12 agosto 1943, Lizzano in Belvedere
I primi bombardamenti sulla città di Bologna spinsero mio padre a portare me e mia sorella Maria Teresa presso una nostra prozia, Virginia Baldacci, vedova del dottor Orsino Cristofori, che era stato titolare della vecchia Farmacia di Lizzano in via della Chiesa (ora via della Pieve), al n° 9.
Dopo poco tempo si rifugiarono a Lizzano anche mia madre e i miei nonni materni Carolina e Antonio Baldacci, fratello di Virginia; mio padre, invece, faceva la spola, a volte in bicicletta, fra Bologna e Lizzano.

8 settembre 1943
Verso le quattro del pomeriggio il futuro giornalista, Angelo Silvio Ori comunica al mio nonno Antonio Baldacci, e a me presente, allora tredicenne, l'avvenuto armistizio tra il Go­verno Badoglio e gli Alleati. La speranza sulla fine del conflitto fu grande ma fu in breve tempo delusa.
Dopo pochi giorni si notarono movimenti di brigate fasciste inneggianti a Mussolini; que­ste, assieme alle divisioni dell'esercito tedesco, seguite dopo breve tempo da reparti delle SS, stavano occupando militarmente il territorio.

Il 25 settembre 1943 gli Alleati effettuarono un massiccio bombardamento su Bologna, più intenso nei pressi dello "Smistamento ferroviario" e che coinvolse mio nonno, mia madre e mia sorella, andati per alcuni giorni a Bologna. Il bombardamento era inaspettato in quanto i semplici cittadini, scarsamente informati, non pensavano che l'Italia si fosse così improvvi­samente divisa in due: il Regno d'Italia, che aveva fatto l'armistizio con gli Alleati, al di sotto della linea del fronte e la Repubblica di Salò, succube della Germania, al di sopra.

Ottobre 1943
Per interessamento di mio nonno Antonio Baldacci venne aperta a Lizzano, il 1° ottobre 1943, una scuola media straordinaria per gli studenti sfollati da Bologna, frequentata anche da me nella classe terza. Tale corso fu riconosciuto dal Provveditorato agli Studi di Bologna, che consentì l'incarico di preside al professor Baldacci, l'incarico di materie letterarie alle professoresse Ronchi per la terza, Giovannini per la prima e la seconda, gli incarichi di ma­tematica, scienze e disegno in tutte e tre le classi, alla professoressa Bedini: docente di reli­gione era il Parroco, don Giuseppe Baccilieri, che mise a disposizione alcuni locali della Ca­nonica (ora Pensione dell'Angelo) come aule scolastiche.

Novembre 1943 - Aprile 1944
A Bologna continuano i bombardamenti sulla città e sui nodi ferroviari in particolare sullo "Smistamento ferroviario" di San Donato. Uno dei più violenti mi sembrò quello del Venerdì Santo del 1944, nel quale fu coinvolto mio padre che con mezzi di fortuna, fuggì terrorizzato a Lizzano ove rimase .

Giugno - Agosto 1944
Il 15 giugno 1944 si concluse il corso di scuola media con gli esami di licenza, tenuti da una Commissione presieduta dal professor Gilberto Bernardini, titolare di Fisica Sperimen­tale all'Università di Bologna e sfollato a Lizzano. L'avvicinarsi del fronte non permise il proseguimento del corso che si interruppe come anche la scuola elementare per non esporre ragazzi e bambini ai cannoneggiamenti dell'ottava armata verso gli appostamenti tedeschi, anche se non coinvolgevano ancora direttamente Lizzano.

La linea del fronte si spostava inesorabilmente a nord e si avvicinava sempre più a Lizzano. Con gli Alleati già verso Firenze vengono interrotti i collegamenti con Bologna, ove rimasero bloccati i miei nonni Antonio e Carolina, mentre i miei genitori, io e mia so­rella rimanemmo isolati a Lizzano, quasi senza mezzi di sostentamento, se non le poche ri­serve rimaste.
L'esercito tedesco occupò massicciamente il territorio, ostacolato in alcune zone dalla for­mazione di repubbliche partigiane autonome, come quella di Montefiorino nel reggiano, da dove partivano azioni di guerriglia verso il modenese e l'alto bolognese contro i tedeschi e le bande fasciste di Salò

Non tardarono le ritorsioni tedesche, tragiche e indiscriminate, per opera delle SS che man mano sostituivano l'esercito. Anche a Lizzano e nei dintorni si susseguirono rastrellamenti con deportazioni nei campi di "lavoro" in alta Italia e in Germania, barbare uccisioni in massa (impiccagioni, fucilazioni) di partigiani e di civili sospetti, distruzioni e incendi di ca­solari e di case isolate.
A tal proposito voglio ricordare un episodio di estrema barbarie di cui sono stato diretto testimone.
Un partigiano fu caricato di una grossa croce presso il comando delle SS a "Villa Fedora" e fu costretto a salire per via della Pieve, come nuovo "Calvario", fino alla pineta; qui dopo averlo obbligato a scavarsi la fossa, fu fucilato ai piedi della croce e fu sepolto. La fossa (non direi tomba) fu controllata per giorni da un militare delle SS; armato di mi­tra allo scopo di scoraggiare ogni manifestazione di pietà da parte della popolazione.

Il Parroco Don Giuseppe Baccilieri, accompagnato da alcuni ragazzi, fra cui spesso il sot­toscritto, è sempre andato a prelevare con gravissimo rischio personale - si pensi all'ucci­sione del parroco di Gabba - e con estremo coraggio, incurante delle reazioni delle SS tede­sche, le spoglie