pattuglia della Compagnia G del 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria, ingaggiò uno scontro a fuoco con i tedeschi nel comune di C. Lamma e quando la pattuglia si ritirò, la nostra artiglieria colpì le posizioni nemiche.

Durante l'operazione del Belvedere i settori centrale e sinistro della Task Force 45 non rimasero inattivi. Poiché la missione del 107° Gruppo di Artiglieria Antiaerea era di mantenere le sue posizioni e il contatto con il nemico, l’attenzione fu posta sull'attività di pattuglia. Il 20 novembre venne segnalata un'attività nemica su Cappel d'Orlando, a nord ovest di Sestaione, dove venne ingaggiato e cacciato un gruppo nemico. Il giorno dopo i tedeschi tornarono a sparare alle nostre postazioni di Sestaione ma una rapida risposta dei nostri mortai li zittì. Tra il 24 e il 29 novembre, le pattuglie si spinsero molto più avanti e entrarono in contatto con il nemico a Ontoni, Pian Di Novello e altre posizioni nelle vicinanze. Il 30 novembre una piccola pattuglia tedesca sulla strada verso Cutigliano venne intercettata e si ritirò con una vittima.

L'artiglieria contraerea britannica di supporto sparò in media 500 colpi al giorno nei settori sinistro e centrale a cui il nemico rispose sporadicamente. Settanta colpi di artiglieria leggera nemica si abbatterono nel comune di Cutigliano, verso mezzogiorno del 23 novembre, senza fare vittime. L'ultimo giorno del mese la Truppa B della 209a Batteria del 724° Artiglieria Antiaerea pesante, con i suoi quattro cannoni antiaerei da 94mm, fu portata di corsa nel settore destro per integrare il fuoco del 68° Battaglione Corazzato di Artiglieria da Campo nella zona di Monte Belvedere.

Il 1° dicembre ebbe luogo un importante cambio di comando. Fu rilevato il Generale di Brigata Paul W. Rutledge, che aveva organizzato la Task Force 45 a partire dai battaglioni di artiglieria antiaerea fino a farli diventare una effettiva unità di fanteria, per tornare negli Stati Uniti ad assumere un nuovo comando. Al comando della Task Force 45 gli succedette il suo ufficiale esecutivo: il Colonnello Gerald G. Gibbs.

L’attacco della Forza di Spedizione Brasiliana al Monte Castello
Quando il confine tra Task Force 45 e la Forza di Spedizione Brasiliana venne spostato verso ovest, al fine di includere il Monte Castello nella zona brasiliana, il Generale Mascarenhas raggruppò immediatamente le sue forze in preparazione del suo attacco. L’attività del 27 Novembre fu limitata al movimento delle unità in linea.
Il 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria rimase nelle sue posizioni in attesa dell'ordine di attacco. Il 2° Battaglione iniziò lo spostamento nell'area di Gaggio-Montano, mentre il 3° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria, ancora inesperto in combattimento, si avvicinò in prossimità di Silla. Per tutto il giorno le pattuglie ricevettero colpi di mitragliatrice da postazioni nemiche a [Santa Maria] Villiana e su La Serra caddero alcuni colpi di mortaio di disturbo. Il giorno successivo, 28 novembre, un quarto d'ora dopo che il nemico aveva lanciato un contrattacco alle posizioni sul Monte Belvedere, si sviluppò un altro suo forte attacco contro il 2° e il 3° Battaglione del 1° Regimento di Fanteria. Il nemico raggiunse le posizioni avanzate dei due battaglioni ma fu costretto a ritirarsi. Allo stesso tempo una pattuglia nemica di sedici uomini tentò di penetrare nelle nostre linee, lungo il confine brasiliano-sudafricano. Venne spinta attraverso il fiume nella zona dei Sud Africani, dove venne successivamente affrontata e dispersa. Per il resto della giornata l'attività nemica consistette in un aereo che mitragliò la zona brasiliana e nel bombardamento delle nostre linee del fronte con colpi di artiglieria e mortaio. Alle ore 08:00 del 29 novembre, dopo trenta minuti di preparazione dell'artiglieria, la divisione di fanteria brasiliana attaccò Monte Castello con tre battaglioni affiancati. Inizialmente l'attacco incontrò solamente un leggero fuoco di mortaio e gli elementi avanzati raggiunsero l'Abetaia alle 10:45. Tuttavia, nella tarda mattinata, la resistenza nemica si irrigidì e le truppe che stavano avanzando furono sottoposte a forti concentrazioni di fuoco di mortaio.
feb Monte CastelloNel tardo pomeriggio le unità avevano raggiunto metà strada dalla cresta dove incontrarono un forte fuoco da postazioni di cemento posizionate in modo permanente. Le gravi perdite subite costrinsero il 1° Battaglione e la 9a Compagnia del 3° Battaglione a ritirarsi verso le pendici inferiori di Monte Castello. Non furono fatti ulteriori tentativi di attacco e per tutto il 30 novembre i brasiliani riferirono di poche attività oltre a quelle di pattugliamento. Alle 18:25, tuttavia, si sviluppò un altro attacco nemico contro le posizioni del 1° Battaglione del 1° Reggimento di Fanteria. Usando la loro artiglieria per sostenere l'attacco, i tedeschi furono in grado di raggiungere le posizioni avanzate del battaglione brasiliano dove furono nuovamente respinti dal fuoco delle armi leggere.
I brasiliani subirono i primi rovesci, ma come tutte le unità che per la prima volta entrano in combattimento, impararono molte lezioni e acquisirono una preziosa esperienza. La strada per la vittoria finale fu spinosa e dolorosa ma i brasiliani che combatterono a Monte Castello, iniziarono la strada che alla fine avrebbe portato al successo. Il clima di novembre, con nebbia pungente e piogge fredde, era un ulteriore nemico che i brasiliani dovettero sopportare. Fu un contrasto dolorosamente netto con le brezze calde del clima più caldo del Sud America. Il tempo si occupò di questo problema poiché l'immunità al freddo veniva acquisita gradualmente insieme alle esperienze di combattimento. Dopo questi tentativi determinati ma ripetutamente infruttuosi di scacciare il nemico dalle sue posizioni di osservazione dominanti, fu rinviato ogni ulteriore sforzo offensivo contro le alture del Monte Belvedere e di Monte Castello e il fronte del Corpo rimase tranquillo per diversi giorni, interrotto solo da scontri di pattuglia mentre la battaglia dei nervi continuava.

La 6° Divisione Corazzata Sud Africana sulla destra
Carri dalla 6SADurante gli attacchi al Monte Belvedere e Monte Castello da parte della Task Force 45 e dei brasiliani, i sudafricani mantennero le loro posizioni sul fianco destro del Corpo. I contatti con i tedeschi furono mantenuti grazie all'uso continuo di pattuglie da combattimento, sia di giorno che di notte. Il Generale Poole effettuò il più spesso possibile l’avvicendamento delle unità all'interno della sua divisione in modo che le truppe fossero adeguatamente riposate ed equipaggiate per ogni evenienza. Furono causate alcune vittime da mine, fuoco di artiglieria e scontri di pattuglie ma nel complesso il settore rimase tranquillo. Poi a novembre arrivò il primo inverno e l'attacco al Monte Sole venne momentaneamente abbandonato mentre furono prese misure per consolidare e mantenere il terreno già conquistato. Tra il 21 e il 30 novembre il costante sondaggio delle posizioni del nemico da parte delle pattuglie mantenne i tedeschi nervosi.

Il 24, avventurandosi verso Casigno, una pattuglia della 12ª Brigata Motorizzata incontrò un gruppo di nemici, ben insediato dietro le spesse mura di un cimitero. L'area era circondata da trappole esplosive e mine che impedivano ai sudafricani di avvicinarsi. Venne richiesto il supporto dell'artiglieria dalle retrovie e in breve tempo i proiettili si abbatterono neutralizzando l’area e disperdendo il nemico. Lo stesso giorno, un avamposto nei pressi di Fonte venne attaccato da una pattuglia nemica che fu respinta senza perdite per i sudafricani. Altre pattuglie ingaggiarono il nemico a Vergato, C. Creda, Casigno, Caprara e Carbona. Il 29 novembre una pattuglia dell'11a Brigata, in movimento su Forte, frazione appena a sud di Vergato, cadde in un'imboscata e tre soldati sudafricani rimasero feriti nell'azione. Una pattuglia della 12a Brigata si ritrovò sotto il fuoco di una mitragliatrice proveniente dal cortile di una chiesa, a Corviano.

Durante gli ultimi dieci giorni del mese il fuoco di disturbo dell'artiglieria nemica fu presente lungo tutto il fronte della divisione, con un'attenzione particolare ai punti chiave entro la propria gittata come ponti, gole e incroci.

L’attività nemica in novembre
Ci fu una certa consolazione nel fatto che gli stessi freddi venti pungenti di novembre furono gravosi anche per il nemico. Molti prigionieri di guerra e disertori mal vestiti arrivarono trascinando i piedi fino ai recinti dei prigionieri di guerra. Raccontavano storie dolorose di veglie notturne sulle montagne innevate che producevano nelle loro unità un crescente tasso di vittime da piede di trincea, lacrime, dita gelate, raffreddore e polmonite.
Le nostre forze erano vestite in modo più caldo e furono in grado di resistere meglio al rigore invernale. Le linee di rifornimento tedesche erano lunghe e il collo di bottiglia al Brennero, nelle Alpi, fu un obiettivo costante per i nostri bombardieri. I rifornimenti che riuscirono a far passare furono inadeguati per rifornire le forze tedesche.

Proprio come fecero le nostre truppe, i tedeschi scavarono grotte e rifugi sotterranei lungo le pendici inverse delle montagne. I ripari furono costruiti in modo elaborato e di tutte le dimensioni, alcuni anche abbastanza grandi da ospitare un plotone. Verso la primavera, quando furono finalmente oltrepassati dalle nostre forze, trovammo questi rifugi sotterranei sorprendentemente confortevoli, riscaldati da stufe a legna, con calendari, immagini e pin-up sui muri. Parte degli arredi di questi rifugi veniva rubata dalle vicine case italiane. A volte gli italiani furono costretti a lasciare le loro case per fare spazio alle truppe, altre volte le truppe si trasferirono con le famiglie, già numerose.

Gli ufficiali dei servizi segreti tedeschi erano gravemente handicappati nel garantire informazioni sulle nostre intenzioni e disposizione sul terreno a causa della grave mancanza di ricognizione aerea. In Italia erano rimasti solo pochi aerei tedeschi poiché la maggior parte di essi era stata decimata da tempo dalla superiorità dei nostri caccia e bombardieri. La capacità industriale della Germania di produrre aerei e pezzi di ricambio veniva seriamente ostacolata dai nostri bombardieri a lungo raggio.

Le poche fabbriche tedesche che erano ancora in grado di mantenere alcuni tipi di produzione non furono in grado di ripristinare le pesanti perdite. I pochi aerei rimasti in Italia furono mandati al Teatro Europeo nel disperato tentativo tenere lontani gli eserciti Alleati che già circondavano il bacino della Saar. In considerazione di questo fatto e per soddisfare le sue richieste di intelligence, il nemico fu costretto a utilizzare un gran numero di agenti addestrati.
Durante questo periodo vi fu un netto aumento del numero di agenti dei servizi segreti tedeschi. I distaccamenti del Controspionaggio del Corpo arrestarono mediamente più di un agente nemico al giorno. Questa offensiva dello spionaggio tedesco fu scoperta quando i primi agenti nemici iniziarono a passare attraverso la linea del fronte, vennero arrestati, interrogati e venne immediatamente istituito un controllo più stretto del movimento civile in tutta la zona del Corpo. Tutte le truppe furono allertate e la polizia militare, sotto la supervisione del Controspionaggio del Corpo, venne collocata su tutte le strade, i sentieri e le altre vie di accesso che avrebbero potuto essere utilizzate dagli agenti nemici.
Oltre alle spie e ai provocatori arrestati nei posti di blocco, vennero catturati un certo numero di sabotatori pagati, la maggior parte dei quali erano italiani, nelle retrovie del Corpo e nell'area avanzata dell'esercito. Tutti i civili che venivano visti tentare di attraversare la linea del fronte in entrambe le direzioni furono arrestati. Il Distaccamento del Governo Militare Alleato del IV Corpo, in collaborazione con il Provost Marshal e il Distaccamento di Controspionaggio, stabilì una serie di blocchi stradali o punti di controllo. Questi erano presidiati dalla Polizia di Stato italiana in camice blu, i Carabinieri, e avevano lo scopo di controllare la circolazione dei civili all'interno delle aree soggette a restrizioni.
Un funzionario della Polizia per gli Affari Civili sorvegliava costantemente i punti di controllo, non solo per verificare che le istruzioni fossero correttamente eseguite ma anche per testarne l'efficienza. Il fatto che la maggior parte degli agenti nemici che si infiltrarono nell'area del Corpo fossero stati successivamente arrestati in quei blocchi stradali fu una prova della loro utilità.
Subito dopo l'invasione alleata di Salerno, il nemico iniziò ad addestrare spie e sabotatori nelle scuole tedesche del nord Italia. L'attività di questo tipo aumentò costantemente e nel mese di novembre del 1944 questa offensiva di spionaggio su vasta scala era in pieno svolgimento. Quasi tutti gli agenti erano italiani le cui missioni variavano dall'ottenere informazioni tattiche nelle immediate retrovie, al riportare informazioni politiche ed economiche da molto indietro il fronte. La maggior parte di questi tentò di entrare nel nostro territorio sotto le spoglie di rifugiati civili. In un breve periodo, a novembre, dieci di questi agenti, tra cui una bionda di notevole bellezza, vennero catturati mentre cercavano di entrare nella nostra linea del fronte, lungo la Statale 65.
In seguito si venne a sapere che quasi una ventina di loro vennero giustiziati dopo i processi dinanzi ai tribunali dei Governi Militari Alleati. Altri, contro i quali non vi furono prove sufficienti per giustificarne la morte, vennero condannati a lunghe pene detentive. Da parte della Polizia Militare o dai Carabinieri furono effettuati 150 posti di blocco per controllare il movimento dei cittadini. Il numero totale dei Carabinieri impiegati in questo lavoro variò dai 101 ai 253.

Durante quel periodo si vociferava che un'unità alpina tedesca si stesse spostando dal confine franco-italiano. Le dichiarazioni e informazioni disponibili fecero sembrare improbabile che questa unità fosse più grande di un reggimento.
La 5a Divisione da montagna era stata spostata sul confine occidentale italiano ma era evidente che stava solo rilevando la 157a Divisione da montagna per il servizio di confine. Questa deduzione portò a considerare che solo il 3° e il 4° Battaglione da montagna Hochgebirge potevano essere gli unici possibili candidati.
Il 25 novembre, tre prigionieri di quest'ultima unità furono presi nella zona di Cutigliano e questo confermò l'arrivo dei portatori di "Edelweiss" nella zona. Queste truppe di montagna ben addestrate presidiarono il settore con agilità e furono in grado di contribuire con una compagnia al contrattacco al Monte Belvedere. Il 4° Battaglione si dimostrò una piccola unità efficace che si prendeva cura fedelmente del suo settore, di fronte al IV Corpo. Durante il mese furono presi oltre 426 prigionieri di guerra tedeschi, metà dei quali disertori.

Attività di supporto in novembre
Genieri americaniPer le esperte squadre di demolizione tedesche fu un compito semplice bloccare una strada con tonnellate di roccia e terra, facendo saltare in aria una sezione di montagna.
Per espletare i compiti di sgombero e manutenzione stradale i genieri del corpo erano grandi utilizzatori di forza lavoro. Nel mese di novembre rimasero fedeli alla vecchia teoria del "water off and rock on” (drena l’acqua e metti pietrisco). Mantenere aperti i fossati richiedeva un gran numero di camion. Il IV Corpo non aveva nessuno dei due di scorta [forza lavoro e camion].
Non esisteva alcuna strada laterale tra la Statale 64 e la 6620 se non un percorso per le jeep da Taviano attraverso Suviana, Bargi, Baigno e Castiglione. A nord di Porretta Terme la Statale 64 era sotto osservazione nemica, il che in genere limitava l'utilizzo di questo tratto di strada al traffico notturno. Le uniche rotte aperte alla Task Force 45 erano la Statale 12 a est di Bagni di Lucca (solo per le jeep) e la Statale 66, a nord di Pistoia, che aveva molti tratti a senso unico e deviazioni. Il traffico all'incrocio tra la Statale 12 e la 66 era limitato alle jeep.
Il 235° Battaglione Genieri da montagna, rinforzato con circa 300 operai civili e il 23° Battaglione italiano artieri, venne incaricato di aprire e manutenere la strada laterale di classe 30 dalla Statale 64 alla 6620, la strada a nord e sud da Suviana a Riola e un incrocio con la strada laterale da Porretta Terme a Castel di Casio. Anche la tratta Castiglione-Camugnano-Ponte di Verzuno, doveva essere mantenuta aperta al traffico di Classe 30. Il lavoro assegnato era più che sufficiente per mantenere costantemente al lavoro il battaglione e i suoi rinforzi.
Generale brasiliano Osvaldo de Farias su aereo di osservazione Un altro compito che venne affrontato dai genieri fu nel campo del camuffamento e dell'inganno. Gli ufficiali di artiglieria credettero che la piccola pista aerea di Porretta, che era stata bombardata con successo dal nemico a causa della sua posizione di osservazione dominante, sarebbe stata un luogo eccellente per tentare qualche inganno. Si pensò che posizionando un aereo fittizio sul campo il nemico avrebbe continuato a bombardare la pista aerea e quindi poter consentire alla nostra osservazione di localizzare le batterie di artiglieria nemiche. La pista aerea di Porretta era stata costruita in un vecchio bacino fluviale. Furono costruiti bunker di terra per la protezione degli aerei ma nonostante tutto i proiettili nemici avevano danneggiato quattro veri aerei. I genieri costruirono falsi aerei a grandezza naturale, completi nei dettagli, in modo che da lontano la somiglianza fosse reale. I materiali utilizzati per la costruzione furono un telaio di legno, ricoperto di rete metallica e, a sua volta, di tela. Le ali vennero costruite separatamente e in due sezioni per facilitarne il movimento verso il sito di montaggio.
Gli aerei fittizi vennero dipinti di colore verde oliva e vi furono aggiunti i contrassegni di identificazione mentre i lunotti vennero realizzati in alluminio, per aumentare la riflettività. Dopo il completamento di due aerei, essi furono trasportati di notte alla pista aerea e sistemati nei bunker. Per simulare l'attività naturale sul campo, gli S-2 dell'artiglieria del Corpo avevano predisposto piani di osservazione che prevedevano diversi passaggi sul campo. Oltre a questo, sebbene non programmato, due aerei furono costretti a scendere per le riparazioni, ma, una volta completate, non persero tempo a decollare dall'area bersaglio. L'84° Plotone Genieri camuffamento svolse un lavoro realistico e il personale di artiglieria attese con ansia la voce delle batterie nemiche per individuarle.
Fu comunque una delusione in quanto arrivarono solo pochi colpi di artiglieria nelle vicinanze della pista aerea e questi avrebbero anche potuto essere un errore di calcolo in relazione agli obiettivi sulla Statale 64, sul crinale del Silla o su Porretta. Si pensò che agenti avessero informato il nemico del fatto che degli aerei fittizi erano stati piazzati come esche sul campo di atterraggio.

Da un punto di vista tattico la nostra posizione, rispetto all’osservazione terrestre rimaste invariata. Il nemico mantenne il comando del terreno, mentre la nostra osservazione fu limitata, nella maggior parte dei casi, a un'area ristretta di fronte alle posizioni di difesa avanzate. L'artiglieria tedesca, con l'eccellente osservazione offerta dalle masse collinari come il Monte Belvedere, il Monte Castello e il Monte Sole, fu in ogni momento in grado di dirigere il fuoco sui nostri elementi avanzati e di molestare le nostre linee di comunicazione. I nostri posti di osservazione vennero costantemente spinti in avanti nel tentativo di assicurarsi vantaggi sul terreno; tuttavia, molti dovettero essere posizionati su creste secondarie, troppo arretrati per essere veramente efficaci. Per molti giorni, pioggia, foschia o nebbia ridussero notevolmente la registrazione del fuoco dell'artiglieria e l’osservazione per le missioni di fuoco. Allo stesso modo le nostre cortine fumogene, mantenute nell'area dei ponti e nelle aree vitali, occasionalmente interferirono con l'osservazione. Tuttavia, la vantaggiosa ubicazione dei posti di osservazione nemici, precedentemente citati, rendeva necessarie tali misure e, in generale, il fumo era ben coordinato con l'osservazione a terra. Quando quest'ultima diventava assolutamente essenziale, i generatori di fumo interessati vennero fermati.
Estrema cura venne posta nel selezionare solo i bersagli di artiglieria più redditizi perché il fuoco di disturbo era subordinato alla scarsità di munizioni. Quando furono necessarie molte missioni di fuoco durante il giorno, quelle di disturbo notturno e di controbatteria dovettero essere ridimensionate di conseguenza. Tutte le missioni di fuoco senza osservatori si basavano su informazioni raccolte dai rapporti dell'intelligence e tutte quelle di disturbo vennero svolte nell'ambito di un programma attentamente coordinato. Durante il mese, due cannoni tedeschi da 88 mm furono gestiti dall'artiglieria del IV Corpo ma mai più di uno alla volta fu in azione. Gestiti da una squadra del 894° Battaglione Caccia Carri, furono registrati da un posto di osservazione a terra e si rivelarono abbastanza precisi.
Era disponibile una grande quantità di munizioni che vennero utilizzate regolarmente in missioni di disturbo e controbatteria. A volte un cannone sparò fino a 400 colpi in di 24 ore. Una volta tanto fu confortante per le truppe in zona sapere che il suono familiare di un 88 tedesco in arrivo si stava udendo sul lato nemico della linea. Per quanto riguarda l'artiglieria nemica, ci fu poco movimento nelle posizioni di cannoni note mentre continuavano ad apparire nuove posizioni. Alla fine del periodo il numero di cannoni localizzati di fronte ai brasiliani era quasi raddoppiato e il numero di fronte ai sud-africani era più che raddoppiato.

La scoperta di nuove posizioni nemiche, tuttavia, non avvenne dai rapporti sui bombardamenti d’artiglieria subiti ma da altre fonti di informazione. Nel giorno più attivo, il 7 novembre, arrivarono solo 1.000 colpi. Ci fu, tuttavia, un aumento del 25% dei bombardamenti d’artiglieria durante la seconda metà del periodo. Una media di 370 colpi al giorno cadde durante la prima metà e 460 colpi al giorno durante la seconda metà del mese. L'artiglieria nemica fu generalmente più attiva durante le ore di oscurità di novembre rispetto a ottobre. I principali bersagli bombardati dal nemico furono gli elementi avanzati, le strade e i ponti. Sebbene molte delle nostre batterie vennero colpite da fuoco ostile non sembrò esserci alcun tentativo organizzato di fuoco di controbatteria.

Piccioni visggiatoriUn fatto interessante nelle operazioni di segnalazione durante quel periodo fu l'uso dei piccioni come mezzo di comunicazione alternativo. Due gabbie di piccioni furono situate presso il posto di comando della Task Force 45 e una gabbia a Porretta. La Task Force 45 utilizzò i piccioni per consegnare circa 100 messaggi durante il mese. Per la prima volta durante il combattimento, i simbolici uccelli della pace furono efficacemente usati dal IV Corpo d'Armata nel prosieguo dello sforzo bellico.

Questo capitolo deve terminare con una nota cupa per mostrare che oltre alle sofferenze causate dai venti freddi e dal maltempo di novembre, alcune delle nostre truppe sono morte anche sui pendii scoscesi degli Appennini, in questo sforzo Alleato per annientare il potere nazista in declino che aveva insanguinato tutta l'Europa. Sebbene l'offensiva principale fosse stata interrotta per l'inverno gli attacchi locali, per ottenere delle posizioni dominanti in collina nella zona del Corpo, causarono delle vittime. 72 soldati morirono nel novembre del 1944, alcuni sul monte Belvedere, altri sul monte Castello e alcuni in altre zone. Solo i brasiliani persero 48 uomini, la maggior parte dei quali caddero sul Monte Castello, sotto il feroce fuoco dei difensori tedeschi. 448 malati, feriti e contusi dimostrarono l'effetto significativo della durezza di un inverno appenninico italiano, così come la reale efficacia dell’artiglieria nemica.

Il problema critico dei rimpiazzi costrinse la maggior parte delle unità a combattere con personale sottodimensionato. A causa della varietà di truppe che includevano soldati statunitensi di colore, brasiliani e personale antiaereo impiegato in un ruolo di fanteria, risolvere il problema fu più difficile che mai. La situazione più critica era nel corpo di spedizione brasiliano, poiché, a quel momento, non era ancora arrivata nel teatro un grande riserva di personale sostitutivo e, inoltre, i pochi che erano arrivati stavano seguendo corsi di addestramento e orientamento alla battaglia e dovevano essere equipaggiati, il tutto sotto la supervisione del Corpo.

Nonostante l'asprezza della guerra invernale sull'alta catena montuosa e il rallentamento fino all'arresto dell'offensiva, che una volta procedeva speditamente, il morale si mantenne a un livello soddisfacente. All’inizio dell’inverno, il periodo di inattività venne utilizzato per il massimo riposo e rilassamento delle truppe. Mentre le piccole unità venivano ritirate dalla linea, i soldati stanchi della battaglia furono mandati nei centri di riposo dell’esercito per dimenticare, come meglio potevano, quei giorni e quelle notti di stanchezza e di costante martellamento da parte del nemico. Alcuni furono inviati a sud fino a Roma altri a Montecatini e alcuni in gruppi di ville lungo la costa.
I soldati dagli occhi annebbiati, molti dei quali se ne erano andati dalle loro postazioni con gli sguardi ossessionati di uomini sull'orlo del completo esaurimento, tornarono alle loro unità con un aspetto fresco e luminoso e con nuove prospettive di vita. Avevano visitato luoghi dove la regolarità dei pasti cucinati caldi e il lungo sonno profondo tra lenzuola bianche pulite era una faccenda quotidiana. Si ripulirono nella civiltà che avevano conosciuto sin dalla nascita e che la vita del soldato al fronte, simile a una talpa, aveva quasi oscurato dalle loro menti. Dopo tutto era la giusta dose di una medicina curativa, al momento giusto.

 DICEMBRE NEGLI APPENNINI

 L’11 novembre la prima nevicata della stagione aveva coperto le montagne più alte. Il 15 novembre 5 centimetri di neve, insieme alla pioggia, sommersero l'Appennino e a dicembre arrivò il vero inverno. L'uso delle catene sui veicoli, il lavoro costante degli spazzaneve e il duro lavoro senza fine di migliaia di soldati e civili mantennero aperte le strade.

Il mese di dicembre iniziò con il IV Corpo impegnato principalmente a svernare lungo una linea del fronte di 48 chilometri. Molto prima che si decidesse di posticipare fino a primavera le operazioni offensive su larga scala erano stati compiuti ampi passi per preparare l'Armata all'inverno sugli Appennini. Fin dal soffocante mese di luglio, fumanti navi da carico arrivarono al porto affollato e trafficato di Napoli per scaricare tonnellate di vestiti invernali, scarpe, sci, berretti foderati di pelliccia, ramponi per il ghiaccio, stufe e altri articoli invernali. Le lezioni apprese sulla Winter Line [Linea Invernale - La Linea Gustav che nel 1943/1944 correva tra la foce del Garigliano e Ortona, passando anche attraverso Cassino], dove il freddo pungente e le scorte invernali inadeguate crearono difficoltà insopportabili, non furono dimenticate.
La campagna invernale del 1943-1944 fu combattuta dalle truppe alleate in un misto di freddo, pioggia e neve; le battaglie dell’inverno 1944-1945 si svolsero più o meno sullo stesso tipo di terreno e con un clima più freddo. Le vette appenniniche arrivavano più in alto nel cielo ed erano molto più fredde, ma, contrariamente alla situazione dell'anno precedente, l'Esercito era incomparabilmente meglio preparato. La condizione invernale provocò poche sofferenze e malattie rispetto a quelle che misero in difficoltà le truppe a Mignano e al Garigliano. Le migliori condizioni furono confermate dai rapporti medici del comando sullo stato di salute durante l'inverno 1944-45. L'epatite infettiva, o ittero, si rivelò la malattia più persistente e difficile da combattere. Il tasso aumentò nei mesi autunnali, interessando 88 uomini su 1000 all'anno a novembre per poi raggiungere un massimo di 161 a dicembre.

I nuovi e migliorati tipi di abbigliamento furono in gran parte responsabili delle migliori condizioni di salute. Una gran parte dell'abbigliamento richiesto fu disponibile all'inizio dell'inverno. Le prime consegne avvennero il 2 novembre, anche se solo quasi tre mesi dopo tutte le unità furono completamente equipaggiate con shoepacs [scarponi larghi in gomma con suola scanalata, da indossare sopra gli scarponi di servizio per impedire al piede di bagnarsi a causa delle infiltrazioni d’acqua provenienti da fango o neve], l'elemento più critico nella prevenzione dell'epidemia di “piede da trincea” che causò migliaia di perdite non in battaglia sulla Winter Line. Le truppe in linea furono rifornite regolarmente di cambi di calzini puliti, "forniti con le razioni"; alla fine questo programma si tradusse in una diminuzione costante del tasso di perdite.
Furono inoltre distribuiti l’abbigliamento da esterno e i sacchi a pelo, basati sul nuovo principio di utilizzare strati di stoffa di ampie dimensioni piuttosto che qualcosa di pesante e stretto. Per le truppe di prima linea furono disponibili berretti foderati di pelliccia, anche se non in quantità sufficienti per tutti. Pantaloni da combattimento e nuovi pantaloni per il freddo, che erano pesantemente foderati di lana, completarono la dotazione invernale. Tutti questi nuovi indumenti per l’esterno erano idrorepellenti e allo stesso tempo lasciavano passare il sudore umido verso l’esterno. Le coperte standard dell'esercito erano affiancate da sacchi a pelo, fatti di materiale simile alla lana, che potevano essere inseriti in una coperta da esterno in tela pesante.

Vennero predisposti su larga scala gli alloggi per l’inverno. Ovunque possibile furono utilizzati edifici, sebbene gli uomini in posizioni estremamente avanzate fossero costretti, di solito, a rimanere in buche nel suolo congelato e proteggersi dagli elementi come meglio potevano. Le truppe nelle posizioni di appoggio e di riserva, tuttavia, scavarono per costruire muri e tetti composti da bossoli vuoti, contenitori di cibo e altri materiali. Qui l'ingegnosità del soldato alleato venne alla ribalta; finestre, mobili e, naturalmente, le solite pin-up formose erano in quasi tutti i rifugi. Vennero allestite tende piramidali, dotate di stufe, per essere utilizzate come elementi di riserva.
L'approvvigionamento di combustibile per stufe divenne la maggiore attività. Molte stufe erano attrezzate per bruciare benzina o olio combustibile ma con esse era spesso difficile trovare un felice e confortevole compromesso. A volte le burrasche invernali ventilavano le stufe incandescenti, rendendo gli alloggi insopportabilmente caldi e bruciando spesso i lati della tenda o scacciando i suoi occupanti; altre volte la pioggia gocciolava dal tubo della stufa e soffocava il fuoco. Il legno fu utilizzato meno frequentemente a causa della sua scarsità. Preparare le jeep per l’inverno condusse alle idee più ingegnose: alcune erano coperte interamente con telai di compensato, con porte e finestre coperte con tela e vetro. Fu durante questo periodo che il lavoro del personale della sussistenza raggiunse la sua massima importanza.

Le operazioni limitate ai primi di dicembre
Entro il 1° dicembre i biglietti di auguri e pacchi natalizi incartati allegramente cominciarono a riempire l’esercito e i magazzini postali nella base di settore della Penisola. A casa, le persone più prudenti si garantivano l'arrivo di regali e saluti ad amici e persone care per Natale.
L’attività prenatalizia consisteva in scambi di artiglieria e scontri di pattuglie con occasionali piccoli contrattacchi nemici. I soldati del IV Corpo passarono gran parte del loro tempo a migliorare i loro alloggi individuali e le loro posizioni difensive, oltre alle attività di pattuglia; in generale entrambe le parti erano contente di lasciare le cose come stavano. In diversi casi, tuttavia, sia i tedeschi che le nostre truppe tentarono di migliorare le loro situazioni tattiche con limitati attacchi locali, finalizzati ad occupare preziosi punti difensivi e di osservazione. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il risultato finale, al termine degli aspri combattimenti, fu un ritorno alle posizioni precedentemente detenute.

Faro di ricerca Il 6 dicembre, per la prima volta nella nostra zona, il 1° Plotone, Batteria C del 360° Battaglione Luci di Ricerca Artiglieria Antiaerea produsse il chiaro di luna artificiale il cui debutto e uso venne così descritto da un corrispondente di guerra: "Una nuova arma - il chiaro di luna artificiale – è stato impiegato dalle truppe degli Stati Uniti. Esattamente alle 7 di sera, quando l'oscurità era calata completamente su queste colline settentrionali dell'Appennino etrusco, la luce artificiale della luna ha fatto il suo arco. All'improvviso l'intero settore è diventato visibile da una grande luce proveniente da proiettori di ricerca da 8 milioni di candele, accesi diverse centinaia di metri dietro il fronte; i loro raggi erano diretti in modo che i fasci di luce paralleli passassero a poche decine di metri sopra le teste delle truppe in prima linea. Pochi minuti dopo altre luci, migliaia di metri dietro la prima linea, hanno aggiunto la loro illuminazione. Nel bagliore fornito dalla luce diffusa proveniente dagli enormi raggi, i fanti attaccanti erano in grado di vedere i caposaldi nemici con la stessa chiarezza di una notte di luna piena. Scoprendo in anticipo i campi minati, i profondi burroni invalicabili, il terreno paludoso, potevano essere così individuati ed evitati tutti quei pericoli sul terreno che impantanavano e facevano fare passi falsi ai fanti, nel solito sondaggio notturno alla cieca".

In realtà la luce artificiale lunare fece più che aiutare le truppe da combattimento. In un punto del fronte un'unità di genieri lavorò invano per tre ore cercando, con un buio pesto, di costruire un ponte su una gola. Alla fine il suo comandante chiese il fascio di un faro contro una rupe vicina e l'unità finì rapidamente il ponte grazie alla luce riflessa nella gola.
Venne accelerato anche il trasporto dei rifornimenti verso il fronte. I comandanti dei convogli di camion di munizioni, che un tempo erano costretti a farsi strada a non più di 5 miglia orarie, erano ora in grado di viaggiare fino a 25 miglia orarie con l'aiuto del chiaro di luna artificiale. Uno degli ufficiali che aveva aiutato a stabilire la posizione dei proiettori spiegò che il chiaro di luna artificiale era stato sviluppato molti mesi prima durante le manovre in Inghilterra e aveva ricevuto il suo primo test di combattimento dall'8a Armata Britannica sul fronte italiano occidentale, vicino a Rimini, e più recentemente dal II Corpo, in ottobre. "È così semplice che c'è da meravigliarsi che nessuno ci abbia pensato prima. I proiettori sono dei normali fasci di luce antiaerei ma non è mai venuto in mente a nessuno di usarli per fornire luce alle truppe di terra".

Il mancato rispetto del calendario previsto per l'8a Armata, fissato per la seconda offensiva della Va Armata il 28 novembre circa, provocò un cambio di programma. A quel tempo le truppe britanniche erano impegnate in combattimenti vicino a Faenza e stavano facendo progressi lenti e costosi a causa delle condizioni meteorologiche avverse e della dura resistenza nemica. Fu ritenuto essenziale che gli eserciti Alleati, la cui missione principale era la distruzione delle forze nemiche in Italia, continuassero a spingersi in avanti in modo che il nemico non fosse in grado di trasferire alcuna truppa di combattimento dall'Italia.

Le Istruzioni Operative n° 36 della 5a Armata, datate 29 novembre, assegnavano al IV Corpo la missione di impadronirsi dell'area di Marzabotto, un paese sulla Statale 64, 10 chilometri a ovest di Livergnano, e di sgomberare il terreno a ovest del torrente Setta. Il Monte Sole, in mano tedesca, si stagliava come una formidabile guardiano sbarrando l’avanzata nella Valle del Reno, fino a Marzabotto. La conquista di quella montagna era un prerequisito perché da est dominava non solo la valle del fiume Reno ma anche il corridoio del torrente Setta. Il Monte Sole si trovava nella zona della 6a Divisione Corazzata Sudafricana a cui venne affidato il compito della conquista.

La 6a Divisione Corazzata Sud Africana
Come già detto, questa era una divisione esperta con un orgoglio da record, fu comandata con competenza e dotata di personale competente, che svolse il proprio lavoro metodicamente dopo un'attenta pianificazione e su cui si poteva fare affidamento per il buon esito di qualsiasi ragionevole missione di combattimento. Il suo organico di fanteria venne completato da una forza equivalente a più di tre battaglioni americani. I suoi corazzati furono di scarso valore nell'aspro Appennino ma le venne riconosciuta la sua capacità di correre repentinamente nella Pianura Padana.

L'artiglieria della 6a divisione Corazzata Sudafricana fu in grado di fornire il proprio supporto diretto con una certa esperienza di fuoco di controbatteria e lavorò in modo vigoroso e aggressivo, utilizzando materiale e tecnica britannica. Fu riscontrata una mancanza nell’ingiustificata fiducia riposta nel fuoco privo di osservatore che comportò il dispendio di molte munizioni. La Divisione occupava un fronte in diagonale e tortuoso di circa 21 chilometri complessivi, laddove la zona della Divisione si estendeva verso est e ovest per circa 15 chilometri.
L'avanzata della Divisione fu contesa da una forza altrettanto collaudata, la 16a Divisione SS Panzergrenadier tedesca e, in misura minore, dalla 94a Divisione di Fanteria. Il terreno sfavorevole che fronteggiava la Divisione doveva essere attraversato in ogni futura avanzata.

Il 5 dicembre le Istruzioni Operative n. 72 del IV Corpo contenevano le istruzioni per la presa del Monte Sole e del crinale Castelnuovo - Pietra Colora, in concomitanza con l'attacco del II Corpo e il D-Day dell’offensiva della 5a Armata che sarebbero state annunciate in seguito. Nella notte tra l'8 e il 9 dicembre, in vista di un successivo attacco al Monte Sole, i sudafricani proseguirono le operazioni su obbiettivi limitati per migliorare le loro posizioni.
Durante la notte elementi del 4/13 FFR attaccarono le colline 445 e 476, due colline sul versante sud-orientale delle montagne. Incontrarono una forte resistenza nemica e sebbene un plotone riuscì a raggiungere il suo obiettivo sulla Collina 476, fu successivamente costretto a ritirarsi. I due plotoni che attaccarono Collina 445 ebbero più successo ma, al tramonto, erano ancora impegnati a ripulire le sacche di resistenza nemica. I tedeschi, seguendo il loro modello, determinati a mantenere posizioni dominanti come era stato dimostrato al Monte Belvedere e al Monte Castello, contrattaccarono, con una forza superiore, le truppe sudafricane sulla Collina 445.
I due plotoni furono costretti a ripiegare in posizioni predisposte sulle pendici meridionali della collina. Quella sera anche altri elementi del 4/13 FFR, che aveva stabilito posizioni sulla vicina Collina 431, furono costretti a ritirarsi sotto il feroce fuoco di armi leggere del nemico. In quei due giorni l'artiglieria nemica mantenne un costante programma di disturbo su tutta la zona con particolare attenzione alle zone di Gabbiano (?) e Cavaliera. Alle 04:45 della gelida mattina dell'11 dicembre, il 4/13 FFR attaccò nuovamente per riconquistare la Collina 431 e al tramonto si assicurò l’obbiettivo.
Quella notte, intorno alle 20:00, l'area del villaggio di Murazze fu bersagliata da una formidabile e pesante concentrazione di fuoco di mortai e artiglieria. Il 12 dicembre i sudafricani sulla Collina 431 videro, senza sorprendersi, ondate di fanteria tedesca arrivare verso di loro attraverso la nebbia mattutina, in un altro contrattacco. Con ogni arma disponibile che sparava [contro i tedeschi in avvicinamento], gli elementi di 4/13 FFR riuscirono a respingerli. Rendendosi conto che i tedeschi erano determinati a riprendere quella collina, furono inviati rinforzi con urgenza in supporto nelle posizioni a sud della Collina 431. Per tutto quel giorno una notevole quantità di fuoco di artiglieria nemica colpì le postazioni avanzate. Per i due giorni successivi furono effettuati rilievi tra compagnie nella zona sudafricana fino a quando, improvvisamente e sorprendentemente, l’arrivo di una maggiore visibilità diede la prima opportunità all'artiglieria sudafricana di sparare molti colpi contro obiettivi nemici osservabili. Il nemico rispose a tono. Due prigionieri di guerra della 7a Compagnia del 35° Reggimento della 16a Divisione SS Panzergrenadier che erano stati catturati, dichiararono che era programmato un attacco alla Collina 431 per la notte del 14-15 dicembre.
La mattina presto del 15 dicembre, il nemico effettuò un forte dimostrazione contro le postazioni sudafricane poco a nord del Villaggio di Murazzo accompagnata da colpi di artiglieria e mortaio. Essa fu progettata per distrarre le nostre truppe sulla Collina 431, poiché poco dopo il nemico lanciò un forte attacco contro queste posizioni tenute da elementi del 4/13 FFR i quali furono costretti a ritirarsi. La fortuna era di nuovo con il nemico in questa azione locale. Il suo fuoco di sbarramento preliminare con i mortai aveva distrutto le nostre comunicazioni radio e via cavo e le nostre truppe sulla collina non furono in grado di richiedere il fuoco difensivo che era stato predisposto.
Il battaglione si mantenne saldamente in equilibrio e tutte le altre posizioni furono mantenute. Più tardi, quella notte, sotto la foschia della luce artificiale della luna, l'Imperial Lighthorse Kimberly Regiment rilevò il 4/13 FFR dalle sue posizioni; il giorno successivo quest'ultimo si ritirò in un'area di riunione nei pressi di Camugnano. Il fuoco dell’artiglieria nemica continuò il suo programma di disturbo notturno, sparando senza osservatori lungo l'intera area del fronte. Il 18 dicembre un deposito di munizioni appena a nord di Cozzo, un piccolo villaggio sulla strada principale appena a sud del torrente Setta, venne colpito dal fuoco dell'artiglieria nemica. Circa 2500 granate di mortaio, l'intero deposito, saltarono in aria in una serie infinita di esplosioni che riverberarono contro i fianchi della montagna fino a tarda notte.

Dal 16 al 24 dicembre la 6a Divisione Corazzata Sudafricana rimase in posizione effettuando cambi tra compagnie e mantenendo i contatti con il nemico. Le operazioni contro il Monte Sole, saldamente detenuto dai tedeschi, furono temporaneamente rinviate fino a quando non fu possibile effettuare un rafforzamento degli effettivi e fosse stata disponibile una maggiore dotazione di munizioni ma la pianificazione continuò e i sudafricani rimasero vigili.

La 1a Divisione di Fanteria Brasiliana della FEB
brasiliani pisa 300xIl primo giorno dell'ultimo mese del 1944, gli ultimi elementi dell'11° Reggimento di Fanteria della 1° Divisione di Fanteria della FEB, si spostarono con un convoglio, via autostrada, dalla propria area di addestramento nei pressi di Pisa e raggiunsero la divisione in località Bagni della Porretta. Il Generale Mascarenhas aveva riunito tutto il suo comando nella zona di Porretta ed iniziato subito un programma di sostituzioni per dare ai nuovi battaglioni un assaggio del fronte oltre che un periodo di riposo per i più anziani [probabilmente inteso come coloro che erano da più tempo in prima linea]. Quella notte il 1° Battaglione del 1° Reggimento di Fanteria, in posizione nell'area appena a nord-est di Gaggio Montano, fu sostituito dal 1° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria e si trasferì in un'area di riunione nei pressi di Lustrola.
La notte successiva, proprio mentre il velo di oscurità avvolgeva le montagne circostanti, una pattuglia nemica tentò di infiltrarsi nelle posizioni dell’inesperto 1° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria. Seguì un breve scontro a fuoco durante il quale furono usati i bengala con il paracadute e il nemico fu costretto a ritirarsi. Alle 23:10 la 9ª Compagnia dell'11ª Fanteria ricevette un piccolo attacco nemico e nello scontro a fuoco che ne seguì il nemico subì alcune perdite, alle 03:00 fu costretto a ritirarsi. Un'ora dopo, ripresero l'attacco nella stessa area e anche contro il fianco destro del 1° Battaglione. L'attacco fu sostenuto da uno sbarramento insolitamente pesante di artiglieria e mortaio sotto la protezione del quale un numero imprecisato di tedeschi penetrò tra le posizioni del 1° e del 3° Battaglione. Ciò causò un corto ritiro del fianco destro del 1° Battaglione e del fianco sinistro della 9a Compagnia. Al mattino, tuttavia, i brasiliani rioccuparono le posizioni poiché il nemico si era ritirato prima dell'alba. Il 3 dicembre il 3° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria venne sostituito dal 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria e si trasferì in un'area di raduno nei pressi di Bagni della Porretta.

Il 5 dicembre il IV Corpo trasmise le Istruzioni Operative 72 al posto di comando del Corpo di Spedizione Brasiliano FEB, a Bagni della Porretta, le quali richiedevano, quando fosse iniziata l'offensiva della 5a Armata, la cattura del Monte Sole da parte dei sudafricani e dalla cresta Castelnuovo-Pietra Colora da parte dei brasiliani. La pianificazione fu avviata immediatamente ma prima che le molte idee fossero messe sulla carta l'attacco venne rinviato.

I brasiliani si erano preparati ad attaccare il Monte Castello e con l’intera Divisione disponibile le loro speranze erano alte. Il 6 dicembre venne avviato un riordino delle truppe: nel settore del 1° Reggimento di Fanteria il 1° Battaglione sostituì il 2° Battaglione. Alla Truppa di Ricognizione della Divisione, operante nell'area di Bombiana, fu affiancato un plotone di partigiani. Il 9 dicembre il nemico, che aveva evidentemente avvertito un'attività di qualche tipo dietro le [nostre] linee, riversò pesanti concentrazioni di fuoco di artiglieria nella zona di Porretta-Silla-Riola e inviò forti pattuglie nel settore brasiliano per studiarne le intenzioni.

Lungo tutto il fronte, nell'ultimo mese, il nemico mostrò una crescente preoccupazione per le nostre posizioni e intenzioni. In quel momento, però, la sua attenzione era rivolta particolarmente al settore brasiliano. Delle numerose pattuglie nemiche in azione alcune fecero irruzione nei nostri avamposti. I prigionieri di guerra affermarono che le loro istruzioni erano di dover prendere prigionieri ogni tre giorni e che i permessi erano la ricompensa per coloro che avevano successo e una punizione per coloro che fallivano. L'unica rara attività aerea nemica vide un numero imprecisato di aerei che bombardò Ponte della Venturina e Porretta. Una bomba distrusse un edificio a Porretta, uccidendo alcuni civili.

In concomitanza con l'accelerazione dell'attività di pattugliamento avvenne il marcato aumento della guerra di propaganda nemica. Il 9 dicembre gli elementi avanzati dell'11° Reggimento fanteria furono bombardati con proiettili che contenevano volantini di propaganda indirizzati al 1° e all'11° Reggimento di Fanteria. Un prigioniero di guerra della 94a Divisione di Fanteria [tedesca], dichiarò che una compagnia di propaganda delle SS era apparsa verso il 1° dicembre e da allora aveva sparato volantini di propaganda nella nostra zona.
Nel tono generale dei volantini suonava il solito sottile tentativo di denigrare le relazioni tra gli alleati (il grosso bastone di Stalin che guidava Churchill e Roosevelt vestiti da bambini) e più acutamente che il conflitto europeo non riguardava i brasiliani che stavano morendo lontano dalle loro case a beneficio dei capitalisti americani.

Il 10 dicembre furono completati i piani dei brasiliani per un attacco alla dorsale Monte Torraccia-Monte Castello. Il 2° Gruppo Corazzato, che comandava il settore destro della Task Force 45, doveva prestare assistenza con l'aiuto di una azione diversiva sul fianco sinistro brasiliano, alle pendici meridionali del Monte Belvedere. Un piccolo gruppo di fanteria e corazzati, noto come Task Force Nelson, insieme ad elementi del 13° Battaglione Carri, operanti sotto la Divisione Brasiliana, doveva anche creare una attività diversiva nell'area di Castelnuovo. Il 2° e il 3° Battaglione del 1° Reggimento Fanteria, designati a guidare l'assalto, furono spostati in zona Casellina e avvicinati [alla linea di partenza] alle 23:00, in preparazione all'attacco del mattino. L'artiglieria nemica spazzava la zona avanti e indietro e arrivava a disturbare i movimenti o gli incroci stradali. Nella notte il Generale Mascarenhas chiese e ottenne un ritardo di 24 ore per l’inizio dell'attacco sul crinale del Monte Torraccia-Monte Castello.
Il ritardo servì a lasciare il tempo per ulteriori ricognizioni e per accumulare altri rifornimenti che erano stati rallentati dalle forti piogge e dal gran nevischio sulle strade. L'attacco venne riprogrammato per iniziare alle 06:00 del 12 dicembre. Nella notte dell'11 dicembre, il 3° Battaglione dell’11° Reggimento di Fanteria si spostò in un'area di riunione avanzata e il 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria si spostò a Silla, a riserva della Divisione. Le truppe brasiliane erano tese e in allerta perché stavano di nuovo tentando di scalare le vette davanti a loro. Sapevano che il nemico, dall'ultimo assalto, aveva lavorato disperatamente su quella cresta. Rapporti di prigionieri e partigiani indicavano che da allora erano state posate mine, costruite trincee e postazioni difensive dietro file di filo spinato.
Al Quartier Generale brasiliano era anche noto che c'era stato un incremento di postazioni di artiglieria nemica nel settore del Monte Belvedere.

Alle 06:00 del 12 dicembre, dopo una preparazione di artiglieria di trenta minuti da parte della Artiglieria Divisionale e del 424° Gruppo di artiglieria da campo, i brasiliani attaccarono. Il 1° Reggimento di Fanteria fece lo sforzo maggiore attaccando sul fianco con il 2° e 3° Battaglione, il 3° Battaglione, a destra, avanzò in direzione Casellina - Monte Torraccia. Inizialmente l'attacco fece buoni progressi con la resistenza nemica centrata principalmente contro il battaglione di destra. A mezzogiorno l’avanzata dei fanti brasiliani attaccanti era giunta fino ad una linea che in generale si trovava a circa a metà dalle pendici del Monte Torraccia e il 1° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria, che avanzava sull'estremo fianco destro dell'attacco, aveva elementi non lontani dalla cresta del crinale.
Tuttavia, durante il pomeriggio, il 2° e il 3° Battaglione del 1° Reggimento di Fanteria furono costretti a tornare alle loro posizioni originali sui pendii a causa del forte aumento del fuoco di mortaio e armi leggere. Non essendo saggio rimanere gli unici in testa anche l'11° Reggimento di fanteria si ritirò. Sul fianco destro brasiliano, l’azione diversiva della Task Force Nelson ebbe più successo e i carri armati del 13° Battaglione Carri, supportati dalla fanteria, avanzarono lungo la Statale 64 fino a Malpasso. Non incontrarono nessuna resistenza ma poiché l’avanzata era minacciata da un possibile accerchiamento su entrambi i lati anche questa unità si ritirò nella sua posizione originale. Il giorno successivo l'11° Reggimento di Fanteria sollevò il 2° e 3° Battaglione del 1° Reggimento di Fanteria dalle posizioni in cui si erano ritirati. Questi ultimi due battaglioni, fortemente bisognosi di riorganizzazione, si trasferirono rispettivamente a Bagni della Porretta e Silla.

L'attacco della Divisione fu attentamente pianificato dallo staff della divisione e all'inizio sembrava avesse tutte le possibilità di successo ma la resistenza nemica fu troppo grande per alcune delle truppe inesperte e, dopo aver subito diverse perdite, la fanteria brasiliana fu costretta a ritirarsi. Il nemico era determinato a mantenere il più a lungo possibile le alture che gli consentivano l'osservazione sulla statale 64. Nei due giorni successivi non ci furono attività da entrambi i lati del fronte ad eccezione del fuoco di artiglieria e mortaio da parte del nemico. La terra di nessuno era generalmente tranquilla; il silenzio era interrotto dai continui colpi di mortai nemici nella zona di Riola.

Il 16 dicembre il confine tra la 1a Divisione di Fanteria della FEB e la Task Force 45 fu spostato di poche miglia a ovest in modo che il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria potesse ritornare in seno alla 92a Divisione. Questo battaglione fu rilevato quella notte dal 3° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria. Allo stesso tempo il 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria sostituì il 1° Battaglione del 1° Reggimento di Fanteria, nelle vicinanze di Affrico. Il nemico era apparentemente ben fornito di munizioni di artiglieria poiché continuava il suo programma di disturbo sia di giorno che di notte. Le zone di Riola e Mordano ricevettero, in un giorno, 190 colpi di artiglieria e di mortaio.
Una missione di disturbo nell'area di Gaggio Montano distrusse una sezione di mortai brasiliana e all'alba del 20 dicembre il ponte di Riola venne danneggiato da un sospetto sabotaggio. Tuttavia, il tentativo ebbe successo solo parzialmente e il ponte rimase aperto al traffico di Classe 7; a mezzogiorno era stato completamente riparato. Il 23 dicembre una pattuglia del 1° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria raggiunse le difese nemiche di Castelnuovo e impegnò una pattuglia tedesca.
Quella notte una media di 30 colpi di artiglieria di grosso calibro colpirono Porretta ma i brasiliani si rifiutarono ostinatamente di spostare il loro Quartier Generale e scelsero di rimanere nella città ripetutamente bombardata. Il giorno successivo una pattuglia nemica di 7 uomini provenienti dalle vicinanze di Gambiana [forse Bombiana], si scontrò con elementi della 5a Compagnia dell'11° Reggimento di Fanteria e fu respinta. Un sergente tedesco ferito catturato rivelò, durante l'interrogatorio, che proveniva dalla 2a Compagnia del 1° Battaglione del 1044° Reggimento della 232a Divisione di Fanteria.

La task force 45 sulla sinistra
Per le prime tre settimane l’attività nel settore della Task Force 45 fu in gran parte limitata a pattugliamenti e a disturbare le postazioni nemiche con sporadici tiri di artiglieria e mortai.
Il nemico trascorse i giorni che precedevano il Natale facendo altrettanto.
Entrambe le parti misero in atto pattugliamenti locali e non fu effettuato alcun cambiamento nelle posizioni. Prevalse una relativa quiete nei settori di Bagni di Lucca e Cutigliano-Sestaione.

Le nostre pattuglie aumentarono la profondità delle loro penetrazioni nell'area nemica ma ci furono pochi contatti.
Il 7 dicembre vennero raccolti dieci disertori nemici e altri furono presi di tanto in tanto. Sembrava che le truppe del 4° Battaglione da alta montagna dell’esercito tedesco (Heer) fossero state sostituite dalle truppe di qualità inferiore del 232° Battaglione Fucilieri della 232a Divisione di Fanteria. Ciò venne confermato successivamente da due agenti nemici catturati che avevano viaggiato il 19 dicembre da Pavullo verso ovest, all'Abetone. Riferirono che una compagnia di truppe tedesche, che indossavano camici bianchi e credevano fossero alpini, stava riposando lungo la strada con due carri che trasportavano i loro bagagli e si dirigevano a nord. Più a sud, a La Causuma (?), gli agenti si erano fermati a un posto di comando della compagnia dove avevano chiesto a un soldato tedesco dove si trovassero. Questo soldato, che non apparteneva né alle SS né agli alpini, dichiarò di ignorare dove si trovasse poiché era arrivato solo il 17 dicembre. Ciò confermò l'allontanamento di elementi del 4° Battaglione da montagna e l'arrivo della 232a Divisione di Fanteria ma rimaneva ignoto dove era andato il primo.

Il 3 dicembre il 900° Battaglione di Artiglieria Antiaerea arrivò nell'area livornese e venne assegnato al IV Corpo d'Armata. L'unità appena arrivata iniziò immediatamente a riconvertire tutto l’equipaggiamento antiaereo preparandosi ad assumere un ruolo di fanteria nella zona della Task Force 45. Era un rinforzo estremamente necessario ed era pronto per l'azione avendo ricevuto diverse settimane di addestramento di fanteria nel settore del II Corpo e, inoltre, era un'unità fresca e riposata. Il 6 dicembre venne aggregata alla Task Force e nella notte tra l'8 e il 9 dicembre sostituì il 435° Battaglione di Artiglieria Antiaerea nell'area di Vidiciatico-Lizzano. Quest'ultima unità, stanca per un lungo servizio in prima linea, tornò al controllo della 5a Armata e partì per un'area di riposo.

partigiano300xIl 900° Battaglione di Artiglieria Antiaerea occupò posizioni a Querciola, Vidiciatico, Lizzano e Pianaccio, stabilendo nuove postazioni per fornire il massimo fuoco incrociato, istituendo un elaborato sistema di comunicazione che permettesse una chiamata rapida per il supporto di fuoco di mortai e artiglieria. Fu fatto il massimo uso dei partigiani e, con il loro aiuto, pattuglie di ricognizione scivolarono con sicurezza attraverso i campi minati nemici e gli intrecci di filo spinato, localizzando gli avamposti degli “Unni”. La neve caduta aveva ricoperto la campagna con un manto bianco rendendo necessario che le pattuglie si muovessero con cautela sulle vie e sentieri innevati. Lo scricchiolio della neve sotto le scarpe da combattimento e le “shoepacs” poteva essere sentito a lunghe distanze, durante le notti fredde e silenziose.

Un po' più a est, il fianco destro della Task Force era tenuto dalle truppe di colore del 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria. In questa zona gli artiglieri tedeschi posero la loro attenzione su Gaggio Montano e bombardarono generosamente la zona giorno e notte. L'11 dicembre due pattuglie ingaggiarono gruppi nemici leggermente a nord del piccolo villaggio di Morandella e uccisero due dei nemici.

Lo stesso giorno i tentativi tedeschi di infiltrarsi nelle posizioni di Cutigliano furono scoperti da uno degli avamposti partigiani e la conseguente lotta si protrasse per tutta la notte. Alle 06:20 il gruppo nemico sparò in cielo due razzi per richiedere l’intervento dell'artiglieria e in pochi istanti un TOT (Time On Target) nemico di 80 colpi cadde su Cutigliano. I tedeschi si ritirarono così tra la confusione e il rumore provocato dalle simultanee esplosioni delle granate.

Il giorno successivo, il 12 dicembre, per sostenere l'attacco brasiliano al Monte Casella, la Task Force 45 condusse un forte sforzo diversivo con l’intento di confondere i Jerries. Il Generale Rutledge aveva designato il 2° gruppo corazzato per compiere questa azione diversiva. Sulla sinistra del 900° Battaglione d'Artiglieria Antiaerea, carri armati e caccia carri sferragliarono la notte precedente e alle prime luci dell’alba iniziarono a bombardare Rocca Corneta tenuta dai tedeschi e la strada che vi conduceva da nord.
Allo stesso tempo una pattuglia di un ufficiale 30 uomini e 15 partigiani, seguita da una forza di riserva composta da un ufficiale e 15 uomini, si mosse in avanti e si schierò furtivamente all'estremità meridionale della città. Quando le nostre truppe si furono avvicinate abbastanza da usare con efficacia le loro armi, aprirono il fuoco simultaneamente con tutto ciò che avevano. Il nemico rispose con armi leggere e mitragliatrici; alle 10:30, quando iniziarono a far parlare i loro mortai, le nostre truppe si ritirarono sotto la copertura del nostro fuoco di mortai e carri armati.
A destra del fronte, tenuto dal 900° Battaglione d'Artiglieria Antiaerea, fu inviata a Corona una pattuglia di analoga forza. Questo attacco fu preceduto da una piccola preparazione di artiglieria e i tedeschi furono sorpresi a sonnecchiare. Alle 10:00 le nostre pattuglie erano penetrate fino al confine settentrionale della città e avevano preso tre prigionieri nemici, uccidendone nove e ferendone due. Anche due mortai tedeschi da 81mm furono distrutti lanciando granate nei tubi.
Alle 11:30 i tedeschi si ripresero dalla sorpresa e iniziarono un movimento di fiancheggiamento supportato da artiglieria, mortaio e mitragliatrice. La nostra stessa artiglieria iniziò a lanciare proiettili e fumogeni contro il gruppo nemico in avvicinamento e, sotto questa copertura, le nostre truppe si ritirarono. In questo scontro furono uccisi due soldati americani e tre partigiani italiani.
Come parte della stessa azione diversiva il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria di inviò una pattuglia della forza di un plotone contro il nemico trincerato sul versante del crinale del Monte Belvedere, a est di Gaggio Montano. Le truppe di colore ingaggiarono il nemico dalle nove del mattino fino alle sette di sera, momento in cui, dopo aver subito una vittima, si ritirarono.

Il continuo interesse del nemico per l’area Sestaione-Cutigliano era testimoniato dai colpi di mortaio e d'artiglieria, dal pattugliamento e dal cecchinaggio provenienti dalle vicinanze di Cappel D'Orlando, un piccolo villaggio di montagna poco a nord-est di Tiggliano (?). Il 16 dicembre una pattuglia partigiana di 70 uomini al comando di un ufficiale americano e composta anche da soldati americani, si diresse nei pressi di Melo dove, via radio, diresse il fuoco di artiglieria amico su obiettivi nemici negli insediamenti montani di Pianosinatico e Rivoreta. Al suo ritorno il giorno successivo, questa pattuglia partigiana ingaggiò una squadra tedesca, ne uccise uno, ne ferì due e ne catturò due.

Il 17 dicembre divenne effettivo il cambio di confine tra la Task Force 45 e la 1a Divisione di Fanteria Brasiliana della FEB e il 2° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria unitamente ad elementi del 900° Battaglione di Artiglieria Anti Aerea, che si trovavano sul lato della FEB del nuovo confine, furono rilevati dai brasiliani.
Allo stesso tempo la Batteria C del 434° Battaglione di Artiglieria Anti Aerea fu distaccata dal 900° Battaglione di Artiglieria Anti Aerea e inviata a Campo Tizzoro come riserva della Task Force.

Per tutto il periodo il settore di destra della Task Force 45 rimase abbastanza attivo. Venne sviluppato un sistema di tiro preciso con un caccia carri posizionato su un'alta collina a nord di Vidiciatico. Con un cannocchiale da 20 ingrandimenti costantemente puntato sui punti noti dell'attività nemica, al primo segno di movimento il caccia carri si dava da fare con fuoco diretto.
Ciò tenne i tedeschi sul chi vive e li costrinse a tenersi al riparo durante le ore diurne per una profondità di otto chilometri dietro le proprie linee. Il 20 dicembre i corazzati furono sollevati dal comando diretto della Task Force 45 ma il 751° battaglione di carri armati, con elementi annessi dell'894° Battaglione Caccia Carri, rimase in appoggio diretto.
Due blindati della Compagnia di Ricognizione dell’894° Battaglione Caccia Carri furono aggregati al 107° Gruppo di Artiglieria Antiaerea per mantenere il pattugliamento stradale da Campo Tizzoro a [Ponte della] Venturina. Il 21 dicembre il 2° Gruppo Corazzato fu sollevato dalla Task Force 45 e si trasferì dal settore per supervisionare l'addestramento di fanteria dei battaglioni antiaerei che dovevano ora diventare fanteria a tutti gli effetti. La responsabilità del settore di destra della Task Force venne rilevata dal 900° Battaglione di Artiglieria Antiaerea.

La minaccia tedesca nella valle del Serchio
In Italia lo spirito delle prossime vacanze di Natale era nell'aria.
I reparti addetti alla posta delle unità erano impegnati alacremente a sistemare i pacchi regalo e le centinaia di saluti natalizi. Il personale della Croce Rossa americana era impegnato a portare alle truppe di prima linea tutta l'allegria natalizia che poteva con libri, cancelleria, sigarette, ecc. Come e con cosa sarebbe stata resa attraente la festa di Natale? I pacchi regalo contenenti dolci, biscotti e torte, alcuni dei quali erano stati schiacciati durante il trasporto marittimo e ferroviario, furono aperti e condivisi con gli amici.
Nelle retrovie unità con migliori opportunità allestirono e addobbarono alberi di Natale per dare il tocco natalizio all'ambiente circostante. Venne riferito che uomini delle unità che sostavano nelle città e nei villaggi italiani si stavano preparando ad indossare costumi fatti in casa e giocare a Babbo Natale per i bambini poveri del luogo.
Naturalmente questi piani dipendevano in larga misura da una sorta di tregua informale tra amico e nemico in modo che il giorno della nascita di Cristo potesse essere celebrato dagli eserciti lì bloccati insieme al resto del mondo cristiano. Perfino Axis Sally (Mildred Elizabeth Gillars, soprannominata "Axis Sally" insieme a Rita Zucca, era una speaker radiofonica americana impiegata dalla Germania nazista per diffondere propaganda durante la Seconda Guerra Mondiale) nelle sue trasmissioni notturne alle truppe alleate, dedicava premurosamente gran parte dei suoi programmi di propaganda ai canti natalizi e alle canzoni americane delle feste, uno dei più popolari fu "Sto sognando un bianco Natale". Tuttavia, le sue intenzioni non erano tanto di contribuire all'imminente occasione di festa, quanto piuttosto di abbassare il morale delle nostre truppe attraverso il suo metodo sottile di portare la nostalgia di casa nei cuori stanchi della guerra. Dedicava anche gran parte del suo tempo a salutare come l'inizio del nostro tragico destino la controffensiva tedesca delle Ardenne, la cui notizia era arrivata il 17 dicembre al posto di comando avanzato del Quartier Generale del IV Corpo, a Taviano. Il 16 dicembre, Von Rundstedt, sotto gli ordini diretti di Hitler, aveva compiuto l'ultimo disperato tentativo di evitare il disastro attaccando gli eserciti Alleati che avanzavano con una forza di 24 divisioni. Era stato in grado, a causa della fitta nebbia che si era protratta per giorni, di radunare in segreto le sue forze nelle aree boscose di Monshau e Treviri. Quando arrivò il momento, otto divisioni Panzer sfondarono su un fronte di 65 chilometri e, avendo ottenuto un iniziale successo tattico, imposero un ritardo di circa sei settimane alla principale offensiva alleata. Era di questo rovesciamento alleato di cui si gloriava Axis Sally alla radio di propaganda tedesca.

Sospetto e allarme sul fronte del IV corpo
La notizia della tempesta offensiva a sorpresa fu accolta con una certa apprensione nel Quartier Generale delle forze alleate a Caserta, in Italia. Si stimava che se i tedeschi avessero voluto, avrebbero potuto concentrare cinque divisioni tedesche e tre divisioni fasciste italiane per un attacco sulla costa tirrenica o nella Valle del Serchio per catturare la base di rifornimento di Livorno. Questo era un obiettivo redditizio perché poteva interrompere la linea di rifornimento dell'esercito alleato da Livorno ad est verso Pistoia, Firenze fino all'area dell'8a Armata.
Considerato che la Valle del Serchio e la zona costiera erano scarsamente difese, senza alcuna riserva, se ne potevano trarre le conseguenze e l'apprensione di una tale capacità tedesca era giustificata. Mentre la battaglia delle Ardenne infuriava sul fronte occidentale, nella zona del IV Corpo prevaleva una sospetta quiete. Agli ufficiali dell'intelligence fu richiesto di effettuare il massimo sforzo per determinare qualsiasi indicazione che potesse mostrare una probabilità che il Generale Kesselring potesse usare le sue forze sul fronte italiano per un'offensiva, coordinata con quella delle Ardenne.

Prove di un generale accumulo di forze tedesche di fronte ai settori occidentali del fronte poco difeso della 5a Armata furono individuati e confermati il 17 dicembre. Il 22 dicembre vi furono indicazioni di uno spostamento nemico nella valle dell'Abetone e che il veterano 4° Battaglione da Montagna era stato rilevato da parte di qualche altra unità. Allo stesso tempo si notarono indizi dell'arrivo di nuove truppe nel settore precedentemente occupato dalla 16a Divisione SS Panzergrenadier.
Ciò venne confermato quando vennero presi dei prigionieri del 10° Reggimento paracadutisti della 4a Divisione paracadutisti in una località che in precedenza era stata di responsabilità della 16a Divisione SS Panzergrenadier. Prigionieri di guerra dei partigiani e i nostri stessi agenti riferirono che il nemico stava febbrilmente riparando e ricostruendo ponti e strade nell'alta Valle del Serchio e nelle zone costiere; ponti che erano rimasti inservibili negli ultimi mesi. Questi rapporti vennero confermati da fotografie aeree.
Movimenti di truppe nemiche furono segnalati nei comuni di Castelnuovo e Piazza nella zona della Valle del Serchio dove si diceva si stessero concentrando le unità alpine italiane e un numero crescente di tedeschi. I prigionieri parlarono di un "programma" previsto per il 28 dicembre, altre fonti fissavano il 26 dicembre come data.
Questi rapporti furono visti con maggiore preoccupazione dai comandanti superiori quando furono valutati alla luce della nuova controffensiva tedesca allora in corso in Belgio, il cui successo avrebbe potuto plausibilmente ispirare controffensive su altri fronti. Questa capacità nemica, che era già stata studiata e valutata, fu nuovamente presa in esame. Le cinque divisioni nemiche, che potevano essere concentrate nell'area della città di La Spezia, erano la 148a Divisione Granatieri ed elementi delle divisione italiane Monte Rosa e San Marco che erano già nel settore occidentale; c'erano alcuni indizi che la 157a Divisione da Montagna potesse essere spostata in quella zona; si diceva che anche la Divisione Italia (Repubblica Fascista Italiana) fosse diretta verso sud. Gli spostamenti effettuati dal nemico in altre parti del settore della 5a Armata e sul fronte dell'8a Armata gli permisero di liberare altre tre divisioni; per sostenere un tale attacco, la 16a divisione SS Panzergrenadier, la 26a Panzer Divisione e forse la 5a Divisione da montagna. Tuttavia, era ben nota la limitata capacità del nemico di effettuare qualsiasi rapido movimento su larga scala. Per una avanzata lungo la costa, i tedeschi avrebbero avuto come obbiettivo il porto di Livorno, base principale delle forze americane.
All’epoca il grande porto e le sue installazioni erano protetti da una divisione, la 92a, sotto il comando del Maggiore Generale Edward M. Almond, ed era piuttosto diluita su un ampio fronte. Venne pertanto accordata un'attenzione costante a quel settore occidentale e sebbene la 92a Divisione fosse direttamente sotto la 5a Armata, il Generale Crittenberger e il suo staff rimasero in frequente comunicazione con il Quartier Generale della Divisione.

L’intermezzo di Natale
La configurazione dell’"Intermezzo di Natale" avvenne a Taviano, un piccolo villaggio probabilmente di 20 edifici in pietra, che era annidato in una stretta gola a malapena larga a sufficienza per la strada principale e il torrente. Le montagne salivano a strapiombo su entrambi i lati e proprio sulla punta di une di esse, quasi in cima, era arroccato un tipico villaggio di montagna di 200-300 abitanti, (inaccessibile per strada e costruito là nei tempi antichi per sicurezza contro gli invasori). Da lassù il paese sembrava pronto a precipitare su Taviano mentre quest'ultimo sembrava destinato a essere schiacciato dalle enormi montagne su ogni lato.

Gli abitanti di questo paesino montano discendevano il tortuoso sentiero acciottolato per portare le castagne essiccate al mulino di Taviano e, dopo averle macinate, risalivano il sentiero, portando sulle spalle e sulla testa i pesanti sacchi di farina di castagne. Troppo alto e difficile da raggiungere, non fu danneggiato dagli eserciti di passaggio tranne che per una granata che ebbe la chance di colpire la scalinata della vecchia chiesa. Era un Shangri La tranquillo e riposante, troppo alto nel cielo per preoccuparsi della guerra che infuriava molto al di sotto.

Dal van del Generale Crittenberger, presso la locanda di pietra a Taviano, bisognava gettare indietro la testa e guardare dritto in alto per vedere il villaggio appartato nel cielo. Il Capitano Fred Case, aiutante di campo del Generale Crittenberger, osservò un giorno: "Se questi fossero tempi meno moderni, un piccolo gruppo di guerrieri in quella misteriosa città di montagna sulle rupi sopra di noi potrebbe annientarci e bloccare la gola, con il semplice espediente di rocce rotolanti giù dal fianco della montagna, su di noi, qui, nel baratro sottostante". La stessa Taviano era pittoresca in modo contrastante, perché rispetto al villaggio nel cielo, era in fondo alla terra. La gola stessa non era distante più di 500 metri dalla cima di una montagna, su un lato, alla cima dell’altra montagna, sull'altro.

Il personale del Quartier Generale occupava i pochi edifici e le sezioni G-2 e G-3 erano situate nella struttura più grande, in pietra, ai margini della strada. Nel baratro il fragore del vicino torrente Limentra di Sambuca soffocava alcuni dei rumori meno forti della guerra. Dall'altra parte di questo torrente si trovavano il mulino e le case di alcuni autoctoni. (Madame Fosca si è fatta apprezzare dagli ufficiali che alloggiavano nella sua casa grazie alle sue abilità culinarie. Sua sorella, Madame Tosca, altrettanto affabile, viveva nelle vicinanze).

La location era unica, come il set di un palcoscenico. Gli abitanti del villaggio andavano per la loro strada; lavavano i loro vestiti, così come i soldati lavavano i loro nelle gelide acque del torrente e sollevavano lo sguardo dal loro lavoro solo per un occasionale convoglio di cannoni che andava o tornava dal fronte. Le giornate a Taviano erano brevi, ogni pomeriggio, verso le tre circa, il sole scompariva dietro le montagne e il freddo, insieme alla notte, si precipitava nella gola per avvolgere il posto di comando.

Se le trasmissioni radiofoniche, i telefoni, i giornali e i messaggi della guerra avessero potuto essere ignorati, non sarebbe stato difficile immaginarsi, piuttosto efficacemente, di essere tagliati fuori dal resto del mondo. Il vicino ruscello di montagna soffocava rumori fastidiosi da migliaia di anni e il 24 dicembre non fece eccezione perché le nevi sui fianchi delle montagne, sciolte dal sole del giorno, inviavano ruscelli zampillanti nelle acque agitate del torrente. Dietro l'angolo dall'edificio del Quartier Generale, il sergente Patla stava sollecitando con entusiasmo i suoi soldati italiani addetti alla cucina ad un ritmo più veloce nella preparazione del pranzo di Natale per l'indomani.
Aveva tacchino ripieno e tutti i contorni da preparare. Più vicino al ruscello, in realtà a circa 8 metri da esso, il suono ruggente ostacolava le conversazioni telefoniche delle sezioni G-2 e G-3. Stavano arrivando notizie di allarmanti movimenti nemici nell'area di La Spezia. Il Colonnello Wells, G-2, teneva informato il generale ogni ora. L'inizio del cosiddetto "nervosismo" natalizio era iniziato.

L’Armata riportò che la 157a Divisione da Montagna, che l'ultima segnalazione dava in movimento verso l'Italia nord-orientale dalla frontiera franco-italiana, era stata deviata verso sud. Era possibile che lo scopo potesse essere quello di rilevare la 148a Divisione di Fanteria o di aumentare la forza disponibile per un attacco nel settore costiero o nella Valle del Serchio. Il primo passo precauzionale fu preso dalla 5a Armata quando attaccò il 339° Regimental Combat Team (85a Divisione di Fanteria) al IV Corpo. Il convoglio di fanteria si affrettò sulla Statale 65 verso l'area di Prato presso cui giunse a mezzogiorno del 24 e venne designato come riserva di Corpo.
Era la notte prima di Natale e il numeroso personale della sede di Taviano era in allerta e in qualche modo preparato per il regalo di Natale che stavano per ricevere. Le sezioni G-2 e G-3 erano occupate a ricevere messaggi, a studiare mappe e ad elaborare probabili piani di emergenza. Le linee telefoniche della 5a Armata e delle unità minori erano tenute occupate da messaggi e rapporti, in entrambi i casi sia in entrata che in uscita.

Alla luce delle allarmanti notizie sulla concentrazione di forze nemiche nella Valle del Serchio e zone costiere, non fu una grande sorpresa per il Generale Crittenberger quando fu svegliato nel suo van, accanto alla piccola locanda di montagna di pietra, alle tre del mattino di Natale da un corriere con un messaggio urgente del comandante dell'Armata. Questo messaggio conteneva istruzioni del Generale Truscott che ordinava al Generale Crittenberger di dirigersi immediatamente nel settore occidentale del fronte Alleato, assumere il comando nell’area della 92a Divisione, spostare il suo Quartier Generale a Lucca e prepararsi ad affrontare una possibile offensiva tedesca in quella zona. Allo stesso tempo la 6a Divisione Corazzata Sudafricana sarebbe tornata sotto il controllo dell’Armata e il confine destro del Corpo sarebbe diventato il vecchio confine inter-divisionale brasiliano-sudafricano.

Ancora una volta scattò l'allarme di emergenza e fu chiesto al IV Corpo di intervenire. In venti minuti il generale era in viaggio per le strade di montagna, verso Pistoia e Lucca. Prima della sua partenza diede istruzioni affinché il Posto di Comando Avanzato lo seguisse, stabilendosi a Lucca il prima possibile. Ordinò anche al Generale di Brigata W.C. Crane, comandante dell'artiglieria del IV Corpo, e al colonnello L.K. LaDue, Capo di Stato Maggiore del IV Corpo, di indagare personalmente sulla situazione, conferire con il Generale Almond della 92a Divisione di Fanteria e incontrarlo nel pomeriggio di Natale nella zona di Lucca. La squadra del generale, in due jeep, sbandò pericolosamente su alcune curve gelate ma nel complesso non fu troppo difficile uscire dall'Appennino.
Nonostante il tempo fosse gelido, le strade erano aperte e ripulite dalla neve e i 110 o 130 chilometri tortuosi da Taviano a Lucca furono coperti in breve tempo. Arrivato a Lucca, il Generale Crittenberger virò a nord e risalì la Valle del Serchio. A Bagni di Lucca conferì con il Generale di Brigata Wood, Assistente del Comandante di Divisione della 92a Divisione e controllò le posizioni dei reggimenti di fanteria di colore che occupavano lì il nostro fronte, uno a est e uno a ovest del fiume Serchio.
Il Generale Wood pensava che ci si potesse aspettare una resistenza risoluta delle sue truppe in prima linea se i tedeschi avessero attaccato lungo la valle. Così non avvenne a est del Serchio come si evidenziò successivamente. Il generale verificò le disposizioni dell'artiglieria e dei corazzati di supporto che trovò ottimamente disposte e pronte per qualsiasi conseguenza. In precedenti occasioni il Generale Crane aveva chiesto al comandante del Corpo che l'artiglieria di supporto fosse all'altezza delle esigenze.

Il seguente racconto personale, reso dallo stesso Generale Crittenberger, può meglio rappresentare accuratamente e dettagliatamente l'attacco nemico nella Valle del Serchio rispetto a quanto potrà mai essere presentato da uno storico.

"Durante la giornata (25 dicembre) mi sono consultato via radio e telefono con il Generale Almond, che aveva trascorso la notte tra il 24 e il 25 dicembre presso il suo posto di comando a Viareggio, sulla costa. Più tardi, in giornata, il Generale Almond è salito in montagna e nella Valle del Serchio per una riunione con me e alcuni membri del mio staff che erano arrivati per tempo in zona. Il Generale Almond era addentro alla situazione e aveva studiato attentamente la possibile minaccia tedesca. Sebbene avesse visto le truppe di prima linea della sua divisione vacillare spesso e ritirarsi di fronte agli attacchi tedeschi, in questa occasione non tradì il pessimismo, che era giustificato a provare, per l'offensiva nemica che sembrava in arrivo.
Una ricognizione personale nel territorio della Valle del Sarchio e un viaggio attraverso il valico fino alla zona costiera, verso mezzogiorno del giorno di Natale, hanno confermato il pericolo per la nostra posizione di fronte a un tentativo dei tedeschi di travolgerci in forza. Questo pericolo era ben noto in tutto il IV Corpo e non era altro che il rischio calcolato che eravamo stati costretti ad assumerci, dispersi come eravamo sull'ampio fronte di 130 o 150 chilometri con la 92a Divisione neri americana, la 1a Divisione di Fanteria della FEB e la Task Force 45, delle dimensioni di una brigata sottodimensionata, in prima linea. Il giorno di Natale era perfettamente evidente, come lo era stato negli ultimi mesi, che in nessun punto lungo il nostro fronte queste truppe, disperse in una sottile profondità, sarebbero state in grado di resistere senza rinforzi a uno sforzo tedesco concentrato.
Tuttavia, con le potenzialità della minaccia nemica rese in qualche modo precise, per quanto riguarda la forza, l'ubicazione e la missione, anche il lavoro del IV Corpo nell'affrontare la minaccia divenne più mirato. Fu subito evidente, come da tempo era stato immaginato e pianificato, che l’essere in grado di fermare l'offensiva tedesca era interamente dipendente dalla velocità con cui avremmo potuto fare arrivare validi rinforzi in quella zona.
Nel pomeriggio di Natale, dopo una ricognizione personale nella Valle del Serchio, giunsi alla decisione di mantenere la linea difensiva a cavallo del fiume Serchio e appena a sud di Bagni di Lucca nel caso le nostre truppe di prima linea fossero state travolte dai tedeschi. Mancando le riserve disponibili a causa del nostro fronte esteso e della scarsità di truppe, era evidente che tutte le truppe che avrebbero potuto arginare la marea nemica avrebbero dovuto essere inviate dall'esterno. Cercando in giro le truppe disponibili più vicine, ricordai che un brigadiere della Britannica 8a Divisione Indiana aveva visitato il mio posto di comando avanzato a Taviano il giorno prima per assicurarsi l'autorizzazione stradale per la marcia della sua divisione attraverso le retrovie del IV Corpo fino all'area di Pisa.
Le indagini hanno rivelato che, questo stesso pomeriggio di Natale, due delle tre brigate di questa Britannica 8a Divisione Indiana erano in viaggio verso ovest sulla strada Pistoia-Lucca. La divisione veterana era appena stata rilevata dal servizio in prima linea con l'8a Armata Britannica ed era stata inviata, per un mese o due, nell'area di riposo tra Lucca e Pisa. Immediatamente requisì la divisione e mandai a chiamare il comandante della divisione. Nel frattempo, alle tre del pomeriggio di Natale, il mio Posto di Comando Avanzato era arrivato a Lucca, era stato allestito e reso operativo prima che facesse buio; era dovuto tornare indietro da Taviano negli Appennini, spostandosi di circa 130 chilometri e, una volta sistemato, si trovava direttamente a cavallo di una qualsiasi offensiva tedesca nella Valle del Serchio e sul percorso di ogni offensiva tedesca diretta alla cattura di Livorno.
Il Comandante Generale della Britannica 8a Divisione Indiana, il Generale Maggiore Russell, stava trascorrendo il Natale a Firenze e, quindi, non era immediatamente disponibile. Invece i due Comandanti di Brigata della 19a e 21a Brigata Indiana si trovavano nelle colonne dei loro camion sulla strada e furono portati al mio Posto di Comando Avanzato a Lucca. Là, la notte di Natale, indicai sulla mappa la posizione di difesa, mostrata nel primo pomeriggio, e ho ordinato che la britannica 8a Divisione Indiana fosse dirottata dalla sua marcia verso l'area di riposo, verso nord lungo la Valle del Serchio e nelle posizioni pianificate, dietro gli elementi della 92a Divisione. Ho stimato che la divisione poteva raggiungere la posizione ed essere pronta a difenderla nelle prime ore del 26 dicembre.
In comunicazione con il Comandante d’Armata, nel pomeriggio di Natale ho delineato la mia valutazione della situazione, sottolineando la necessità di inviare in tutta fretta i rinforzi a ovest verso la Valle del Serchio. Alle undici della notte di Natale chiamai il comandante d’Armata e gli dissi che avevo requisito la Britannica 8a Divisione Indiana che avevo comandato in posizione difensiva a cavallo del Serchio. Mi informò che la 1a Divisione Corazzata, l'85a Divisione di Fanteria e una squadra di combattimento della 34a Divisione stavano tutte partendo in nostro supporto. Supponendo che gli elementi avanzati o queste truppe di rinforzo iniziassero ad arrivare nella Valle del Serchio entro 24 ore, lungo la strada unica Firenze-Pistoia-Lucca (Autostrada) disponibile, ho assicurato al Comandante d’Armata che se l'attacco tedesco non si fosse concretizzato prima del 27 dicembre, sarei stato pronto.
Tuttavia, non sarebbe stato così. I tedeschi non seguivano la mia agenda dei tempi, ma una loro, e all'alba del mattino successivo, il 26 dicembre, è stato lanciato l'attacco al Serchio ".

La narrativa personale del Generale Crittenberger si interrompe qui, la riprenderemo in seguito per poter inserire, a beneficio del lettore, un report dettagliato dell'azione.

A seguito delle spinte delle sue pattuglie nella notte del 25 dicembre, il 26 dicembre alle ore 08:00 il nemico lanciò diversi attacchi locali su un fronte di 10 chilometri a cavallo del fiume Serchio. Questi attacchi nella valle furono accompagnati da un marcato aumento del fuoco di artiglieria lungo la costa che doveva essere di carattere diversivo, poiché nessuna ulteriore azione si sviluppò in quella zona. Ad ovest del fiume, nei pressi di Molazzana, le truppe italiane e tedesche investirono il 1° Battaglione e la Compagnia G del 370° Reggimento di Fanteria nei pressi del Villaggio di Calomini, a sud ed est di Molazzana. Nella mattinata il nemico occupò una parte di Calomini e dalle 14:00 la Compagnia G venne cacciata dal villaggio. Anche il 1° Battaglione fu costretto a cedere terreno nonostante l’attenuarsi, a metà pomeriggio, dei combattimenti sul lato ovest del fiume.
Postazione di mortai della 92a DivisioneAd est del fiume una grande unità, identificata come appartenente al 285° e 286° Reggimento Granatieri, attaccarono i villaggi di Sommocolonia, Tiglio e Bebbio, occupati e difesi dal 2° Battaglione del 366° Fanteria. In quella zona la pressione nemica aumentò quando le truppe da montagna tedesche del Battaglione da Montagna Mittenwald si unirono alla battaglia e Sommocolonia, Tiglio e Bebbio vennero tutti occupati dai tedeschi prima dell'oscurità. Condotto da guide italiane, il nemico aggirò questi villaggi scalando le creste a est e attaccando verso sud-ovest lungo i pendii. Gli alpini austriaci e italiani, alcuni dei quali vestiti da partigiani, guidarono l'assalto. Due plotoni della Compagnia E del 366° Reggimento di Fanteria furono praticamente accerchiati a Sommocolonia e solo 17 dei 60 uomini riuscirono a fuggire.
Un plotone del 92° Squadrone da Ricognizione fu disperso a Bebbio; tuttavia il gruppo riuscì a radunare la maggior parte degli uomini ritirandosi in buon ordine nelle posizioni vicino a Coreglia. Il 2° battaglione del 366° Reggimento di Fanteria si ritirò per poco più di tre chilometri nelle posizioni lungo la linea, Gallicano-Barea-Coreglia. Poco prima di mezzogiorno, la Compagnia G del 366° Reggimento di Fanteria si trovò gravemente disorganizzata e si ritirò lasciando un varco largo 500 metri lungo la riva occidentale del fiume. Il Quartier Generale del 370° Reggimento di Fanteria era minacciato e fu costretto a ritirarsi. Centinaia di civili intasarono le strade in direzione sud nel tentativo di raggiungere Lucca prima dell'avanzata tedesca. Confusione e allarme cominciarono a dominare sul fronte del Serchio.
Ora continuiamo con il rapporto del Generale Crittenberger che, in quel momento, era nelle vicinanze.
"Nel tardo pomeriggio, accompagnato dal colonnello Harry Semmes e dai miei aiutanti, ho visitato il posto di comando del reggimento del Colonnello Raymond G. Sherman, a Fornaci. La città era appena stata bombardata e i nostri carri armati tenevano alla larga il nemico a cavallo della strada a diverse centinaia di metri verso nord. Era chiaramente evidente che il posto di comando sarebbe stato presto travolto. L’atteggiamento del Colonnello Sherman lì al suo posto di comando del reggimento era di un buon lavoro come ho visto durante l’intero combattimento. Quindici o venti minuti dopo che sono partito per raggiungere il posto di comando della Britannica 8a Divisione Indiana, i tedeschi invasero la città ma non riuscirono a catturare il Colonnello Sherman e il suo posto di comando che fuggirono lungo il fiume appena in tempo, stabilendosi di nuovo a cinque o sei chilometri a sud.
Anche il posto di comando avanzato della 92a Divisione si ritirò su nuove posizioni. Il 1° Battaglione del 370° Fanteria, dopo aver perso l'avamposto di Calomini, era posizionato a nord-ovest di Gallicano ma abbandonò Gallicano, sul suo fianco destro, conformandosi alla nuova linea stabilita dalle unità del 366° Reggimento di Fanteria. La Compagnia F del 370° Reggimento di Fanteria, che era stata impegnata nella preparazione di postazioni di difesa secondarie a ovest del Serchio, fu rapidamente spostata attraverso il torrente per colmare il vuoto creato dal crollo della Compagnia G del 366° Reggimento di Fanteria.
"Per evitare che l'attacco del nemico si trasformasse in una formidabile minaccia alle nostre linee di rifornimento, la 1a Divisione Corazzata, comandata dal Maggiore Generale Vernon E. Prichard, era stata distaccata dal II Corpo e si dirigeva verso la zona del IV Corpo. Anche il 135° Gruppo di Combattimento Regimentale (della 34a Divisione di Fanteria) era stato aggregato al IV Corpo e si stava precipitando a ovest per Viareggio.
In viaggio con la mia jeep verso sud, lungo la riva occidentale del fiume, verso sera sono stato avvicinato da un'altra jeep proveniente dalla direzione di Lucca sul cui sedile anteriore sedeva una figura imponente, quasi completamente racchiusa in un grande cappotto britannico, e che portava nella mano destra quella che sembrava essere il bastone di un pastore. Mi sono fermato e così ha fatto anche lui. Ben presto ho riconosciuto un Maggiore Generale inglese che supposi essere il Generale Russell, il Comandante della Britannica 8a Divisione Indiana, appena arrivato sulla scena da Firenze. Con baffi rosso fuoco e un viso florido, mi si è avvicinato maestosamente con il suo bastone da pastore, una figura che avrebbe potuto essere ripresa da un'operetta di Gilbert e Sullivan. Il nostro incontro è stato breve e diretto al punto. Dopo essersi identificato, gli dissi che ero il Comandante Generale del IV Corpo d'Armata, che ero arrivato sulla scena la notte prima e che a causa dell'urgenza dell'emergenza, avevo requisito la sua divisione diretta verso un'area di riposo e l’avevo dirottata in posizione difensiva a cavallo del fiume Serchio, posizione che gli ho indicato sulla mappa.
Lo informai che ero perfettamente consapevole delle convenzioni che solitamente implicavano rilevare una nuova divisione e impegnarla in battaglia ma che non c'era stato tempo per tali convenzioni e se anche ci fosse stato, non avrei potuto andare fino in fondo in quando lui era assente dalla sua divisione essendo a Firenze. Gli ho ordinato di unirsi alla sua divisione, scoprire dov'era, informarsi della situazione e che l'avrei visto più tardi quella sera. L’unica parte che ebbe nella conversazione era stata una parola - tipicamente britannica - mentre salutava e si allontanava - "Appunto". Sebbene questo fosse un primo incontro di notevole tensione e un'occasione in cui sarebbe stato felice di potermi uccidere, e lo fece con il suo aspetto, si rivelò essere l'inizio di una bellissima amicizia.
Verso le 09:00 della notte del 26 dicembre ho nuovamente conferito con il Generale Comandante della Britannica 8a Divisione Indiana. In quel momento sono stato incoraggiato dal suo rapporto che dava la sua divisione in posizione e che l'avanzata dei tedeschi era stata fermata. In quel momento sembrava che il rapido impegno della Britannica 8a Divisione Indiana in quella posizione difensiva avesse salvato la situazione, almeno temporaneamente. Discutendo il suo piano, il Generale Russell mi informò che voleva effettuare una ricognizione per approntare posizioni ritardanti, che poi avrebbe occupato e tenuto, dietro alla linea difensiva e sarebbe stato pronto a ripiegare su esse, ritardando il nemico mentre si ritirava. Gli ho detto che questo non era affatto il mio piano. Invece, avrebbe contrattaccato immediatamente per ripristinare la linea e io mi sarei occupato delle posizioni ritardanti nelle sue retrovie con i forti contingenti di truppe americane che erano in viaggio per rinforzarci. Ha preso le mie istruzioni senza alcun segno di disappunto e mi sono ritirato per la notte.
La mattina del 27 il Generale Russell mi ha chiamato per informarmi che aveva perlustrato il fronte ed era pronto a ripristinare la nostra linea del fronte in conformità con i miei ordini della sera prima. Tuttavia, mi ha quasi messo al tappeto con la richiesta: " Posso avere quattro o cinque ore per riordinare il campo di battaglia?" Cioè, prima di contrattaccare, vorrebbe prendersi del tempo per liberare la sua area dai ritardatari, molti di quelli che in quel momento stavano correndo in tutte le direzioni al galoppo. Una volta avevo sentito l'espressione e l'avevo sempre ricordata come tipicamente britannica. In Africa, il Feldmaresciallo Alexander, diversi mesi prima aveva parlato di "riordinare il campo di battaglia". Inutile dire che fui molto felice di dare al Generale Russell un’occasione per "rimettere in ordine il campo di battaglia".


I tedeschi rinnovarono l'attacco all'alba del 27 dicembre, il peso del loro sforzo era concentrato nella zona tra Gallicano e Coreglia. Attacchi minori avvennero ad ovest del fiume intorno a Molazzana, dove le nostre truppe effettuarono ulteriori brevi ritirate. L'attacco a est, tuttavia, continuò a fare progressi costanti contro elementi del 366° Fanteria e la Compagnia F della 370° Reggimento di Fanteria. Barga fu evacuata in mattinata. Il nemico catturò due cannoni da 57 mm integri e li rivolse contro il 366° Reggimento di Fanteria, che, durante la sua ritirata, aveva anche perso la maggior parte delle sue mitragliatrici pesanti. Alle 13:00 le nostre truppe erano arretrate dalla seconda linea di difesa e i tedeschi erano penetrati nel centro dell'area fino al villaggio di Pedona sul fiume Serchio, tre chilometri a sud di Barga.
La 19a Brigata indiana, muovendosi a nord-ovest da Bagna di Lucca, stabilì una linea che si estendeva da nord-est a sud-ovest, da Coreglia attraverso il Serchio fino a San Romano, un villaggio a circa 2 chilometri a sud di Pedona. Nell'oscurità, il 2° Battaglione del 366° Reggimento di Fanteria passò attraverso gli “Indiani” e attraverso il fiume in nuove posizioni dietro il 1° Battaglione del 370° Reggimento di Fanteria. In quel momento la Britannica 8a Divisione Indiana assunse il comando del settore della Valle del Serchio e di tutte le truppe in esso presenti. Durante la notte la 19a Brigata mantenne le sue posizioni e mediante l'uso di armi automatiche e colpi di mortaio respinse diverse pattuglie nemiche.
Unità della 21a Brigata avanzarono e presero posizione sul fianco destro della divisione, rafforzando ulteriormente la difesa della Valle del Serchio. Sul lato ovest del fiume, il 370° Reggimento di Fanteria riadattò e migliorò la sua posizione. Era evidente una forte diminuzione dell'attività nemica tuttavia, le pattuglie inviate nel villaggio di Gallicano, recentemente perduto, furono respinte dal fuoco delle armi leggere.
Nel frattempo le forze di riserva che la 5a Armata aveva riversato dal 26 dicembre per aiutare a contenere la minaccia tedesca, erano riunite in luoghi tattici il più vicino possibile a dove potevano essere impiegate. L'85a Divisione aveva completato la sua concentrazione nell'area ed era così disposta: la 377° Reggimento di Fanteria venne spostato nel settore della 92a Divisione, il 338° Reggimento di Fanteria era in un'area di concentramento nei pressi di Lucca e il 339° Reggimento di Fanteria si era spostato a S. Marcello Pistoiese in rinforzo alle truppe della Task Force 45. L'85a Divisione, meno quest'ultimo reggimento, venne designata come riserva di Corpo. Il 28 dicembre il 135° Gruppo di Combattimento Regimentale (della 34a Divisione) completò il suo spostamento in una zona a nord-ovest di Viareggio e fu aggregato alla 92a Divisione di Fanteria.
Ad ovest di Lucca, la 1a Divisione Corazzata, in attesa da tempo, si avvicino rapidamente ad un'area dalla quale sarebbe stato possibile attaccare sia nella pianura costiera che nella Valle del Serchio.
Completato l'arrivo di tutti gli elementi di rinforzo, la situazione assunse un aspetto più ottimistico. Livorno era al sicuro, ora si trattava di riguadagnare il terreno che era stato perso e la Britannica 8a Divisione Indiana si occupò prontamente di quel compito.
Il 28 dicembre, il 6° Lancieri (Squadrone meccanizzato del Punjab), l'unità di ricognizione dell'8a Divisione Indiana, si lanciò aggressivamente in avanti verso la cresta di Barga incontrando solo una leggera opposizione. Il 6/13 Fucilieri RRF della 19° Brigata spostarono una compagnia a Barga per rinforzare i 6° Lancieri e un'altra compagnia immediatamente a seguire. Elementi dell'altro reggimento della 19a Brigata, il 3/8 Punjab, rioccupò Coreglia e il crinale a sud-ovest. Il 1° Reggimento Mahrattas della 21a Brigata inviò con continuità pattuglie tutta la notte sul fianco destro, appena a sud della stessa città. Il 370° Reggimento di Fanteria, ad ovest del Serchio, riadattò le posizioni e inviò forti pattuglie da combattimento. La resistenza nemica contro le nostre pattuglie fu sporadica, il che fece pensare che si stesse ritirando da entrambe le sponde del Serchio. Un cadavere nelle vicinanze di Molazzana venne identificato come appartenente al 2° Battaglione del 285° Reggimento Fanteria della 148a Divisione Fanteria tedesca. Questa fu la prima indicazione che questa unità era entrata in linea sul lato ovest del fiume Serchio.
Per supportare il nostro contrattacco, il 27 dicembre il XXII Comando Aereo Tattico aveva colpito il nemico con più di 200 sortite a cui ne erano seguite altre il 28, con 228 cacciabombardieri e 24 bombardieri. Nei due giorni successivi ulteriori 878 sortite volarono sopra la Valle del Serchio e le aree retrostanti mentre la 19a e la 21a Brigata Indiana continuavano a respingere il nemico. Il 29 Barga fu riconquistata, il 30 Sommocolonia venne rioccupata e l'ultimo giorno dell'anno le pattuglie penetrarono a Gallicano, Bebbio e Molazzana incontrando una debole resistenza di armi leggere. Al termine dell'azione, il 31 dicembre, tutte le posizioni perse erano state riconquistate dalla Britannica 8a Divisione Indiana.
L'obiettivo dell'attacco tedesco non fu chiaro sebbene un ufficiale fatto prigioniero disse che si trattava di una ricognizione in forze, che avrebbe potuto essere sfruttata se non fossero arrivati i nostri rinforzi.
I volti del nemico dovevano essere impalliditi per la sorpresa quando vennero in contatto con i Gurka dalla pelle scura e turbante che erano i più abili nell'uso del coltello nei combattimenti notturni.
Secondo stime accurate dell'intelligence, grazie a una pianificazione tempestiva e agli spostamenti rapidi di molte truppe per una distanza di 100 chilometri su strada era stata fermata e respinta una offensiva nemica che avrebbe potuto trasformarsi in un grave disastro.

Il 31 dicembre durante la riunione nella Sala della Guerra, il Generale Crittenberger e il suo staff esaminarono la situazione e quanto realizzato nei sei giorni precedenti. Il G1, il Colonnello Harry Semes, riferì che la popolazione militare nell'attuale settore del IV Corpo d'Armata era aumentata da 31.762 a 88.934 unità. Il G-3, il Colonnello Raymond W. Curtis, riferì che entro la fine del quarto giorno l'equivalente di tre divisioni e una squadra di combattimento aggiuntiva, con truppe di supporto tra cui artiglieria, genieri e caccia carri, erano state spostate per oltre 100 chilometri di strada, poste in posizioni tattiche e assegnate loro le rispettive missioni. Il Colonnello Arthur T. Lacey, G-4 riferì che era stato istituito nelle vicinanze di Lucca depositi di classe II e IV, in grado di supportare 50.000 uomini. Con riferimento al movimento delle truppe, i 5.840 veicoli interessati nell'operazione avevano percorso oltre 680.000 chilometri di strada, l'equivalente di circa 6.430.000 chilometri di pneumatici. Considerando una vita di 32.000 chilometri per pneumatico significava che erano stati usurati l'equivalente di 2.000 pneumatici.
Il Colonnello Gillette, del Corpo dei Genieri, che in seguito scrisse una divertente commedia leggera dell'attacco al Serchio intitolata "Intermezzo di Natale", riferì che la media di un battaglione e un quarto di genieri a disposizione del Corpo si era occupato della manutenzione di 320 chilometri di strada, di cui più della metà era soggetta a neve; costruito 61 metri di ponte pedonale, 137 metri di ponte galleggiante e 98 metri di ponte Bailey; preparato un totale di 130 ponti [di micce] e condutture per demolizione; posato 36 campi minati; estratto 372 tonnellate di materiale per fortificazione e distribuite 250 tonnellate; fornito 1.000.000 di litri di acqua potabile in aggiunta a quella fornita dei Punti Acqua della divisione.
L'ufficiale di artiglieria del corpo, il Generale di Brigata William O. Crane, dichiarò che nella notte del 27 dicembre erano in posizione, direzionati e pronti a sparare, due battaglioni di obici da 155 mm e tre battaglioni di obici da 105 mm. Entro la notte del 28 dicembre in numero era stato incrementato dall'arrivo di un battaglione di cannoni da 155 mm, un battaglione di obici da 155 mm e del 10° Gruppo della Royal Artillery Britannica, composto da due reggimenti di obici da 140mm. Per la protezione antiaerea, il piazzamento della 62a Brigata Antiaerea si tradusse in un anello di cannoni pesanti intorno a Lucca e in una protezione con cannoni leggeri per i ponti sul Serchio, le concentrazioni di truppe e i Punti di Rifornimento dell'Esercito.
Il Tenente Colonnello Walker, A-5 (Governo Militare Alleato) affermò che erano stati depositati 50.000.000 di lire presso le banche locali a Lucca in quanto, per evitare il panico, il 26 e 27 dicembre furono operati dai Carabinieri venti posti di blocco nella Valle del Serchio, per accogliere una parte dei circa 10.000 profughi che avrebbero altrimenti intasato completamente le strade al traffico militare.
Il Colonnello Edmund Cunningham, ufficiale delle comunicazioni, riferì che durante il primo giorno vennero stesi in fretta 320 chilometri di quattro cavi spiralati e nei due giorni successivi vennero posati anche 160 chilometri di W-110 e quattro piccionaie vennero spostate in posizione. Il Posto di Comando del IV Corpo, in quella posizioni sperdute, richiedeva 80 linee, 100 telefoni e un centralino aggiuntivo.
Al termine della riunione, il Generale Crittenberger si congratulò i suoi staff per la loro efficiente prestazione nel realizzare così tanto in così poco tempo e rese un tributo speciale alle sedi superiori e subordinate per la loro piena e immediata collaborazione.

Alla fine del 1944, il IV Corpo vide la sua forza notevolmente aumentata rispetto a quella di una settimana prima. La 92a Divisione di Fanteria e l'8a Divisione Indiana occupavano ora il settore costiero e la Valle del Serchio. Ad est della valle la posizione della Task Force 45 era stata rinforzata da un reggimento di fanteria dell'85a Divisione di Fanteria. La 1a Divisione di Fanteria Brasiliana rimase nella valle del fiume Reno. L'85a Divisione, meno il reggimento nell'area della Task Force 45, era in riserva di Corpo e la 1a Divisione Corazzata rimase appena ad ovest di Lucca e sotto il controllo dell'Armata. Tuttavia, era disponibile per i piani del IV Corpo e sarebbe stata utilizzata se necessario.

I primi elementi della 10a Divisione da Montagna, ulteriori rinforzi destinati al IV Corpo, arrivarono a Livorno il 27 dicembre mentre il resto della divisione avrebbe dovuto raggiungere l'Italia a gennaio. Dal punto di vista della sicurezza il mese di dicembre fu piuttosto calmo rispetto al periodo precedente. Il nemico stava ancora infiltrando agenti attraverso il settore del Corpo e sebbene molti fossero stati arrestati era possibile che alcuni fossero riusciti a passare. Nonostante le forti nevicate, che resero difficile viaggiare in montagna, quindici agenti vennero fermati durante il mese. Sette furono catturati dalla Sezione di Controspionaggio della 1a Divisione di Fanteria della FEB; quattro vennero presi dalla Divisione Corazzata Sudafricana e gli altri quattro furono catturati dal IV Corpo, Distaccamento CIC. Durante il mese vennero catturati un totale di 104 prigionieri. Un elemento importante che arrivò alle orecchie degli ufficiali dell'intelligence fu il rapporto secondo cui il Maresciallo Kesselring rimase ferito quando era stato mitragliato da un aereo alleato a bassa quota, verso la metà di dicembre. Il Generale Heinrich von Vietinghoff, comandante della 10a Armata tedesca e considerato uno dei più abili comandanti nemici, prese il posto di Kesselring e il Tenente Generale Joachim Lemelsen, della 14a Armata, sostituì Von Vietinghoff a dirigere la più attiva 10a Armata che si opponeva all'avanzata degli inglesi.

Ottanta soldati del IV Corpo vennero uccisi nel mese di dicembre e 374 ammalati o feriti furono evacuati per via medica. 253 furono riportati come dispersi o catturati. Per rimpiazzare queste perdite, arrivarono 424 sostituzioni che vennero inviate alle unità più sotto organico. La carenza di sostituzioni per la 92a Divisione di colore rimaneva un problema. L'assegnazione alla divisione di un ulteriore reggimento di fanteria di colore, il 366° Reggimento di Fanteria, un reggimento a parte, composto da uomini di altri rami convertiti in fanteria, sbarcato a Livorno il 21 novembre, aveva compensato in una certa misura questa carenza immediata; tuttavia, il basso spessore dei sostituti di colore abbassò l'efficienza della divisione in battaglia. Ci si aspettava che questo fattore sarebbe diventato di grande importanza poiché le truppe erano impiegate in missioni di maggior rischio e difficoltà.

Ancora una volta la carenza di camion per il trasporto aveva assillato il personale addetto alle forniture, creando molti problemi. All'inizio del mese tutti i depositi di rifornimenti utilizzati dalle truppe del Corpo erano gestiti dall'Armata. Questo semplificava il problema dei rifornimenti per il Corpo; tuttavia, i requisiti di trasporto per le truppe in movimento erano maggiori di quanto la Compagnia Autocarri Rifornimenti del Corpo potesse gestire. Ciò fu particolarmente vero dopo l'8 dicembre, quando il 435° Battaglione di Artiglieria Antiaerea, a cui apparteneva una buona parte dei camion che costituivano la Compagnia Autocarri Rifornimenti del Corpo, fu sollevato dal controllo del Corpo. Su richiesta del Corpo l’Armata acconsentì a mettere a disposizione 32 camion dal 70° Battaglione Autocarri del Quartiermastro [rifornimenti] per aumentare la capacità di trasporto del Corpo. Il 29 dicembre, con l'aumento del numero di truppe e la ripresa della responsabilità da parte del Corpo di mantenere i livelli delle scorte dei depositi nel settore occidentale, l'Armata assegnò al Corpo la 3644a Compagnia Autocarri del Quartiermastro. Tuttavia, allo stesso tempo, venne ritirato l'uso dei 32 camion del 70° Battaglione Autocarri del Quartiermastro.

Furono distribuite alle truppe 1.242.127 razioni B e 79.791 razioni C. Il terreno su cui le truppe stavano operando era tale che in alcuni casi i rifornimenti e le razioni non potevano essere spostati fino alla destinazione finale con mezzi di trasporto a motore per poi essere utilizzate delle unità. Ciò rese necessario l'uso di muli da soma e di trasporti a mano. Per aiutare in questo problema, furono assegnai al IV Corpo altri muli della 10a Compagnia Muli (italiana). Le forniture di munizioni continuarono a essere critiche e furono assegnate, per ogni periodo di dieci giorni, solo dalla 5a armata. Il giorno di Natale, quando il Corpo si stava muovendo nel settore costiero, l'Armata autorizzò il Corpo a prelevare qualsiasi quantità di munizioni necessaria a respingere l'attesa offensiva tedesca e consistenti scorte furono scaricate nelle retrovie.
Quando la minaccia si sviluppò sulla costa e il Quartier Generale del IV Corpo si spostò a ovest, il giorno di Natale, ci fu un raggruppamento e una riorganizzazione dell'artiglieria all'interno del Corpo.
Il 424° Gruppo Artiglieria da Campo rimase nel settore orientale come artiglieria del Corpo per fornire supporto generale alla Task Force 45 e alla 1a Divisione di Fanteria della FEB. L’artiglieria del 10° Gruppo d’Armata Britannico, con due reggimenti medi, un battaglione di obici da 155 mm e un battaglione di cannoni da 155 mm si spostò nel settore del IV Corpo d'Armata e, ad eccezione dei 155, si posizionò nella Valle del Serchio. Gli obici e i cannoni da 155 mm furono spostati più a ovest e presero posizione lungo la costa. Queste unità furono sotto il comando dell’artiglieria del IV Corpo per il resto del mese e durante quel breve periodo diedero una buona prestazione.
Le armi a lunga gittata furono usate principalmente per precisi aggiustamenti e per fuoco di contro-batteria. Il 30 dicembre si verificò uno sfortunato incidente nel 633° Battaglione di Artiglieria da Campo quando due cannoni da 155 mm esplosero mentre effettuavano tiri per fuoco di disturbo. Vi furono nove vittime ma la causa esatta di queste disavventure non fu determinata. La notte del 31 dicembre, al riparo dell'oscurità, un cannone da 155 mm della batteria C del 633° Battaglione di artiglieria da campo, venne spostato in avanti a circa 2.300 metri dalla linea del fronte e da lì eseguì tre missioni di disturbo sparando su depositi e punti di rifornimento tedeschi, quindi ritornò prima dell'alba nella posizione di partenza.

Le condizioni meteorologiche avverse resero la rimozione della neve uno dei peggiori problemi per il Genio del Corpo. La metà della rete stradale del Corpo fu soggetta a forti nevicate e solo una parte dell’attrezzatura per la rimozione della neve era disponibile attraverso i normali canali di rifornimento. Questa consisteva in una lama a V montata su una livellatrice stradale. Il resto dell'attrezzatura fu procurato da fonti civili e spesso dovette essere completamente revisionato e modificato prima di poter essere utilizzato.
Avevamo anche il vecchio affidabile bulldozer su cui ripiegare anche se non era del tutto adatto a questo tipo di lavoro. Con questa quantità limitata di attrezzature e i pochi genieri disponibili, il IV Corpo non poteva permettersi di creare centri per la neve permanenti come facevano altri corpi ed eserciti. Il programma del Corpo era lo stesso utilizzato per la riparazione stradale; vennero distribuite alle unità delle squadre con l'attrezzatura disponibile per la rimozione della neve. Quando la neve iniziò a cadere, le squadre abbandonarono i lavori che stavano facendo per la ricostruzione della strada e iniziarono a sgombrare la neve. Finalmente i genieri del Corpo poterono vantarsi che nessuna strada nel settore del Corpo era rimasta bloccata dalla neve abbastanza a lungo da impedire il movimento di rifornimenti essenziali o di truppe.
Il più grande ponte Bailey mai costruito dal IV Corpo d'Armata venne realizzato sul fiume Serchio a Borgo Mozzano. Nella frettolosa preparazione per fronteggiare l'atteso attacco nemico era fondamentale disporre di un ponte nelle vicinanze di Bagni di Lucca in modo che le riserve potessero essere spostate da una sponda all'altra del Serchio con una minima perdita di tempo. Il punto più stretto del fiume Serchio era vicino a Borgo Mozzano e qui, la notte del 25 dicembre, il ponte divenne operativo. I genieri lavorarono giorno e notte e il 27 dicembre avevano costruito un ponte Bailey da 4,5 metri a doppia-tripla capriata.

L'anno duro e amaro del 1944 passò alla storia e alla fine la Germania si stava difendendo disperatamente su tutti i fronti europei. Sul fronte occidentale, a Rundstedt rimanevano solo una piccola parte del terreno guadagnato nella costosa controffensiva delle Ardenne. A est i russi erano fermamente decisi a catturare Budapest e più tardi lanciarono una massiccia offensiva dalla Vistola che era destinata a portarli sul fiume Oder. Premuta da tre lati la Germania era quasi alla fine della sua corda. Su tutti i fronti europei stava per essere scritto il capitolo finale.

IL FRONTE INVERNALE

All'alba del 1945 sul fronte del IV corpo d'armata c'erano pochi visibili cambiamenti nella situazione che aveva prevalso negli ultimi due mesi del 1944. Nella parte orientale del settore del Corpo le posizioni erano all'incirca le stesse di quelle tenute il primo novembre. Nella metà occidentale del settore del Corpo era terminato l'attacco fallito degli elementi congiunti tedeschi e fascisti italiani nella Valle del Serchio e le nostre linee erano state ripristinate nelle posizioni tenute prima dell'inizio dell’attacco. L'inverno era con noi da un po' di tempo e gran parte delle linee del fronte era sepolta sotto una coltre di neve, in alcuni punti fino a una altezza di 50-60 centimetri. L'attività di pattuglia era limitata; il fuoco di artiglieria, sia da parte dei tedeschi che da parte nostra, era al minimo.
Il 1° gennaio si stimava che i tedeschi fossero in grado di difendere le proprie posizioni e di lanciare contrattacchi per ripristinare eventuali perdite di terreno; combattere in azioni di ritardo  verso posizioni successive risalendo verso la forte linea difensiva del fiume Adige, sul margine settentrionale della Pianura Padana, ai piedi delle Alpi; o lanciare un attacco su larga scala. Sebbene il nemico avesse rafforzato la sua forza sulla costa fino a un totale di nove battaglioni tedeschi e dodici italiani, che ancora costituivano una minaccia in quel settore, si riteneva molto probabile che si sarebbero accontentati di adottare la prima ipotesi e mantenere la loro linea attuale. Il 5 gennaio, la prima istruzione operativa del nuovo anno dispose la riorganizzazione della 5a armata in preparazione di future operazioni.

La decisione di attendere
Alla fine della prima settimana di gennaio, le operazioni offensive ancora attive dell'8a Armata furono interrotte a nord est di Faenza, quando il 15° Gruppo d'Armate decise di rinviare ulteriori importanti azioni offensive dei due Alleati all'arrivo della primavera. Per giungere a questa decisione vennero considerati numerosi fattori. Qualunque fosse l'intento del nemico nel suo attacco alla Valle del Serchio influenzò in una certa misura la decisione di posticipare ulteriormente qualsiasi attacco su larga scala. Per il 1° aprile ci si aspettava che sarebbero state disponibili nuove divisioni britanniche e americane e che diverse unità del nuovo esercito italiano ben addestrate ed equipaggiate dai britannici, sarebbero state pronte per il combattimento. Entro tale data sarebbe stato costituito un adeguato stock di riserva di munizioni; le principali unità di combattimento sarebbero state riequipaggiate e riposate; e non vi sarebbe stata la difficoltà nel prevedere le condizioni meteorologiche durante l'inverno.
Per il resto dell'inverno alla 5a Armata fu assegnata la missione di una difesa attiva. Il 9 gennaio, l’Armata pianificò degli attacchi su obbiettivi limitati per migliorare le nostre posizioni difensive; per mantenere il nemico a congetturare sulle nostre intenzioni finali e per fornire una migliore linea di partenza da cui lanciare l'offensiva primaverile, in seguito programmata verso l'inizio di aprile. L'ampia riorganizzazione dell'Armata, iniziato il 5 gennaio, proseguì per il resto del mese che trascorse relativamente tranquillo su tutto il fronte. Dalle nostre truppe e dal nemico furono effettuate solo poche incursioni di piccole dimensioni, per lo più progettate per ottenere prigionieri nemici. Diversi scontri violenti si verificarono lungo il fronte del IV Corpo d'armata nella Valle del Serchio e nel massiccio della collina Strettoia vicino alla costa quando le forze avversarie tentarono di assicurarsi locali punti di osservazione.

La maggior parte delle unità distaccate dal II Corpo, accorse verso il settore del IV Corpo durante l'attacco di Natale nella Valle del Serchio, vennero riportate al II Corpo. Il 6 gennaio la 136a Squadra di Combattimento Regimentale rientrò da Viareggio nel suo precedente settore sulla Strada Statale 65, dove tornò sotto il controllo della 34a Divisione di Fanteria; il giorno successivo la 366a Squadra di Combattimento Regimentale (della 92a Divisione di Fanteria), precedentemente assegnata al II corpo, si spostò nella zona del IV Corpo per unirsi alla sua unità madre e l'8 gennaio l'85a Divisione di Fanteria iniziò il movimento verso est per ricongiungersi al II Corpo.

logo 10 150xPer riequilibrare il IV Corpo per questi ritiri il 5 gennaio gli vennero assegnate le truppe fresche e non collaudate dell'86° Reggimento di Fanteria da montagna, i primi elementi ad essere pronti per il combattimento della 10a Divisione da montagna del Maggiore Generale George P. Hays.
Il giorno successivo questi specialisti nei combattimenti in montagna furono posti sotto il comando della Task Force 45 e il 9 gennaio sostituirono il 434° e il 900° Battaglione di Artiglieria Anti Aerea e il 39° Reggimento Anti Aereo Leggero britannico nella zona di montagna al centro del settore del Corpo. I due battaglioni americani rilevati furono spostati dall'area per entrare successivamente a far parte della nuova 473° Reggimento di Fanteria. Il 10 gennaio, in seguito al ritorno della 365° Reggimento di Fanteria nella sua area, la 92a Divisione assunse il controllo del settore della Valle del Serchio, consentendo alla 8a Divisione Indiana di trasferirsi nel campo di riposo nei pressi di Pisa. Dieci giorni dopo, il secondo reggimento della 10a Divisione da montagna, l'85° Reggimento di Fanteria da montagna, venne assegnato alla Task Force 45 e il 28 gennaio il resto della divisione fu spostato nell'area. L'intera divisione divenne così disponibile; tuttavia, per volontà del controspionaggio, rimase nota come Task Force 45.

Una Weasel o Donnola M29Entro la fine di gennaio le posizioni del IV Corpo erano composte dalla 92a Divisione di Fanteria, dalla Task Force 45 (10a Divisione da montagna) e dalla 1a Divisione di Fanteria della Forza di Spedizione Brasiliana. Durante tutto il mese le nostre truppe migliorarono e consolidarono le loro posizioni, costruendo una serie di linee di difesa secondarie e contemporaneamente si prepararono per l'offensiva primaverile. L’Armata assegnò una fornitura di racchette da neve, slitte e sci che furono distribuiti alle unità per aiutarle a superare le forti nevicate in montagna.
Circa 60 Weasel [Donnole – piccoli cingolati per trasporto rifornimenti e truppe] (M-29) furono inviate in dotazione al Corpo; la quota maggiore di queste venne assegnata alla Task Force 45 per essere utilizzata dalle unità della 10a Divisione da Montagna. Gli stanziamenti di munizioni furono rigorosamente rispettati e anche le quantità già assegnate non furono completamente spese al fine di poter accumulare una consistente riserva.

La 10a Divisione da Montagna si sposta in linea
La mattina presto del 23 dicembre, l'86° Reggimento di Fanteria da Montagna sbarcò nel porto di Napoli. Con ciambelle e caffè caldo sotto le loro cinture, gli uomini si ammucchiarono sui camion per dirigersi verso l'area di sosta a Bagnoli, a nord di Napoli. Non si erano ancora sistemati e pensare a come trascorrere il giorno di Natale a Napoli quando ricevettero l'ordine di prepararsi per un trasferimento nell’area di combattimento del IV Corpo. Il 31 dicembre il reggimento si trasferì a Quercianella per alcuni addestramenti dell'ultimo minuto. Fu qui che si verificò la prima tragedia della divisione quando una S-mine esplose nell'area di addestramento. Le vittime, otto morti e quattro feriti, avvennero il giorno prima che il reggimento fosse aggregato al IV Corpo per un immediato utilizzo in linea.
L'8 gennaio 1945 l'86° Reggimento di Fanteria partì da Quercianella in camion e si spostò nel settore della Task Force 45 dove doveva essere impiegato. Man mano che il personale si avvicinava, per dare il cambio ai battaglioni antiaerea che tenevano la linea, il movimento delle truppe e delle attrezzature su camion divenne sempre più difficile. In molti casi lo spostamento con camion era fuori discussione, quindi, per molti chilometri innevati, il viaggio venne fatto a piedi.
Le truppe di fanteria addestrate per la montagna si resero conto per la prima volta che il terreno era altrettanto accidentato e il clima altrettanto freddo come nelle austere Montagne Rocciose che circondavano Camp Hale.

Il 9 gennaio, il Generale di Brigata Robinson E. Duff, assistente del Comandante di Divisione della 10a Divisione da montagna, subentrò al comando della Task Force 45, e l'86° Regimento di Fanteria passò direttamente sotto il suo controllo. Il 2° Battaglione dell’86° Reggimento di Fanteria, rilevò le unità del 39° Reggimento Antiaerea Leggero e del 434° Battaglione di Artiglieria Antiaerea, nelle vicinanze di Cutigliano, Ontoni e Vizzanetta. Anche il 3° Battaglione si mosse immediatamente in posizione, rilevando elementi delle stesse unità, nelle zone limitrofe a Bagni di Lucca, La Lima, San Marcello, Maresca e Corsigna. Il 1° Battaglione completò le fasi finali di subentro quando si trasferì nelle posizioni occupate dal 900° Battaglione di Artiglieria Antiaerea, sulla destra. Così il 1° Reggimento della 10a Divisione da montagna, fresco e desideroso di apprendere il combattimento vero e proprio, si spostò in posizioni di battaglia per farsi le prime impressioni su come fosse essere "laggiù".
Il primo giorno di combattimento si concluse con le pattuglie che stabilirono il contatto con le unità adiacenti. Passare in 17 giorni dall'amaca di una nave a una tana di volpe bordata di neve, sugli alti Appennini, fu sicuramente un brusco passaggio per il soldato da montagna. Dopo le sostituzioni, il 39° Reggimento Antiaereo Leggero si trasferì a Pistoia per lo scioglimento. A causa della continua assenza dell'aviazione tedesca, la 5a Armata fu in grado di effettuare la riconversione delle numerose unità antiaeree in altre specializzazioni. Il 434° e il 900° Battaglione di Artiglieria Antiaerea si trasferirono a Montecatini per la conversione in fanteria ed entrarono a far parte del nuovo 473° Reggimento di Fanteria. Verso mezzogiorno del 10 gennaio gli alpinisti provarono la sensazione provocata dall'udire per la prima volta il gemito e lo schianto del fuoco dell'artiglieria nemica.

Queste truppe appresero molto in un brevissimo periodo di tempo. Ad esempio, le pattuglie inviate in ricognizione sul fronte tornarono con rapporti in cui si evidenziava che muoversi era estremamente lento e faticoso a causa delle forti nevicate e che erano essenziali le racchette da neve e gli sci. Le pattuglie inviate il 13 gennaio vennero attrezzate di conseguenza. Il 16 gennaio, leggermente a nord di Ontoni, si verificò il primo grande scontro a fuoco vissuto dal reggimento. Poco prima dell'alba una pattuglia venne fermata in una curva della strada da un gruppo nemico che aprì il fuoco; dopo aver illuminato la scena con razzi e un breve scambio di colpi, il nemico si ritirò.

Il 21 gennaio, l'85° Reggimento di Fanteria da montagna della 10a Divisione da montagna arrivò nella zona per aumentare ulteriormente la forza al comando del Generale Crittenberger. Lo stesso giorno venne aggregato alla Task Force 45 e il 1° Battaglione rilevò elementi dell'86° Fanteria nel settore Bagni di Lucca. Il 2° Battaglione si era spostato nelle vicinanze di Prunetta per impegnarsi in ulteriore addestramento e acclimatamento e il 3° Battaglione si era spostato nelle vicinanze di San Marcello come riserva della Task Force 45. Il movimento di queste unità fu coordinato senza intoppi e il loro arrivo fu accolto con profonda soddisfazione al Posto di Comando del IV Corpo a Lucca poiché il corpo era in fase di rafforzamento.

Il 20 gennaio, l'87° Reggimento di Fanteria, il terzo reggimento della 10a Divisione da montagna, era in un'area di raccolta a Villa Colli, a nord-ovest di Lucca. Qui si addestrò e fece i preparativi per il subentro all'86° Reggimento di Fanteria da montagna, che sarebbe stato portato a termine entro le due settimane seguenti. Mentre era in zona venne designato come riserva di corpo. Quella notte, a causa delle segnalazioni di un'altra possibile ricognizione tedesca in forza nella Valle del Serchio, il Reggimento ricevette l'ordine di allerta per un possibile impiego.
Furono preparati in fretta cinque piani di contrattacco in modo che l'unità fosse pronta per ogni evenienza ma non accadde nulla. L’unità era accreditata una capacità di movimento uniformemente fluido come le altre due e impressionò ulteriormente il personale del IV Corpo per via l'alto calibro della Divisione.
Durante il periodo a Villa Colli fu posto l'accento sull’addestramento a livello di compagnia e sull'adattamento di tale tipo di unità a scopi di ricognizione. Di particolare valore fu l'addestramento al combattimento ricevuto dai mortaisti, dai cecchini e dagli artiglieri dei 75 mm. Il 27 gennaio i mortai da 81mm si affiancarono al 92° Divisione di Fanteria per fare esperienza pratica nelle missioni di fuoco in linea. In un caso ricevettero una chiamata di emergenza per fuoco di mortaio e l'equipaggio rispose immediatamente, entrò in azione e registrò un tiro preciso su una possibile pattuglia tedesca. Gli artiglieri dei 75 mm ricevettero un addestramento simile, per una sezione quasi troppo perché ricevette un pesante fuoco di controbatteria dal nemico. Un risultato degno di nota di questo periodo di addestramento per l'87° Reggimento di Fanteria da montagna fu la condivisione delle responsabilità individuali dagli elementi di grado più alto a quelli più bassi.

Entro il 28 gennaio vennero completate le fasi finali dello spostamento in prima linea delle ultime unità della divisione. Il Maggiore Generale George P. Hays, Comandante della Divisione, con il proprio staff al completo, assunse il comando della Task Force 45, sostituendo il Generale Duff. L'istituzione nello stesso giorno del Posto di Comando della divisione a Campo Tizzoro completò la fase di spostamento della 10a Divisione da Montagna in combattimento. La Divisione era l'unica dell'Esercito degli Stati Uniti organizzata principalmente per i combattimenti in montagna e circa un quarto del suo personale aveva già prestato servizio nelle isole Aleutine.
La principale distinzione tra la divisione da montagna e una divisione di fanteria standard stava nei suoi mezzi di trasporto che consistevano quasi interamente in colonne di cavalli e muli da soma; nella sua artiglieria, composta da soli tre battaglioni di obici trasportabili [smontabili e trasportabili sui muli] da 75 mm e comprendeva un battaglione anticarro e un battaglione rifornimenti. Il personale era stato formato specificatamente per le operazioni in montagna; nell'addestramento erano stati inclusi l’addestramento della scalata in montagna e l'uso di sci e racchette da neve.

pattuglia10a 300xL'attività principale della 10a Divisione da montagna nel settore della Task Force 45 consisteva nel mantenere un pesante schermo di pattugliamenti, possibilmente su tutto il fronte. Per citare tra l’altro ulteriori lezioni apprese, la neve che ricopriva questa porzione di Appennino rivelò molte cose alle truppe di montagna: per esempio, che la crosta sotto lo strato di neve farinosa si sfondava facilmente sotto il loro peso con un suono scricchiolante che ne rivelava la presenza alle postazioni di ascolto nemiche e alle pattuglie attive; che a volte una fitta nebbia e basse nuvole sospese limitavano l'osservazione a distanze molto brevi. Per dare un quadro degli elementi metereologici che dovettero essere combattuti riportiamo una citazione diretta da un messaggio di un capo pattuglia: "Vento molto forte. Al mattino presto visibilità scarsa. Disperato bisogno di ramponi e piccozze. È necessaria molta pulizia delle armi dal ghiaccio e neve. Abbiamo bisogno di foderi di protezione. L’uso della carabina è incerto". C'era molto di più di quanto si potesse immaginare in questo messaggio, perché in realtà la neve fredda sulla montagna congelò, a volte, i fucili M-1 e le mitragliatrici. Agendo in base a questi rapporti, la Sezione Armamenti del IV Corpo indagò e scoprì che i membri delle pattuglie, così equipaggiati, spesso conficcavano le loro armi nella neve, durante le ripide salite delle montagne, facendo sì che la neve stessa si accumulasse attorno al meccanismo dell’otturatore, inceppandolo e rendendo così le armi non funzionanti.
L'86° Reggimento di Fanteria fu il primo a migliorare il metodo di trasporto dei rifornimenti sui sentieri di montagna innevati. Convertirono le slitte a mano in slitte trainate da muli raddoppiando quindi la capacità di un mulo da soma. Per la fine del mese l'unità appena arrivata aveva i piedi per terra, e fu completamente orientata nel suo nuovo ambiente e pronta per operazioni all’altezza della Divisione.

La Task Force 45 viene sciolta – “Un lavoro ben fatto”
Quando la 10a Divisione da montagna entrò nel IV Corpo, con il primo mese del nuovo anno, la Task Force 45 uscì dalla campagna. Quando il Generale Hays assunse il comando della Task Force 45 alle 06:00 del 28 gennaio, il suo Quartier Generale rilevò i compiti del Quartier Generale della Task Force 45, sostituendo anche la batteria di artiglieria del Quartier Generale, la 45a Brigata di Artiglieria Antiaerea, che venne trasferita a Limestre per lo scioglimento.

Il Task Force 45 era stata un misto di artiglieri dell’antiaerea americani e britannici convertiti in fanteria oltre a partigiani italiani, brasiliani, altra fanteria e forze corazzate americane. La sua artiglieria erano i loro cannoni antiaerea, i cannoni dei carri armati, dei caccia carri e le armi catturate ai tedeschi. I suoi genieri furono per lo più civili italiani che non avevano paura di lavorare al suono di cannoni e che costruivano bene. Ottenne molto con poco. Soldati britannici addetti all’antiaerea che avanzavano con la copertura di carri armati americani, la copertura di fuoco di mortaio americano dalle retrovie, i genieri americani che sminavano davanti e agli Yankee che si arrampicavano fuori dalle loro trincee con l’artiglieria britannica che sparava dalle retrovie, con partigiani italiani dalla loro parte e con i brasiliani sui fianchi, insegnarono che popoli diversi possono combattere bene insieme per una causa comune.

Durante le sue operazioni, dal luglio del 1944 al gennaio del 1945, alla Task Force 45 vennero assegnati, in tempi diversi, da 3.000 a 8.000 uomini da oltre 56 diversi tipi di unità miste. Aveva coperto un fronte da 20 a 40 chilometri, sia in montagna che nella pianura costiera, ed aveva spostato in avanti il suo fronte iniziale di 32 chilometri dalla linea del fiume Arno alla Linea Gotica e al Canale Cinquale. Subì 650 perdite: 87 morti, 452 feriti e 111 dispersi.

Il 12 febbraio, il Generale Crittenberger decorò il Colonnello Gerald G. Gibbs, ufficiale comandante della 45a Brigata di Artiglieria Antiaerea, con la Legione al Merito, e, dopo aver elogiato l'unità, annunciò il suo scioglimento come indicato nell’ordine generale n. 15 datato 11 febbraio 1945, del Quartier Generale della 5a Armata. La task force da lui comandata era tenuta in grande stima dal Generale Crittenberger e dal suo staff, poiché in realtà si trattava di un'unità del IV Corpo, che era stata formata dal IV Corpo quando le truppe di fanteria erano scarse. Era stata modellata in un'unità combattente che riempiva in pieno un'enorme lacuna della linea, il suo lavoro era completato.

La pelle d’oca dei tedeschi a gennaio
Se era freddo e disagevole per le truppe del IV Corpo, le conseguenze del tempo metereologico erano senza dubbio due volte più spiacevoli per il nemico. I prigionieri raccolti nelle vicinanze di Molazzana, riferirono che l'attacco di Natale aveva permesso loro di raccogliere un bottino di molti indumenti americani che le truppe tedesche e italiane furono costrette a indossare per integrare il proprio. Venne riferito, ma mai confermato, che alcune di queste uniformi fossero utilizzate per equipaggiare agenti che avrebbero potuto quindi circolare liberamente dietro le nostre linee sotto le spoglie di soldati americani.

All'inizio del mese i prigionieri civili e italiani delle unità della Repubblica Fascista Italiana confermarono il sospetto che le truppe tedesche nella Valle del Serchio spingessero i loro alleati sacrificabili, gli italiani, in posizioni avanzate mentre si godevano la relativa sicurezza delle retrovie. Fino al 9 gennaio ci furono molte speculazioni sulla posizione dell'abile 4° Battaglione da montagna tedesco e la scoperta di due cadaveri di questa unità, leggermente a nord-est del Monte Belvedere, indicava che in quell’area c'erano loro elementi in linea. Tuttavia, da informazioni successive, risultò che questa unità si trovava nella zona più montuosa, in prossimità dell'Abetone, molto più a ovest. Per tutto il mese di gennaio la disposizione delle truppe nemiche non subì grandi cambiamenti.
Sul fianco costiero, a sud di Massa, le truppe tedesche del 281° Reggimento della 148a Divisione di Fanteria si ancorarono a quell'estremità della linea. A est di lì, gli innevati Monte Altissimo e Grottorotundo furono occupati dalle truppe italiane delle Divisioni Monte Rosa e San Marco, che sopportarono i rigori del freddo mentre le truppe tedesche del resto della 148a Divisione di Fanteria sedevano nella più confortevole Valle del Serchio. A est della valle, dove le montagne di quasi 1800 metri si innalzavano ad altezze spazzate dalla tempesta, il nemico diradò le sue truppe e mantenne questa parte del fronte con il 232° Battaglione Fucilieri.
Sul resto del fronte, che si estendeva verso est fino alla Statale 64, i tre reggimenti della 232a Divisione di Fanteria e del 267° Reggimento della 94a Divisione di Fanteria tedeschi, alternandosi frequentemente dalle trincee alle aree di sosta, mantennero una gelida veglia. Anche il nemico aveva adottato lo schema di convertire in fanteria altri rami, le cui missioni erano diventate relativamente poco importanti in questa fase della campagna. Un disertore tedesco, che attraversò la linea nel settore costiero, raccontò del trasferimento di 700-800 uomini di un'unità antisommergibile, la 22ª Flottiglia di Torpediniere, all'addestramento di fanteria a La Spezia e come guardia portuale a Genova. In considerazione di quei metodi grossolani, il calibro delle truppe della guardia costiera non venne implementato ma d'altra parte il nemico non era particolarmente preoccupato che potessimo avere intenzioni offensive le quali potevano implicare un'operazione di sbarco. Attorno al 20 gennaio le dichiarazioni dei disertori della Divisione Italia, della Repubblica Fascista Italiana, che si trovava nell'Italia nord-occidentale come parte della guardia del confine italo-francese, indicarono la possibile intenzione tedesca di impiegare quella divisione nella sezione occidentale della linea. I prigionieri che avevano disertato ai partigiani nelle vicinanze di Aulla, mentre la Divisione Italia era ancora molto indietro, preannunciarono un flusso costante di disertori. Il G-2 del Corpo aveva raccolto informazioni sufficienti per mettere insieme uno schizzo biografico completo di queste unità fasciste della Repubblica Italiana, inserito nell'appendice del Rapporto periodico quotidiano, le informazioni furono fornite a tutti i subordinati durante una riunione. Queste erano le uniche formazioni fasciste che Benito Mussolini poteva radunare per difendere la sua Repubblica Italiana appena organizzata. La maggior parte degli uomini non erano affatto volontari ma si arruolarono perché non avevano nessuna altra alternativa.
Per giustificare il suo spettacolare salvataggio da parte dei paracadutisti a Roma, all'epoca l'Italia era capitolata agli Alleati, e come misura di apprezzamento per la protezione benevola da parte di Hitler, Mussolini lavorò febbrilmente e duramente per riunire queste unità inesperte che diedero comunque un modesto contributo alla guerra dell'Asse. I disertori di queste divisioni italiane parlarono di un trattamento duro e offensivo da parte dei loro co-belligeranti tedeschi. La maggior parte dei battaglioni era composta da ufficiali tedeschi come supervisione e sottufficiali, i quali minacciavano che, in caso di diserzioni, sarebbero state prese misure drastiche nei confronti delle famiglie dei disertori. Questo fattore era un'arma potente nelle mani dei tedeschi, perché i soldati italiani, le cui case erano nel nord Italia, temevano le rappresaglie naziste sui loro cari. Tuttavia, coloro che non avevano famiglia o avevano legami distanti con parenti, non esitarono ad approfittare della vicinanza delle nostre posizioni in prima linea per gettare i fucili nella neve e arrendersi alle condizioni stabilite dai lasciapassare "Safe Conduct" della 5a Armata. Raccontavano di aver visto manifesti su bacheche che minacciavano di morte il resto di una squadra se uno dei suoi compagni avesse ritenuto opportuno disertare.
Non si è mai saputo se questo metodo spietato ma persuasivo venisse applicato, in ogni caso i soldati italiani continuavano a comparire davanti ai nostri avamposti per arrendersi o si univano ai partigiani sulle colline. Dei 92 italiani presi prigionieri a gennaio e appartenenti alle Divisioni Italia, Monte Rosa, San Marco e altre unità della milizia italiana, 74 di loro erano veri e propri disertori.

Le retrovie tedesche
I tedeschi furono costretti a fare i conti con una notevole quantità di tumulti molto indietro rispetto alla loro prima linea. I partigiani italiani erano ben organizzati per impegnarsi in vaste operazioni di sabotaggio contro il sistema di rifornimento nemico. Le attività di questi partigiani furono incoraggiate da speciali unità alleate istituite appositamente per contattare i partigiani, per dirigere la loro campagna contro le installazioni tedesche e per fornire loro consiglieri militari addestrati.
Gli agenti britannici e americani furono fatti passare attraverso le linee o lanciati con il paracadute nelle aree occupate dai partigiani. Grandi quantità di armi leggere, munizioni ed esplosivi furono sganciate dagli aerei da trasporto Alleati in valli remote. Le uniformi britanniche e americane furono inviate alle bande di patrioti per essere usate il giorno in cui sarebbe stata ordinata una rivolta organizzata contro i tedeschi. A dicembre queste attività avevano raggiunto proporzioni tali che il nemico fu costretto a iniziare un deciso tentativo di ripulire la situazione. Elementi di parecchie divisioni, compresa l'intera 162a Divisione Granatieri Turkmena, reputata inaffidabile in battaglia, erano impegnate in questo programma. Furono effettuati attacchi accuratamente pianificati contro le roccaforti partigiane. Il modello generale seguito fu l'istituzione di un assedio, seguito da una politica mirata ad affamare e tagliare fuori le varie bande.
Vennero prese misure severe. I tedeschi rifiutarono di riconoscere i partigiani come soldati ai sensi del diritto internazionale e giustiziarono molti di quelli catturati. Le persone che avevano stretto amicizia o sostenuto i guerriglieri a volte venivano giustiziate ma più spesso venivano inviate ai lavori forzati in Germania. Alcune delle unità italiane impiegate nella caccia ai partigiani erano di scarsa utilità a causa dell'alto tasso di diserzioni; per esempio, alla fine di novembre del 1944 la Divisione Alpina Monte Rosa aveva perso più di 6.000 uomini che avevano disertato. Molti di questi fuggitivi si unirono ai partigiani, altri indossarono abiti civili e si nascosero.

La campagna della carta
È opportuno menzionare i volantini di propaganda che riempivano gli appositi proiettili di amici e nemici i quali fischiavano da una parte e dall’altra delle linee; un nuovo metodo per tentare di ottenere l'esaurimento della resistenza dell'altro senza spargimento di sangue. Il metodo era meglio conosciuto come guerra psicologica. Si può tranquillamente affermare che i nostri volantini furono i più persuasivi e, come già accennato, i soldati italiani approfittarono prontamente dei lasciapassare "Safe conduct". Quando venivano confermate le identificazioni delle unità italiane fasciste che erano opposte al IV Corpo d'Armata, venne immediatamente messo a disposizione dell'artiglieria un numero di granate propagandistiche con cui inondare le unità italiane. Si sapeva che la guerra ormai non interessava i soldati italiani coscritti e si credeva che avrebbero colto la prima offerta disponibile per disertare dai loro insultanti alleati tedeschi che guardavano al soldato italiano con disprezzo e scherno.

Tuttavia, i tedeschi non esitarono a saturare gli italiani con il loro flusso di propaganda, affermando che le truppe americane di colore li avrebbero uccisi a vista, o che sarebbero stati spediti in America per i lavori forzati per non tornare mai più, o che sarebbero stati consegnati ai russi come schiavi per lavorare nelle miniere della Siberia. Migliaia di lasciapassare "Safe Conduct" stampati in italiano furono lanciati sulle linee all’interno di proiettili di artiglieria o lanciati da un aereo sulle posizioni delle Divisioni italiane San Marco e Monte Rosa. Gli osservatori in prima linea notarono che quando i proiettili esplodevano e i volantini inondavano il paesaggio, le truppe italiane uscivano di corsa dalle loro buche e postazioni, le raccoglievano e si precipitavano indietro altrettanto rapidamente. C'erano ordini da parte nostra di non sparare contro di loro per timore che le nostre offerte di diserzione venissero negate dai nostri proiettili. Gli italiani sapevano anche che non avremmo sparato, perché era divenuta una pratica abituale. I disertori italiani raccontavano come i soldati combattevano per questi pass e li custodivano gelosamente anche se era quasi certa la morte per mano dei tedeschi se uno di loro ne veniva trovato in possesso. I risultati furono sorprendenti. Non molto tempo dopo la fine di un cannoneggiamento o del bombardamento cartaceo, i nostri avamposti venivano allertati dal movimento di fronte a loro solo per apprendere che si trattava di un disertore italiano o di un gruppo di italiani che chiedeva la resa secondo i termini del lasciapassare "Safe Conduct".

Di seguito un esempio del lasciapassare "Safe Conduct" con cui molti italiani erano soliti arrendersi:

Safe conduct.300xSAFE CONDUCT - (In inglese)
PRESENTANDO QUESTO PASS, IL PORTATORE O I PORTATORI INDICANO CHE STANNO ABBANDONANDO LA LOTTA CONTRO GLI ALLEATI. PORTATE LUI O LORO IN SICUREZZA.

SAFE CONDUCT - (Scritto in italiano)
QUESTO LASCIAPASSARE VI ASSICURA UN PASSAGGIO SICURO ATTRAVERSO LE NOSTRE LINEE. METTETEVI D'ACCORDO TRA VOI. ENTRA IN POSSESSO DI UN VOLANTINO. BASTA UNO PER TUTTO IL GRUPPO. VENITE IN GRUPPI DI NON PIU DI 5 O 6. PORTATE LE ARMI ABBASSATE VERSO TERRA E NON COME SE INTENDATE USARLE. ALLONTANATEVI DURANTE LA NOTTE. IL TERRENO È FAVOREVOLE. L'OSCURITÀ DÀ COPERTURA. RAGGIUNGETE LE NOSTRE LINEE AL TRAMONTO O PIU’ TARDI, NON PRIMA. AVVICINATI ALLE NOSTRE LINEE CON FRANCHEZZA, PORTANDO UN PANNO BIANCO O UN FAZZOLETTO O IL LASCIAPASSARE. CHI HA IL VOLANTINO DOVREBBE GUIDARE IL GRUPPO. LE NOSTRE TRUPPE VI ASPETTANO E VI PORTERANNO AL SICURO. SARETE BEN TRATTATI. SBRIGATI. I TEDESCHI HANNO GIÀ DECISO DI RITIRARVI E DI INTERNARVI IN CAMPI DI CONCENTRAMENTO. VIENI SUBITO.

I tedeschi, in molti anni di pratica, furono abili nell'uso di guerra psicologica ma per qualche ragione i loro numerosi volantini, sexy, divertenti e altro, non riuscirono ad impressionare le nostre truppe. Provarono molti punti di vista. Ai brasiliani lanciavano volantini colorati volti a fomentare il malcontento per i legami che avevano con gli Alleati. Uno dei fumetti dai colori vivaci raffigurava il presidente Roosevelt come un'aquila feroce, con i suoi artigli affilati che afferravano minerali, caffè e petrolio per portarli fuori dal Brasile; sul retro c'era scritto in portoghese:

BRASILIANIVolantino Brasile
 Il tuo meraviglioso paese è il più ricco del mondo.
Perché non estrai petrolio?
Gli americani non vogliono che tu lo faccia.
Perché non puoi vendere caffè?
Gli americani non vogliono che tu lo faccia.
Perché in Brasile produci così poca gomma?
Gli americani non voglio
no che tu lo faccia.
Perché l'esplorazione mineraria non è più sviluppata?
Gli americani non vogliono che tu lo faccia.
Gli americani vogliono prendersi cura del Brasile affinché il loro i capitalisti possano sfruttare la ricchezza della tua terra.
Per questo, tu, il miglior soldato del Brasile, sei stato inviato dal Brasile a morire in Europa e non tornare mai più nel tuo paese.

Questi furono utilizzati dai soldati brasiliani sia come combustibile per le stufe, nei loro improvvisati rifugi invernali, o per altri scopi che non possono essere qui menzionati. Agli americani venne lanciato un flusso di volantini di ogni tipo. Un tipo raffigurava una bellissima bionda con gli occhi azzurri e le labbra color rubino, che sorrideva contenta tra le braccia del suo grazioso G. I. innamorato e in basso c'era la scritta "VIVERE PER LEI". Dall'altro lato c'era la faccia ghignante di Stalin che guardava un cumulo di sporcizia sopra il quale era posato un elmo americano contorto e sotto il mucchio di detriti sporgevano le scarpe da combattimento di un soldato americano. Su questo lato era stato stampato: "O MORIRE PER LUI".
Altri erano intrisi di sottile propaganda che sapeva di antisemitismo, con l'affermazione che il soldato era al fronte a morire per gli ebrei a casa. Alle truppe della 92a Divisione di Fanteria venne indirizzato un volantino sulla discriminazione che mostrava due civili di colore che venivano fatti uscire con la forza da una chiesa bianca di New York a causa del loro colore. Il tono generale di questi volantini castigava il nostro governo per aver consentito la discriminazione e informava i soldati di colore che in Germania non esisteva nulla di simile.

Volantino frontpostIl nostro miglior foglio di propaganda era basato sul giornale "Frontpost", lanciato ai tedeschi dai nostri aerei. Era un settimanale stampato appositamente per l'informazione alle truppe tedesche. La sua efficacia si basava sui racconti veritieri riguardanti l’andamento della guerra. Il soldato tedesco di Berlino, che non aveva notizie della sua famiglia da mesi e che avesse raccolto furtivamente uno dei giornali "Frontpost" leggendo che i russi erano alle porte di Berlino, dovette trasalire, perché le notizie di tali rovesci tedeschi non circolava liberamente dall'Alto Comando tedesco (si apprese che il prezzo raggiunto di un "Frontpost" nelle linee tedesche, in Italia era notoriamente essere di un marco, valore prebellico circa trenta centesimi).

Oltre a questa campagna cartacea, i tedeschi, attraverso le onde radio, diffusero un flusso continuo di propaganda da parte di personaggi illuminanti di lingua inglese come il britannico Lord Haw-Haw, Ezra Pound, l'Americano o l'Axis Sally dalla stazione di Milano. La più divertente fu Axis Sally, perché la sua musica americana moderna, il jazz e le battute erano in vero stile americano. Le nostre truppe furono libere di ascoltare questi intrattenimenti per quello che erano. Ci chiedevamo tutti che aspetto avesse Axis Sally: la sua voce era scherzosamente femminile e il modo in cui faceva le fusa sopra le onde radio faceva pensare a una ragazza attraente e formosa.

Posto di comando a Lucca
Quando il personale del Quartier Generale del IV Corpo d'Armata si ammassò su camion e jeep per uscire dalle montagne, lasciare Taviano e stabilirsi a Lucca, per alcuni erano in corso i preparativi di una cena a base di tacchino e per quelli sfortunati le razioni C sarebbero state la loro festa di Natale.
Le sezioni G furono spostate nelle spaziose sale da pranzo e camere dell'enorme palazzo Massarosa, nel centro della città di Lucca. Le ali di questo palazzo si snodavano intorno ad un ampio cortile, dove erano parcheggiati i rimorchi e i furgoni del Comando Generale e alcuni membri del personale. Nella stanza dove operava la Sezione G-3 c'erano grandi dipinti con una cornice dorata. Su un lato della stanza, un caldo fuoco scoppiettava in un camino di pietra insolitamente grande e proiettava ombre rosse e tremolanti sui tabelloni della mappa, sul lato opposto della stanza.
Dei tronchi erano ammucchiati vicino. I moderni fili telefonici tesi frettolosamente nella stanza e le cartine delle mappe appoggiate alle pareti sminuivano l'antica atmosfera di muffa che aveva permeato il palazzo prima che il IV Corpo vi si trasferisse. In quel frenetico giorno e notte di Natale, il Colonnello Curtis, il Tenente Colonnello Maulsby, il Tenente Colonnello Pond e il Maggiore Hamilton erano troppo occupati per prendere nota del loro nuovo ambiente.
Uno era sempre al telefono a prendere messaggi, i telefoni squillavano incessantemente; altri studiavano attentamente le mappe e lavorarono su varie piantine per affrontare la minaccia del Serchio. Zaini e biancheria da letto erano sparsi per le diverse parti della stanza, perché non c'era stato tempo per il Sergente Maggiore Lutero, addetto capo, di "mettere in ordine la casa". Il Sergente Alan Mitchell, Disegnatore della Sezione, era alacremente impegnato a fare uno schizzo sovrapposto ad una mappa per accompagnare il rapporto sulla situazione del G-3 per la mattina successiva. In quel primo giorno a Lucca erano tutti impegnati. In quella stanza era riflessa la tensione derivante della situazione del Serchio. Alla fine, il 27 dicembre, quando l'ondata tedesca fu fermata dall'8a Divisione Indiana, le espressioni pallide sulle facce smunte degli ufficiali e degli uomini erano un avvertimento che il sonno era ormai una necessità. Quando la situazione fu di nuovo sotto controllo e la linea fu ristabilita, il lavoro rallentò.
Ci fu poco tempo e la pressione era stata forte, ma Livorno non fu persa. Da quel momento il Sergente Maggiore Lutero ebbe l'opportunità di stabilire un certo ordine nella Sezione. Riorganizzò la disposizione dei tabelloni delle mappe improvvisate e, per il resto del tempo, i telefoni e la sezione funzionarono normalmente dalle 16 alle 18 ore al giorno con un ufficiale e un impiegato in servizio.
A gennaio, dopo che la linea di montagna tornò tranquilla, entrambe le parti si accontentarono di tornare a sonnecchiare e di attendere l'arrivo del clima più caldo e della primavera. Il personale del IV Corpo d'armata approfittò della tregua e nel tempo libero si guardò intorno per la città di Lucca.
Lucca era una città antica e pittoresca e la temperatura non era mai veramente fredda e qualsiasi quantità di neve cadesse era una grande novità. Il tepore dei raggi di sole in pieno inverno veniva spiegato dal fatto che questo capoluogo della provincia di Lucca, riparato nella valle dell'Arno, si trovava a soli 19 metri sul livello del mare.
Quando i soldati camminarono per le strade strette si resero conto che queste antiche arterie, larghe abbastanza per una jeep o poco più, parlavano loro dal profondo passato. La Polizia Militare, di stanza alle quattro porte dell'alto muro che proteggeva la città, svolsero gli stessi compiti delle sentinelle della città, nel 1645. Al mattino presto e in diversi momenti della giornata, le campane delle sue numerose chiese risuonavano rumorosamente in tutta la città e sulla campagna circostante. La città aveva moltissime chiese, molte delle quali marcatamente di tipo basilicale, con esterni riccamente decorati, fini estremità absidali e campanile quadrangolare, in alcuni casi con cime merlate e con finestre che aumentavano di numero con l'aumentare dell'altezza. Avevano seguito lo stile pisano. Ogni giorno i soldati e gli ufficiali camminarono avanti e indietro attraverso la piazza di pietra davanti alla cattedrale di San Martino diretti a mangiare. Mentre si avvicinavano a questa antica reliquia, pochi si resero conto che questa alta chiesa era stata iniziata molto prima che Colombo scoprisse l'America. Questa enorme cattedrale fu iniziata nel 1060 d.C. dal vescovo Anselmo che in seguito divenne Papa Alessandro II. Per quasi due mesi il IV Corpo d'Armata visse in una città che era entrata a gomitate nella storia fin dal 218 a.C. A quel tempo uno degli imperatori romani, Sempronio, con il suo malconcio esercito si ritirò in città dopo la sua sconfitta a Trebbia, per mano di Annibale. Ce lo dice anche la storia che Giulio Cesare, nel 56 a.C., qui tenne la sua famosa conferenza con Pompeo e Crasso. Non sapeva allora che il fato aveva già segnato il suo destino al Senato romano. A Lucca e per le stesse viuzze sulle quali scorrevano le jeep del IV Corpo, un tempo rombavano i carri romani a due ruote.
stazione Lucca300xSu queste stesse strade marciarono i saldali delle Legioni Romane, Lucca era allora, come oggi, il punto d'incontro delle strade verso gli antichi insediamenti romani di Florentia (Firenze), Parma, Luna [Colonia Romana fondata nel 177 a.C. alle foci del fiume Magra, come avamposto militare nella campagna contro i Liguri Apuani] e Pisa. L'antica Lucca subì la sua parte di saccheggi e venne privata di parte del suo territorio ma ciononostante si presentò come importante città e fortezza ai tempi di Narsete [Generale Bizantino], che la assediò per tre mesi nel 553 d.C.
Lucca è intrisa di una storia di tumulti che presenta ai ricercatori di storia antica una ricchezza infinita di argomenti. Sotto i Longobardi era la residenza di un Duca o di un Marchese e aveva il privilegio di una zecca. Una moneta coniata a Lucca è oggi di inestimabile valore per i collezionisti di monete di tutto il mondo.
I Duchi estesero gradualmente il loro potere su tutta la Toscana ma dopo la morte della celebre Matilde la città, intorno al 1160, si costituì come comunità indipendente. Ecco un indizio di quante volte Lucca è passata di mano. "Occupata dalle truppe di Ludovico di Baviera, venduta a ricchi Genovesi, presa da Giovanni re di Boemia che la concesse ai Rossi di Parma poi ceduta a Martino della Scala di Verona, venduta ai Fiorentini, ceduta ai Pisani, liberata nominalmente dall'Imperatore Carlo IV e governata dal suo Vicario". Nel 1546 Francesco Burlamacchi fece diversi tentativi per dare coesione politica all'Italia, ma morì sul patibolo. Entrò in scena anche Napoleone, che nel 1805 fondò qui un principato a favore della sorella Elisa e del marito Felice Baciocchi. Non dimentichiamo di ricordare che nel 1944 i tedeschi la occuparono fino a quando non fu conquistata dalle truppe americane del IV Corpo e nelle cui mani era all'epoca di questa storia.
Come un tempo i capi militari dell'antica Lucca stesero piani per la difesa della città, così fecero nel 1944 il Generale Crittenberger e il suo staff; non per la difesa di Lucca, perché non era realmente in pericolo, ma per via dell'operazione preliminare che avrebbe avuto luogo sui monti che formavano l'orizzonte a nord. Questa pianificazione fu fatta in conformità con i suggerimenti della 5a Armata che a febbraio aveva previsto un attacco con obiettivo limitato da parte del IV Corpo.

Sezione Piani e Operazioni
Il centro nevralgico operativo del Corpo operava nella Sezione G-3. In questa sezione fluivano i rapporti da tutte le unità del Corpo e dai Quartier Generali contigui e superiori. Le posizioni delle truppe amiche e nemiche, i rapporti sulle operazioni, i piani e le intenzioni future erano raccolti e mantenuti aggiornati su mappe, grafici e file. I rapporti delle divisioni venivano ricevuti ogni sei ore e più spesso durante i periodi di azione intensiva. I Rapporti sulla Situazione (SITREPS) seguivano un modulo standardizzato composto di tre paragrafi. La prima parte rappresentava l'effettivo sviluppo delle operazioni; il secondo elencava le intenzioni del Comandante, il terzo indicava i cambiamenti nella posizione dei posti di comando o cambiamenti nell'allocazione delle truppe.
Due volte al giorno, alle 12:00 e 24:00, la Sezione G-3 compilava i SITREPS da inviare alla 5a Armata; anche alle ore 06:00 e 16:00 venivano inoltrati dei SITREPS informali che fornivano le informazioni sull'attività fino a quelle ore. Inoltre era stato predisposto un report periodico giornaliero contenente un riepilogo delle operazioni per il periodo di 24 ore. Vari tipi di mappe informative erano conservate nella Sezione G-3. Per avere una completa comprensione della situazione in qualsiasi momento queste mappe includevano non solo le informazioni compilate nella Sezione G-3 ma anche quelle ottenute da altre sezioni. Un duplicato del set completo delle mappe G-3 era conservato nella War Room, nota anche come Liaison Room, dalla quale gli ufficiali di collegamento delle varie unità potevano ottenere il quadro completo del Corpo da riportare ai rispettivi comandanti.
Si concluse così un altro mese di operazioni invernali. Sebbene non fossero stati compiuti progressi lungo l'ampio fronte del IV Corpo, fu compiuta assiduamente la missione di mantenere il contatto con il nemico mediante pattugliamento e raid. Assaliti dalla nostra artiglieria e sempre allerta a causa del nostro sondaggio, i tedeschi rabbrividirono nel vento gelido mentre aspettavano tesi la prossima mossa delle forze Alleate in Italia. Tra le forze nemiche che fronteggiavano il IV Corpo, le perdite di personale e materiale erano un costante drenaggio, in un momento in cui non si potevano permettere di vedere esaurite le forze. L'accento era ancora posto sul riposo e sulla ricreazione per le nostre truppe. Le divisioni furono assistite nella creazione di strutture di riposo nelle rispettive aree e continuarono le normali quote di assegnazioni nei centri di riposo dell'Esercito. I rimpiazzi stavano iniziando a riversarsi nel IV Corpo, riportando le unità esaurite al completamento dei quadri. Arrivarono in totale 2530 reclute per rabbrividire ed essere sballottate dalle gelide burrasche dell'Appennino; tuttavia, dopo essere stati assorbiti dalle unità che ne avevano bisogno, impararono rapidamente il "know-how" per trovare calore e conforto dove meglio potevano.

LA CAMPAGNA IN APPENNINO

GLI ATTACCHI A OBBIETTIVI LIMITATI IN FEBBRAIO E MARZO 1945

Febbraio fu un mese estremamente freddo ma il fatto che entro poche settimane le nevi avrebbero cominciato a sciogliersi in ruscelli ghiacciati, che scendevano a cascata lungo i pendii delle montagne, offriva una qualche forma di consolazione per contrastare i venti gelidi e pungenti che gemevano attraverso le rupi e spazzavano furiosamente le cime delle montagne. Dopo un mese di riposo, riorganizzazione e compiti di routine a seguito dell'incidente di dicembre nella Valle del Serchio, il IV Corpo era pronto a lanciare attacchi su obbiettivi limitati, in particolare nel settore della 92a Divisione di Fanteria. Ciò era in linea con le istruzioni per le operazioni contenute nella direttiva n. 2 del 9 gennaio 1945 della 5a Armata. Oltre a occupare il terreno, le cui caratteristiche fossero di fondamentale importanza per fornire le posizioni migliori da cui lanciare l'offensiva di primavera, gli attacchi locali furono progettati per mantenere il nemico confuso sulle nostre intenzioni e per tenerlo sbilanciato durante i mesi di febbraio e marzo.

GLI ATTACCHI DELLA 92a DIVISIONE

La 92a Divisione di Fanteria, con l'annesso 366° Reggimento di Fanteria e varie truppe di supporto, intraprese due operazioni offensive separate. Una di queste venne progettata per migliorare le posizioni in Valle del Serchio e l'altro per ottenere analogo successo nel settore costiero lungo la Strada Statale I.

……… omissis ……….

 LE OPERAZIONI DI MONTE BELVEDERE – MONTE DELLA TORRACCIA – CASTELNUOVO

Mentre la 92a Divisione di Fanteria stava attaccando nella Valle del Serchio e sulla costa, la Task Force 45 (10a Divisione da Montagna) e la 1a Divisione di Fanteria fella FEB, mandarono fuori pattuglie con l’obbiettivo di preoccupare e confondere il più possibile il nemico. Fu anche il momento opportuno per effettuare frequenti ricambi delle unità, dando a tutti la possibilità di abituarsi al suono della battaglia e alla sensazione della linea del fronte; in particolare per gli alpini. Alcune volte il Quartier Generale brasiliano, a Bagni della Porretta, fu sottoposto al fuoco dei 170mm nemici. Uno di questi sbarramenti distrusse quattro veicoli e ferì quattro uomini.
Le truppe da montagna stavano diventando abili nel pattugliamento, come ad esempio il 5 febbraio, quando un plotone di fucilieri dell'85° Reggimento Fanteria da montagna, rinforzato con una sezione di mitragliatrici leggere e una squadra di mortai da 60 mm, condusse un raid contro il Monte Spigolino, tenuto dal nemico. La forza raggiunse la cima della montagna, prese una postazione di mitragliatrice nemica e due prigionieri dopo averne uccisi quattro. Nel mese di febbraio una pattuglia della Compagnia B dell’85° Reggimento di Fanteria, composta da due ufficiali e ottantuno uomini, venne inviata per una incursione alle posizioni nemiche all'Alpe Tre Potenze. I risultati furono un nemico ucciso, undici catturati insieme a due mitragliatrici e 15.000 colpi di munizioni. Con azioni come queste, le pattuglie della nuova divisione stavano rapidamente diventando esperte e le fila del nemico si stavano lentamente svuotando.
Il terzo attacco pianificato a obiettivi limitati, come mossa preliminare per migliorare le posizioni prima di iniziare la più estesa offensiva di primavera, era finalizzato a mettere in sicurezza le alture che dominavano una tratta di 16 chilometri della Statale 64. Gli obiettivi dell'attacco, delineati dalla 5a armata nelle istruzioni per le operazioni n. 4 del 16 febbraio, erano una serie di picchi e crinali di montagne a circa 8 chilometri a ovest della strada e che si estendevano da un punto di fronte a Porretta, a nord fino a un punto a sud e ad ovest di Vergato, una distanza di circa 13 chilometri. In mani tedesche questi picchi, mediamente alti 1050 metri, offrivano un punto di osservazione completo sulla maggior parte della strada principale in quell'area e sulle nostre posizioni a est del fiume Reno. Se occupati dalle nostre forze, ai tedeschi non solo sarebbe stato negato l'uso di questi preziosi punti di osservazione ma ci saremmo procurate buone posizioni da cui dirigere la futura offensiva. Il terreno a nord degli obiettivi, sebbene ancora molto accidentato, degradava gradualmente verso la Pianura Padana.
Operazione EncoreLe operazioni pianificate erano molto più ambiziose di quelle recentemente organizzate nella Valle del Serchio e nella pianura costiera ligure. Nell'attacco dovevano essere impiegate la 1a Divisione di Fanteria Brasiliana della FEB e la più fresca 10a Divisione da montagna, per la quale sarebbe stato il primo grande scontro. La prima fase dell'attacco riguardò la conquista del lungamente conteso Monte Belvedere e delle sue due cime gemelle: Monte della Torraccia e Monte Castello. La seconda fase, che doveva iniziare dopo che il terreno preso nella prima fase fosse stato completamente consolidato, richiedeva l’occupazione degli ulteriori crinali a nord-est del Monte della Torraccia e del Monte Castello, tra cui Monte Grande d'Aiano, Monte della Croce, Monte Castellana e il territorio circostante il comune di Castelnuovo. L'occupazione di questi obiettivi avrebbe spinto le nostre linee fino a 11 chilometri a ovest della Statale 64 e avrebbe messo nelle nostre mani il terreno che domina la strada principale che portava al bastione di Vergato, mettendoci così in grado di neutralizzare questo caposaldo.
Il terreno più critico, compreso nella Fase I dell'attacco, era il Monte Belvedere, il suo crinale gemello chiamato Monte Gorgolesco e l'altura lungo la sella che lo collegava con il Monte della Torraccia. Questa sella era formata da un crinale lungo 5 chilometri, solo leggermente inferiore ai 1139 metri slm del Monte Belvedere e ai 1082 metri slm della vetta del Monte della Torraccia. Queste vette e il crinale dominavano non solo il terreno a sud-est ma anche il bacino del fiume Panaro, che si estendeva a nord-ovest. Un chilometro e mezzo a sud del Monte della Torraccia si trovava il Monte Castello, la terza altura critica nelle immediate vicinanze.

Dal momento che da novembre si erano verificate poche grandi azioni nella zona del Monte Belvedere, ci si aspettava che il nemico avesse sviluppato un intricato sistema di campi minati. Le foto aeree misero in evidenza un numero crescente di bunker, trincee e filo spinato, accuratamente mimetizzati dalla neve, a conferma del fatto che il nemico era impegnato a migliorare le sue posizioni.

Ad ovest delle nostre posizioni, alla base del Monte Belvedere e per una estensione di circa 6,5 chilometri, da nord-est a sud-ovest, si trovava l'ancora più aspro crinale Serrasiccia - Cappel Buso. Dal monte Serrasiccia, che si elevava all'altezza di 1380 metri slm, il crinale si inclinava leggermente verso entrambe le estremità; la straordinaria caratteristica di essere un dirupo roccioso di 450 metri quasi a strapiombo sul lato nord-occidentale. Il Pizzo di Campiano, all'estremità settentrionale, era quasi 30 metri più alto del Monte Belvedere e avrebbe fornito un'osservazione eccellente sui pendii inversi del crinale Belvedere-Torraccia. Si ritenne quindi essenziale che questa cresta fosse presa, assicurando così il fianco sinistro, prima dell'assalto principale. La sorpresa sarebbe stata estremamente difficile da ottenere e sotto questo aspetto divennero molto più importanti una buona mimetizzazione e l'attento movimento delle truppe con la copertura del crepuscolo.

Su tutto il sistema montuoso era possibile l'occultamento solo in cespugli sparsi che crescevano stentatamente. Le vie di comunicazione si sarebbero rivelate più difficili in quanto avrebbero dovuto seguire sentieri ripidi dove bisognava tenere conto della neve alta. Le poche strade in questo settore erano strette, molte delle quali non adatte al traffico a doppio senso. L'onere del rifornimento sarebbe ricaduto sul mulo da soma, sulla Weasel a cingoli e sulla jeep. Con una guida molto attenta e lenta i veicoli blindati poterono essere spinti in avanti in numero limitato; in precedenti operazioni nelle vicinanze, i carri armati si erano spinti fino all'abitato di Querciola, a una cresta a poco più di un 1,5 chilometri a sudovest della vetta del Monte Belvedere.

Il Servizio di Intelligence fotografica indicò che anche i tedeschi si rendevano conto dell'importanza tattica di questo crinale e avevano ammassato un gran numero di pezzi di artiglieria nell’area Campiano-Belvedere-Castello; in tutto furono avvistati 97 cannoni. L’artiglieria nemica venne disposta piuttosto uniformemente sul fronte, dal confine est del Corpo al Monte Belvedere, con una leggera tendenza a concentrarsi in prossimità del Monte Terminale; a ovest del Monte Belvedere vi era pochissima artiglieria. Il settore era difeso dalla 232a Divisione Granatieri tedesca che era distribuita su un fronte di 30 chilometri, con il 1045° Reggimento Granatieri che deteneva la maggior parte del crinale Belvedere-Torraccia. Il 1043° Reggimento Granatieri si trovava nella zona del Monte Castello e il 1044° Reggimento era sparso lungo il crinale Serrasiccia-Cappel Buso e le montagne a sud-ovest di essa. In riserva c'erano il 232° Battaglione Fucilieri e gli elementi dell'indipendente 4° Battaglione da montagna.

L'artiglieria del IV corpo coordina il fuoco di supporto.
Dal 12 al 19 febbraio l’artiglieria del IV Corpo fu occupata a prepararsi per l'attacco della 10a Divisione da montagna e della 1a Divisione di Fanteria della FEB. I reparti di artiglieria del Corpo impiegati con la 92a Divisione furono trasferiti nell'area dei Bagni della Porretta. La 5a Armata assegnò al IV Corpo ulteriore artiglieria media aggiuntiva e anch'essa venne spostata nella stessa area. Il 15 febbraio uno scaglione avanzato del personale di artiglieria del IV corpo si spostò nella nuova area per preparare i piani dettagliati per l'attacco, in collaborazione con gli staff dell'artiglieria delle due divisioni. Le manovre previste per le due unità richiedevano per la prima volta una completa integrazione dei piani di artiglieria di entrambe le divisioni e del Corpo.
artiglieria300xFurono necessarie molte riunioni, una pianificazione molto dettagliata e coordinata per perfezionare il piano e mettere insieme i tasselli a supporto della formidabile macchina che in seguito si rivelò essere, durante l’attacco. Le linee di "divieto di fuoco" in ciascuna zona di azione dovevano essere fissate con cura e seguite rigidamente. Doveva essere prescritta una linea di massima distanza per la 1a Divisione di Fanteria della FEB e ogni artiglieria di divisione doveva essere pronta a supportare l'altra in determinate aree critiche. Le unità di artiglieria del Corpo schierate insieme per questo attacco erano costituite dal 424° Gruppo di Artiglieria da Campo a cui era stata assegnata la missione di supporto generale del Corpo e rinforzare il fuoco dell’artiglieria della 10a Divisione da montagna. Questo gruppo era composto dal 633° Battaglione di Artiglieria da Campo, che aveva cannoni da 155 mm e obici da 200 mm; il 185° Battaglione di Artiglieria da Campo con obici da 155 mm. Il 248° Battaglione di Artiglieria da Campo con obici da 155 mm, non facente parte del gruppo, fu posto in appoggio generale, rinforzando il fuoco della 1a Divisione di Fanteria della FEB. Il piano finale dell’artiglieria del Corpo non richiedeva alcuna preparazione di artiglieria prima dell'attacco, poiché il successo iniziale dell'attacco dipendeva dall'elemento sorpresa.

La fase di controbatteria del piano venne raffinata alla perfezione. Furono tracciati sulle mappe nove gruppi di artiglieria nemica, ogni gruppo contenente da tre a cinque batterie nemiche conosciute. Con i dati di tiro prestabiliti, l'artiglieria del Corpo era pronta a concentrare il suo fuoco su qualsiasi gruppo che diventasse attivo. Inoltre era pronto un programma globale di immediato fuoco di controbatteria, che copriva tutte le batterie nemiche conosciute, nel caso l'artiglieria nemica fosse diventata in genere attiva. Ogni batteria nemica doveva essere inizialmente interdetta con almeno quattro raffiche di batteria, seguite dal fuoco devastante di 12 raffiche di plotone all'ora per una neutralizzazione prolungata. Per quanto riguarda il fuoco di disturbo, dopo un approfondito studio cartografico, furono determinati i punti critici sulle reti stradali e le possibili aree di raccolta la lettura della sintesi dell'intelligence e preparato un programma di disturbo da utilizzare nel caso in cui gli aerei dell’osservazione aerea non potessero operare. L'artiglieria di ogni divisione preparò un piano di fuoco difensivo per proteggere gli obiettivi assegnati. Il fuoco difensivo e di rinforzo vennero determinati dallo studio delle mappe e dalla ricognizione aerea. Venne pianificato un efficace programma di fuoco contro i mortai poiché in passato, in questo settore, il nemico aveva impiegato efficacemente il fuoco di mortaio contro la nostra fanteria. Piani per 11 gruppi di fuoco di contro-mortaio furono preparati dalle divisioni contro 67 postazioni di mortai nemiche conosciute. Su richiesta dall'artiglieria di divisione, l'artiglieria del corpo era pronta a sparare su uno qualsiasi di questi gruppi. Alla flessibilità di questo piano di artiglieria venne accreditato gran parte del successo finale dell'offensiva. Venne considerato ogni dettaglio e se fosse insorta una contingenza che negava gli effetti di uno dei piani, al suo posto ne sarebbe stato reso operativo un altro.

L’attacco
Entro il 1° febbraio l'intera 10a Divisione da montagna venne concentrata nel settore della Task Force 45 che si estendeva ad est da Bagni di Lucca, attraverso la Valle di Cutigliano fino alle pendici meridionali del Monte Belvedere.
Il 15 febbraio il 473° Reggimento di Fanteria, appena organizzato, fu aggregato al IV Corpo e rilevò gli elementi della 10a divisione da montagna delle zone di Bagni al Lucca e Cutigliano. Due giorni dopo la divisione assunse il comando della sola parte orientale del settore della Task Force 45 e il 473° Reggimento di Fanteria prese il comando della metà occidentale. Il 17 febbraio la 10a Divisione da montagna venne distaccata dal nome Task Force 45 e assunse il comando del nuovo settore con il proprio nome. Il confine tra la 10a Divisione da montagna e i brasiliani della FEB rimase invariato - l'ex confine Task Force 45 - FEB. Il nuovo confine tra la 10a Divisione da montagna e la Task Force 45 ridotta all’osso era la linea S. Felice - Pontepetri - Pracchia - Spigolino - Fanano.

Alla fine della giornata la 10a Divisione da montagna era riunita nel suo nuovo settore con il grosso delle unità nell'area di Lizzano, nella Valle del fiume Setta, a sud-ovest di Porretta. Quella notte l'attività di pattuglia fu alquanto ridotta a causa del maltempo. Pioggia e nebbia resero praticamente impossibile l'osservazione durante la prima parte della serata ma la temperatura, in quel momento, non era sotto lo zero. Tutte le unità di supporto si spostarono silenziosamente nelle posizioni concordate. Al calar della notte del 18 febbraio la 10a Divisione da montagna era pronta per il suo primo grande scontro con il nemico. C'era attesa carica di tensione in tutta la divisione. La notte dell’attacco l'artiglieria del Corpo iniziò la consegna del normale fuoco di disturbo in modo da non indicare al nemico nulla di insolito.

prigionieri Riva Ridge300xAlle 19:30 venne lanciato l'attacco preliminare per mettere in sicurezza il fianco sul crinale Serrasiccia-Campiano. Il 1° Battaglione dell’86° Fanteria da Montagna era stato selezionato per cogliere la caratteristica chiave del terreno. Gli esperti alpinisti del battaglione si arrampicarono sulle rocce per 450 metri e piazzarono le corde per essere usate da altro personale che, salendo dopo di loro, non era così ben addestrato. Questo esperto battaglione da montagna, affrontando la ripida parete rocciosa nell'oscurità, colse di sorpresa il 2° Battaglione del 1044° Reggimento Granatieri tedesco, proprio mentre stava per essere rilevato da parte di elementi del 232° Battaglione Fucilieri. Il nemico, colto mentre era sbilanciato, rinunciò alle alture strategiche dopo aver fatto relativamente poca resistenza e alle 06:00 la linea di crinale era saldamente assicurata. Solo alle 06:55 del 19 febbraio si attivò l'artiglieria nemica. L'artiglieria del Corpo rispose prontamente con il suo programma di controbatteria che si rivelò molto efficace poiché la fanteria non ricevette alcun bombardamento di artiglieria per le due ore successive e solo leggeri bombardamenti fino al tardo pomeriggio.

In dettaglio il battaglione da montagna attaccò mirando frontalmente al crinale con la Compagnia A che si mosse contro il Monte Mancinello, la Compagnia B contro il Monte Cappel Buso e la Compagnia C contro il Monte Serrasiccia. La Compagnia F, aggregata al 1° Battaglione, avanzò contro le posizioni a sud di Monte Mancinello per fornire protezione al fianco sinistro, un plotone della Compagnia A operò indipendentemente sul fianco destro per prendere lo sperone del Pizzo di Campiano. L'attacco su quel terreno apparentemente impraticabile, così ripido che le truppe ritennero necessario utilizzare funi per salire, colse il nemico completamente ignaro. La Compagnia A raggiunse il crinale del Monte Mancinello alle ore 00:45, supportata da vicino dalla Compagnia F.
Alle 03:00 del 19 febbraio, la Compagnia B raggiunse le pendici inferiori del suo obiettivo dove incontrò la prima reazione nemica sotto forma di fuoco di armi leggere. Dopo un'ora di schermaglia, l'obiettivo venne conquistato e la guarnigione fu per lo più uccisa o catturata. Alle 05:05 la Compagnia C attaccò il suo obiettivo che mise in sicurezza dopo un vivace scontro a fuoco. Il plotone distaccato della Compagnia A raggiunse la vetta del Pizzo di Campiano dopo una dura salita di nove ore e occupò con successo quella zona del crinale. Prima che la luce dell'alba irrompesse sull'area merlata, il 1° battaglione dell'86° Fanteria da montagna aveva raggiunto tutti i suoi obiettivi.

I primi contrattacchi nemici furono diretti contro il plotone distaccato della Compagnia A; tre di questi attacchi di varia forza, da un plotone ad una compagnia, furono respinti durante il giorno. Con l'oscurità, i tedeschi rinnovarono i loro attacchi e continuarono a martellare questa sottile linea di difesa per tutta la notte del 19-20 febbraio. Prima di perdere le comunicazioni con il battaglione, il plotone chiese fuoco di artiglieria che venne immediatamente effettuato sotto forma di fuoco ravvicinato che scacciò i tedeschi fuori dal versante. Nella mattina del 20 il plotone aveva ucciso ventisei tedeschi e catturati sette ma non seppe mai quanti erano stati i feriti. Isolato e a corto di munizioni, il plotone resistette finché non arrivarono i rinforzi alle 08:00 del 21 prima dei quali respinse sette tentativi nemici di riprendere la posizione.

Altri contrattacchi vennero effettuati in altri punti lungo il crinale ma anche questi furono respinti con successo. Due compagnie del 4° Battaglione indipendente da montagna tedesco furono praticamente spazzate via in queste battaglie. Il problema del rifornimento e dell'evacuazione del battaglione fu risolto dai genieri della divisione che costruirono una filovia che raggiungeva i due terzi della salita; da lì in poi le provviste venivano tirate su con funi o portate a mano. Sette mitragliatrici calibro .50 e due obici da 75 mm vennero posizionati sul crinale appena conquistato per sostenere l'attacco principale al Monte Belvedere. Il 1° Battaglione dell’86° Reggimento di Fanteria mantenne e migliorò le sue posizioni fino alle prime luci del 22 febbraio quando fu sostituito dal 10a Battaglione Anti Carro da montagna e dalla 10a Truppa di Ricognizione da montagna.

Con il fianco sinistro protetto dalla presa del crinale la divisione spostò segretamente le sue altre unità in posizioni di attacco. A rafforzare la potenza di fuoco della divisione c’erano il 185° Battaglione di artiglieria da campo; la Compagnia A del 1125° Battaglione Corazzato di Artiglieria da Campo; la Compagnia A del 701° Battaglione Caccia Carri e i mortai da 106 mm dell'84° Battaglione Chimico. L'894° Battaglione Caccia Carri e il 751° Battaglione Carri fornirono la forza corazzata e furono completati accordi dettagliati per il supporto aereo da "Rover Joe” e dal XXII Tactical Air Command.

Il piano di attacco della divisione prevedeva che l'87° Reggimento di Fanteria da montagna si spostasse a nord-est, sul versante occidentale dello Monte Belvedere mentre alla sua destra l'85° Reggimento Fanteria da montagna era impegnato in un attacco frontale direttamente contro le vette del Belvedere e del Gorgolesco. Il 3° Battaglione dell’86° Reggimento Fanteria da Montagna, era pronto sul fianco destro della divisione e aveva la missione di proteggere questo fianco conquistando il villaggio di Mazzancana. Quando la 10a Divisione da Montagna avesse raggiunto la Collina 1053, a circa metà strada sulla sella tra il Gorgolesco e il Monte della Torraccia, la Forza di Spedizione Brasiliana doveva attaccare il Monte Castello. Era essenziale che l'avvio di questa fase dell'attacco fosse programmato correttamente.

Poiché il nemico sul Monte Belvedere poteva osservare completamente le nostre posizioni nella valle di Silla, le truppe d'assalto marciarono per 13 chilometri, nella notte tra il 18 e il 19 febbraio, verso le aree di riunione avanzate alla base del crinale Belvedere-Gorgolesco. Quell'attacco partì alle 23:00 del 19 febbraio, senza alcuna preparazione di artiglieria, nella speranza di assicurarsi la sorpresa tattica iniziale dall'assalto notturno. A sinistra, il 1° e il 3° Battaglione dell'87° Reggimento Fanteria da montagna attraversarono la linea di partenza, lungo la rete stradale nei pressi di Querciola, nei pressi delle frazioni di Polla e Rocca Corneta, mentre il 1° Battaglione premeva a nordest su per il pendio verso il monte Belvedere e a nord fino al paese di Valpiana; le truppe della Compagnia B, in testa, avanzarono per circa 700 metri prima di raggiungere il primo avamposto nemico dove incontrarono una resistenza sporadica di gruppi di tedeschi che si erano trincerati lungo una linea di bunker di postazioni di mitragliatrici e case fortificate che si estendevano dalla vetta del Monte Belvedere ad ovest fino a Rocca Corneta.
Sul versante occidentale, nei pressi di Corona, le unità incontrarono estesi campi minati antiuomo e anticarro che provocarono alcune vittime tra i partigiani che fungevano da guide. Un'ora e mezza dopo aver aggirato Corona alle 03:00, il 1° Battaglione raggiunse il Monte Belvedere dove incontrò una moderata resistenza e iniziò subito a sgombrare uno sperone della cresta principale che correva a nord verso Valpiana. Il 2° Battaglione nel frattempo aggirò Corona dopo essersi spinto attraverso i campi minati, che fortunatamente erano stati scoperti dalla neve che si scioglieva, e si diresse a seicento metri a ovest, verso Polla. Questo caposaldo, preso alle 10:35, aprì un altro buco nella linea principale di difesa nemica rendendo indifendibile Rocca Corneta, tra Polla e gli elementi della Divisione che erano sul Pizzo di Campiano.
Soldati dell'87° Reggimento di fanteria verso CoronaIl 3° Battaglione si spostò al centro della zona dell'87° Reggimento di Fanteria da montagna, a nord di Corona, durante la mattina e per tutta la giornata la posizione sul fronte del reggimento venne migliorata e organizzata. Due compagnie del 1° Battaglione del 1044° Reggimento Granatieri tedesco, subirono gravi perdite nel corso della nostra avanzata iniziale e durante un fallito contrattacco che lanciarono alle 04:00.
Più a est, furono ottenuti successi simili quando l'85° Reggimento di Fanteria da montagna inviò il suo 3° Battaglione contro il Monte Belvedere e il 1° Battaglione contro il Monte Gorgolesco.
All'01:00 del 20 febbraio, il 3° battaglione incontrò la prima resistenza a circa 270 metri dalla vetta. Tre ore dopo le truppe avanzate si erano fatte strada fino in cima e alle 06:15 l'intero battaglione era sulla cresta dove venne accolto da uno sbarramento estremamente pesante di mortai e artiglieria.
Sul Monte Gorgolesco il 1° Battaglione subì una reazione nemica pressoché identica ma alle 06:10 sgombrò la vetta e iniziò l’avanzata lungo il crinale verso il Monte della Torraccia, incontrando un aumento di fuoco da armi leggere e colpi di mortaio. Tuttavia, l'artiglieria nemica fu parzialmente neutralizzata dal fuoco di controbatteria precedentemente pianificato.
Il 3° Battaglione dell’86° Reggimento di Fanteria da montagna, che aveva incontrato poca opposizione nel corso del suo attacco di supporto, a destra dell'85° Reggimento di Fanteria da montagna, la mattina del 20 occupò il villaggio di Mazzancana e stabilì posizioni difensive a circa metà del versante sud-orientale del crinale. Alle 11:15 i tedeschi lanciarono dei contrattacchi, della consistenza di una compagnia, a est del Monte Gorgolesco e molti altri attacchi minori furono respinti nel corso della giornata. Queste azioni furono inefficaci nel fermare la nostra avanzata e alle 18:00 era stato liberato circa la metà del crinale quando il 2° Battaglione dell’85° Reggimento di Fanteria passò attraverso le posizioni del 1° Battaglione per continuare l'attacco, sgomberando il nemico dalla Cappella di Ronchidoso nonostante una ostinata resistenza. Durante la notte subì cinque contrattacchi tedeschi, e vi furono pesanti perdite da entrambe le parti.
L'attività dei nostri aerei, che iniziarono ad operare già dalle prime luci del giorno, giocò un ruolo importante nel ridurre i bombardamenti nemici e, durante il giorno, fornì uno stretto supporto a tutti i settori del fronte della divisione bombardando, mitragliando e sparando razzi su postazioni di cannoni e altre installazioni nemiche. "Rover Joe" diresse 53 missioni a sostegno dell'avanzata dell'85° Reggimento di Fanteria da montagna. Quegli attacchi aerei contro i mortai nemici e le sue postazioni di artiglieria nelle retrovie furono i più efficaci.
Durante il 21 febbraio l'87° Reggimento di Fanteria respinse contrattacchi locali lungo la maggior parte del suo fronte, infliggendo gravi perdite agli attaccanti mentre il fuoco dell'artiglieria e il bombardamento aereo fecero a pezzi una poderosa concentrazione di truppe a nord di Valpiana, prima che potesse essere lanciato un attacco contro di noi. Alle 07:00, la Compagnia C fu investita da uno di quegli assalti da parte di circa ottanta tedeschi. Furono battuti senza incorrere in nessuna vittima da parte nostra e quando le nebbie mattutine si dissolsero furono trovati nell’area 25 nemici morti. L'87° Reggimento di Fanteria da montagna era schierato lungo le pendici inverse del Monte Belvedere, attraverso Polla fino a una estremità di Valpiana e su fino alla vetta del Belvedere. I colpi di mortaio tedeschi erano estremamente accurati su quelle posizioni durante il giorno e solo loro causarono 8 vittime. Il supporto dell'artiglieria era limitato a causa delle scarse comunicazioni dovute ai colpi di mortaio tedeschi che avevano interrotto le linee. Fu lanciato un contrattacco della forza di un battaglione contro l'85° Reggimento di Fanteria da montagna da parte di elementi del 741° Reggimento leggero, la prima unità della 114a Divisione (leggera) Jäger ad essere impegnata contro di noi in questo settore. Quel contrattacco, rafforzato da elementi del 1° Battaglione del 1043° Reggimento Granatieri, interruppe temporaneamente la nostra avanzata, pur non riuscendo a riconquistare il terreno che l'85° Reggimento di Fanteria da montagna aveva già preso. Il 2° Battaglione dell’85° Fanteria da montagna riprese l’avanzata nel tardo pomeriggio e al buio raggiunse delle posizioni appena sotto la vetta del Monte della Torraccia.
I prigionieri del 741° Reggimento Jaeger dissero che erano in marcia dalla zona del Lago di Comacchio, sull'Adriatico, da 7 giorni quando alcuni di loro furono messi su dei camion per precipitarsi a contrastare l’attacco del IV Corpo. Più tardi il Generale Crittenberger, interrogando uno dei prigionieri nazisti di un'altra unità della divisione gli chiese: "E come sei arrivato qui?" "Zu fuss" (a piedi). "Per tutto il tragitto? Mai su camion?" "Nein, zu fuss". (No, a piedi). Ciò indicava che la 114a Divisione Jaeger era in marcia per eseguire il normale cambio della 232a Divisione di Fanteria e quando il nostro attacco si sviluppò, dei soldati vennero urgentemente impegnati nel tentativo di fermare la nostra avanzata.
feb con A6 La 1a Divisione Brasiliana, nel suo attacco contro il Monte Castello, seguì tattiche simili a quelle usate dalla 10a Divisione da Montagna. La 1° Reggimento di Fanteria Brasiliana attaccò da ovest e sud, mentre l'11° Reggimento di Fanteria Brasiliana si spinse a nord, attraverso le pendici orientali ai piedi del monte, con la maggior parte del suo peso diretto ad est della montagna. Alle 05:30 del 21 febbraio, coordinandosi attentamente con l'avanzata degli alpini [americani], il 1° e 3° Battaglione del 1° Reggimento di Fanteria Brasiliana, iniziarono l’attacco da posizioni a nord e ad est di Mazzancana e in due ore presero le quote ai piedi della montagna principale. I tedeschi, il cui fianco destro era minacciato dalla nostra avanzata lungo il crinale Belvedere-Torraccia, si ritirarono da alcune delle loro posizioni e furono spazzati via anche da uno sbarramento di artiglieria preparatorio di 15 minuti, prima che i brasiliani, a mezzogiorno, iniziassero il loro assalto principale al Monte Castello. I due battaglioni si diressero sull'obiettivo, il 1° Battaglione attaccò da nord-est e il 3° Battaglione da nord. Gli elementi avanzati del 1° Battaglione raggiunsero la vetta alle 17:45 e un'ora dopo il 3° Battaglione risalì le pendici meridionali; alle 20:40 le principali sacche di resistenza sulla montagna erano state spazzate via.
L'11° Reggimento di Fanteria Brasiliana avanzò nella sua zona per catturare il villaggio dell’Abetaia. Il 22, le posizioni in tutta la 10a Divisione da montagna rimasero praticamente invariate. Mentre l'87° Reggimento di Fanteria manteneva le posizioni raggiunte il 21, l'85°, preso a pugni dall’artiglieria e concentrazione di fuoco da mortai tedeschi, non riuscì a raggiungere la vetta del Monte della Torraccia. I brasiliani fecero lievi guadagni a nord del monte Castello e di conseguenza non furono in grado di compiere alcun progresso. Durante tutto questo tempo il 6° Reggimento di Fanteria Brasiliana, sul fianco destro della 1a Divisione Brasiliana, non aveva preso parte all'attacco.
All'inizio dell'attacco fu fatto un grande sforzo per spostare carri armati e caccia carri in posizione sul crinale una volta conquistato, principalmente come misura difensiva, poiché si prevedevano contrattacchi molto pesanti. Il 20 febbraio i carri armati avanzarono fino a Querciola ma molti furono messi fuori uso dalle mine e altri uscirono dal sentiero nel tentativo di affrontare il terreno accidentato sulla strada per Corona e Valpiana. La mattina del 21 febbraio un carro armato finalmente raggiunse Valpiana e il giorno successivo ulteriori carri armati e caccia carri raggiunsero la cresta a nord-est del Monte Belvedere, dopo che i genieri avevano ripulito le strade dalle mine posate in profondità.
La mattina del 23, il Monte della Casellina, un miglio a est del Monte Castello, fu occupato dalla 1° Reggimento della Fanteria Brasiliana e il villaggio di Bella Vista cadde nel tardo pomeriggio. Nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, il 3° Battaglione dell’86° Reggimento di Fanteria da montagna rilevò il 2° Battaglione dell’85° Reggimento di Fanteria e, dopo una pesante preparazione di artiglieria, attaccò impadronendosi, alle 07:30, della vetta del contestatissimo Monte della Torraccia. Non si fermò lì ma avanzò leggermente, oltre la cresta, dove vennero oltrepassati estesi sistemi di trincee. Il 24 febbraio I brasiliani continuarono la loro avanzata ed entro mezzanotte fu aggirata e catturata La Serra, poco più di millecinquecento metri a est del Monte della Torraccia, sotto un pesante fuoco di mitragliatrice. Con tutti gli obiettivi nelle nostre mani, la fase uno dell'attacco delle due divisioni era stato completato.

Il 25 febbraio alle pendici nord-occidentali del Monte della Torraccia, il nemico lanciò il più forte contrattacco di questa operazione. Il Battaglione Mittenwald di Addestramento da Montagna, che aveva vagato in modo elusivo dietro le linee nemiche di fronte al IV Corpo per diversi mesi, e il 114° Battaglione di Ricognizione, furono le truppe usate in questo attacco. Questo contrattacco fu preceduto da un fuoco di artiglieria, insolitamente pesante, di tre battaglioni leggeri di obici da campo ma venne respinto proprio come le volte precedenti, le nostre truppe resistettero all'intenso fuoco di artiglieria iniziale e quando il nemico si avvicinò tirarono fuori tutte le armi.
Membri del 741° Reggimento Leggero e del 114° Battaglione da Ricognizione (114 ° Divisione Leggera) continuarono per alcuni giorni ad opporre resistenza sulle pendici nord-orientali del Monte della Torraccia ma il contrattacco del 26 febbraio segnò l'ultimo sforzo nemico per riprendere il possesso del crinale.

Fino a quel punto dell’operazione la 10a Divisione da Montagna subì un totale di 850 vittime, di cui 195 morti, 10 dispersi e il resto ferito. Il nemico subì un numero molto maggiore di vittime e quasi 400 uomini delle sue truppe furono catturati. Ottenendo la sorpresa tattica, gli alpinisti, nel loro primo grande scontro, avevano concluso l'operazione in meno tempo del previsto.
La 1a divisione di Fanteria della FEB subì 246 vittime, di cui 32 morti, 205 feriti e 9 dispersi. La maggior parte di queste perdite avvennero nell'attacco al monte Castello; il loro successo riempì di orgoglio i brasiliani perché la montagna aveva dominato le loro posizioni per molti mesi e i precedenti tentativi di catturarla erano stati infruttuosi e costosi.

La resistenza dei tedeschi fu inferiore al previsto, sebbene i contrattacchi fossero stati lanciati con forza. Durante l’azione Belvedere-Torraccia, l'artiglieria sostenne l'avanzata delle truppe martellando continuamente il nemico con [granate equipaggiate con] spolette a tempo, Time on Target e tiro a tempo variabile.
Per quanto riguarda [le spolette] VT, l'artiglieria divisionale impiegò per la prima volta questa innovazione americana. L'esplosione in aria di questi proiettili dalla punta [ricoperta] in plastica, il cui meccanismo di accensione magnetico era attivato da una determinata vicinanza a massa di qualsiasi materiale, fece uscire il nemico dalle sue postazioni. Con questo tipo di fuoco, le tane scoperte delle volpi [trincee] non erano sicure. In quel terreno estremamente ripido dove l'angolo di inclinazione rispetto all'angolo di volo diventava meno acuto, l'effetto dello scoppio, a quattordici metri di altezza, frantumò l'interno delle trincee disposte lungo il suo perimetro. L’alto volume del fuoco di sbarramenti VT colse i tedeschi ogni volta che cercavano di spostare materiali e uomini sul terreno. La costante combinazione di tre tipi di fuoco disseminò i pendii di innumerevoli vittime nemiche.

Dopo la conclusione della prima fase dell'attacco, che avvenne il 25 febbraio, I cambi [di posizione sul fronte] effettuati tra la 10a Divisione da montagna e la 1a Divisione Brasiliana determinarono la suddivisione della zona operativa brasiliana. Tutti gli obiettivi inclusi in questa fase erano stati catturati e consolidati; le due divisioni adeguarono le loro posizioni in vista della seconda fase.
Il 28 febbraio, dopo che l'87° Reggimento di Fanteria da montagna e la 1a Divisione di Fanteria Brasiliana avevano completato i reciproci cambi, la FEB prese il comando del settore occidentale della zona della 10a Divisione Montagna, il 10° Battaglione Anti Carro da montagna e la 10a Truppa di ricognizione da montagna, sul crinale Serrasiccia-Campiano, furono posti sotto il controllo operativo dei brasiliani.
Questi cambiamenti portarono la 10a Divisione da Montagna a detenere un settore che correva a nord-est, con il suo confine sinistro lungo le pendici orientali del Monte Gorgolesco e il confine destro un mezzo miglio ad est del Monte Castello. Da questo punto, verso est riprendeva nuovamente il territorio della FEB, che si estendeva fino al fiume Reno, dove il suo settore confinava con quello della 1a Divisione Corazzata del II Corpo.

Nel frattempo ebbero luogo alcuni aggiustamenti sul fianco sinistro del IV Corpo. Alle 06:00 del 24 febbraio, il Generale Comandante della 92ª Divisione di Fanteria assunse il comando del settore della Task Force 45, estendendo così la 92ª Divisione di Fanteria a est del confine della vecchia Task Force 45-10ª Divisione da Montagna. Allo stesso tempo il 473° Reggimento di Fanteria fu distaccato dalla Task Force 45 e assegnato alla 92a Divisione di Fanteria. Rilevato dal 365° Reggimento di Fanteria, il 473° Reggimento di Fanteria si spostò verso ovest per assumere posizioni di prima linea ad ovest del fiume Serchio.

La seconda fase dell’attacco
La seconda fase dell'attacco del Corpo, progettata per spingere le nostre posizioni in avanti fino a una linea generale est-ovest, leggermente a sud di Vergato, originariamente doveva iniziare il 1° marzo ma il maltempo costrinse a due rinvii. La data venne fissata per le 03:00 del 3 marzo. A sinistra della zona di attacco, tra le nostre posizioni avanzate e la linea della fase finale dell'operazione, si trovavano più di sei chilometri di alte creste e vette, per attraversare le quali il peso principale dell'attacco gravava sulle spalle della 10a Divisione da montagna. Ai brasiliani venne affidato il compito di proseguire in direzione nord-est parallelamente alla Statale 64 con il crinale di Castelnuovo come obiettivo principale.

Il Generale Hays prevedeva di impegnare due reggimenti affiancati: l'86° Reggimento di Fanteria da montagna sul fianco sinistro a ovest, diretto principalmente contro il Monte Terminale, il monte della Vedetta e il monte Grande d'Aiano, e l'87° Reggimento di Fanteria da montagna a destra contro il Monte della Croce, Monte della Castellana e infine contro Castel d'Aiano e il Monte della Spe. I carri armati del 751° Battaglione Carri e i cannoni semoventi da 76mm del 701° Battaglione Caccia Carri furono assegnati alla missione di fornire il supporto corazzato.
Alle ore 08:00 del 3 marzo, preceduto venti minuti di intensa preparazione dell'artiglieria, l'86° Reggimento di Fanteria da montagna attraversò la linea di partenza dalle posizioni appena a nord del Monte Torraccia avanzando con due battaglioni affiancati: il 1° Battaglione sulle pendici occidentali del Monte Terminale e il 2° Battaglione attraverso il versante orientale della montagna. Il 1° battaglione avanzò rapidamente attraverso l'artiglieria nemica, i mortai e il fuoco di piccole armi e oltrepassò con successo i campi minati tedeschi. Alle 11:00 dopo che l'intera sezione occidentale della montagna fu ripulita il 3° Battaglione dell’85° Reggimento di Fanteria da montagna venne spostato in avanti dalla riserva della divisione per assumere quelle posizioni e fornire protezione al fianco sinistro. Il battaglione sollevato fu riunito, pronto a dare il cambio a sua volta ad un'altra delle formazioni d'attacco.
jolaIl 2° Battaglione superò rapidamente la parte orientale del Monte Terminale, sgombrandolo entro le 08:40, ma un'ora dopo incontrò una forte resistenza nel villaggio di Jola, appena a nord della montagna. Supportato dal fuoco diretto dei caccia carri, il battaglione combatté per le strade e sgomberò le case che erano state trasformate dai tedeschi in difese fortificate; il villaggio fu finalmente sgombrato verso mezzogiorno. Tra i prigionieri presi a Jola c'erano gli ufficiali in comando e la maggior parte del personale del 2° Battaglione del 721° Reggimento leggero.
L'azione dell'86° Reggimento di Fanteria da montagna nelle prime cinque ore dell'attacco distrusse virtualmente questo battaglione nemico e inflisse pesanti perdite ad altri elementi del 721° Reggimento Leggero. Dopo la caduta di Jola, il 3° Battaglione dell’86° Reggimento di Fanteria da montagna passò attraverso il 2° Battaglione e proseguì in avanti per prendere Campo del Sole alle 17:45. Questa avanzata portò le truppe di testa a circa tre chilometri a nord della linea di partenza e lì il reggimento si trincerò per la notte.

Un successo simile fu ottenuto nella zona dell'87° Reggimento di Fanteria da montagna che aveva attaccato nello stesso momento. Con solo il 3° Battaglione impegnato, il reggimento avanzò in colonne di battaglioni contro resistenze di forza variabile ed entro mezzogiorno fu sgombrato il Monte della Vedetta, un miglio a sud-est di Campo del Sole, e venne stabilito un posto di blocco a Pietra Colora. Qui, come altrove sul fronte della divisione, il nemico si ritirò da una cresta all'altra, senza mai contrattaccare come ci si sarebbe aspettato, perdendo un gran numero di prigionieri sia della 114a Divisione leggera che della 232a Divisione Granatieri.
Ancora una volta il nostro attacco aveva colto il nemico nel bel mezzo di un cambio, mentre, questa volta, il 721° Reggimento leggero stava rilevando gli elementi del 1043° Reggimento Granatieri.

Sin dall’alba l’ampio supporto aereo dei cacciabombardieri diretti da "Rover Joe" bloccò nuovamente le unità tedesche immediatamente dietro il fronte, impedendo così lo spostamento delle forze nemiche. Gli aerei diedero anche un contribuito notevole all'efficace del programma di controbatteria contro l'artiglieria e i mortai nemici.

Entrambi i reggimenti attaccanti ripresero la loro avanzata alle 08:00 del 4 marzo, preceduti dagli sbarramenti di artiglieria. Nella zona dell'86° Reggimento di Fanteria da montagna il 1° Battaglione si mosse verso il paese di Sassomolare, lo sgomberò a mezzogiorno e proseguì la spinta a nord, contro Monte Grande d'Aiano l’ultimo obiettivo del reggimento. L'assalto finale contro questa altura iniziò alle 13:15 e in poco più di due ore la resistenza venne superata.
Poiché non erano previsti ulteriori progressi in questo settore venne intrapresa un'immediata organizzazione difensiva sul Monte Grande. Il 3° Battaglione, che era passato attraverso il 2° Battaglione il giorno prima, si portò in avanti, a destra del 1° Battaglione, mentre il 3° Battaglione dell’85° Reggimento Fanteria da montagna occupò ulteriori posizioni difensive lungo il fianco che si estendeva a ovest.

I progressi non furono così rapidi nella zona dell'87° Reggimento di Fanteria da montagna. Il 1° Battaglione attaccò il Monte Acidola, a nord di Pietra Colora, mentre il 2° Battaglione deviò a nord-ovest per poi ruotare e portarsi davanti al 1° Battaglione su Madonna di Brasa, a nord-est di Sassomolare. Il Monte Acidola cadde a mezzogiorno e poco dopo le 16 venne occupata Madonna di Brasa. Alle 10:00 il 3° Battaglione fu impegnato per la prima volta, colpendo ad est di Pietra Colora, contro il Monte della Croce. Questo brillante attacco al fianco strappò rapidamente ai tedeschi l'importante posizione da cui furono sgombrati subito dopo le 15:00; le truppe di montagna furono successivamente rilevate dal 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria Brasiliana.

La conquista del Monte Grande d’Aiano, il 4 marzo, aprì la strada, il giorno successivo, al completamento delle operazioni della Fase II nel territorio compreso tra questa montagna e la Statale 64. Mentre l'86° Reggimento di Fanteria da montagna continuava i rastrellamenti nella parte nord-occidentale della zona della divisione, l'87° Reggimento di Fanteria da montagna si spinse al centro mentre elementi dell'85° Reggimento Fanteria da montagna erano impegnati a ripulire le montagne sulla destra.
Sia il 1° che il 2° Battaglione dell’87° Reggimento Fanteria da montagna erano concentrati in una zona angusta, larga poco più di un chilometro e dirigevano il loro attacco contro il paese di Castel d'Aiano. Il 2° Battaglione manovrò a sinistra per prendere l'altura [Monte Grande d’Aiano] e bloccare le strade che correvano a nord-ovest per Castel d'Aiano, mentre il 1° Battaglione si abbatté sul paese. Nel tardo pomeriggio del 5 marzo il 2° Battaglione si era fatto strada combattendo nelle posizioni di copertura e alle 19:40 il 1° Battaglione, guidato da carri armati, si sposto all’interno di Castel d'Aiano. In quest'area vennero affrontati elementi della 29a Divisione Granatieri Corazzati, che erano accorsi dalla riserva, per bloccare la nostra avanzata, ma i loro impetuosi combattimenti non impedirono la cattura del paese da parte nostra.

I progressi precedenti avevano reso possibile impegnare il fresco 85° Reggimento di Fanteria da montagna a destra dell'87° Reggimento di Fanteria da montagna. Alle 08:00 del 5 marzo, il 1° Battaglione attaccò a nord contro il Monte della Spe, che si trova leggermente a nord-est di Castel d'Aiano, e il 2° Battaglione colpì a nord-est in un attacco sul fianco, contro il massiccio del monte della Castellana. Poco prima di mezzogiorno il 1° Battaglione raggiunse un’ampia gola sotto le pendici meridionali del suo obiettivo, attraversandola sotto un pesante fuoco nemico che causò gravi perdite, e si avviò sul fianco della montagna. Nonostante la forte resistenza nemica, il battaglione raggiunse la cima del Monte della Spe alle 18:00. Quando il 2° Battaglione attaccò il versante sud del crinale del Monte della Castellana, trovò gli accessi coperti da un fuoco così pesante che le compagnie avanzate furono costrette a ripiegare.
Girandoci attorno, verso ovest, mentre la nostra artiglieria copriva l'obiettivo con il fuoco concentrato di tutte le armi disponibili, lanciò un nuovo attacco sulle pendici occidentali.
Alle 15:00, dopo aver superato estesi sistemi di trincee, gli elementi avanzati raggiunsero la vetta. Il nemico, che era stato aggirato sulle pendici meridionali, fu rapidamente radunato mentre la Compagnia E si mosse verso nord-ovest lungo la linea di cresta, catturando la vetta settentrionale del Monte Spicchione prima che facesse buio.

I contrattacchi a lungo attesi si concretizzarono durante la notte del 5-6 marzo, diretti contro le nostre posizioni più avanzate sul Monte della Spe. Elementi del 15° Reggimento Granatieri Corazzati lanciarono un attacco prima di mezzanotte, seguito da altri alle 00:30, 1:30 e 04:40, ma non riuscirono a spingere fuori dalla vetta il 1° Battaglione dell’85° Reggimento di Fanteria da montagna, sebbene un gruppo tedesco riuscì a penetrare a una distanza così ravvicinata che entrarono in gioco le baionette. Dopo il quarto tentativo fallito il nemico cessò lo sforzo per riprendere la posizione affidandosi al fuoco di artiglieria pesante per tormentare le posizioni americane. I tre giorni di fatica della 10a Divisione da montagna portarono alla cattura di circa 1200 prigionieri e all'occupazione di oltre 90 chilometri quadrati di territorio nemico.

Lo sforzo brasiliano all'estrema destra del IV Corpo fu strettamente coordinato con l'avanzata della 10a Divisione da montagna, sebbene l'attacco fosse stato inizialmente sferrato in aree sparse. Il 3 marzo il 2° Battaglione dell'11° Reggimento di Fanteria Brasiliana si spinse in avanti sul fianco destro dell'87° Reggimento di Fanteria da montagna. Lo stesso giorno il 3° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria Brasiliana conquistò l'area intorno a Rocca Pitigliana, rastrellò diversi piccoli borghi tra lì e Pietra Colora e subentrò in tutte le posizioni della 10a Divisione da montagna a est di Pietra Colora.
In concomitanza con l'attacco dell'85° Reggimento di Fanteria da montagna, il giorno successivo il 1° e 2° Battaglione del 6° Reggimento di Fanteria Brasiliana si spostarono a nord-est per aggirare da ovest l'abitato di Castelnuovo, penetrando infine nel paese alle 19:10, dopo un intenso bombardamento delle posizioni tedesche nelle vicinanze. A destra del 6° Reggimento di Fanteria Brasiliana e appena ad ovest della statale 64, l'11° Reggimento di Fanteria Brasiliana avanzò a est di Castelnuovo e si spinse in avanti quasi un chilometro e mezzo oltre due posizioni che sovrastavano Vergato.

squadra ricognizione300xNei giorni subito dopo il 5 marzo vennero effettuati ulteriori aggiustamenti di posizione delle truppe per completare l'operazione. Il 6 marzo lo squadrone di ricognizione dell'81° Cavalleria fu distaccato dalla 1a Divisione Corazzata e assegnato al IV corpo e iniziò il cambio dell'11° Reggimento di Fanteria Brasiliana. Lo Squadrone sostituì prima questa unità brasiliana, poi inviò elementi davanti al 6° Reggimento di Fanteria Brasiliana restringendone il campo d’azione, stabilendo un contatto con la 10a Divisione da Montagna. Il 9 marzo il 10° Battaglione Anti Carro da montagna e il 10° Truppa di Ricognizione da montagna occuparono il Monte Valbura e un altro Monte Belvedere, appena ad ovest delle posizioni dello Squadrone di Ricognizione. L'occupazione di queste posizioni completò la costituzione di un solido fronte americano e tutti gli elementi della FEB furono spostati in quello che era stato il settore occidentale brasiliano, concentrando così l'intera 1a Divisione Brasiliana a sinistra della 10a Divisione da montagna.

I successi ottenuti dalla 10a Divisione da montagna e dai brasiliani spinsero il fianco destro del IV Corpo in avanti, quasi affiancato a quello del II Corpo che aveva allargato notevolmente il saliente della 5a Armata nel muro formato dalle montagne. Questo ulteriore squarcio nella sua difesa causò una tale ansia al nemico che lo costrinse a mettere in campo una delle sue ultime unità rimaste, la 29a Divisione Granatieri Corazzati, prelevandola dalla riserva tattica. Le nostre truppe avevano guadagnato tutto il terreno compreso nella lista degli obiettivi limitati e avrebbero potuto andare oltre la linea nemica sotto lo slancio creato ma il Generale Truscott fu costretto a tirare le redini e fermare l'avanzata del IV Corpo.
Il motivo era che poiché doveva passare almeno un altro mese prima che l'attacco principale potesse iniziare, ulteriori avanzamenti avrebbero potuto estendere il fianco esposto del IV Corpo e sarebbero serviti solo a concentrare ulteriore attenzione nemica su questo settore, facendo sì che i tedeschi aumentassero la quantità di difese preparate a ovest della Statale 64. Le nostre posizioni si consolidarono lungo una serie di picchi e creste che costituirono un'ottima linea di partenza per l'offensiva di primavera.

Il IV Corpo si trovava sulle pendici del versante protetto della catena appenninica che gradualmente discendeva verso la pianura padana, a nord. Tutti i nostri obiettivi limitati erano stati raggiunti e in quel momento iniziò un periodo di spostamento delle truppe per riposo e riorganizzazione, per essere pronti per l’attacco a tutto campo, in primavera.

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Estratto da: History of the IV Corps - 1941 - 1945
Traduzione: Andrea Gandolfi
Fotografie nella relativa sezione 10a Divisione da montagna: Per gentile cortesia della Denver Public Library, collezione 10th Mountain Division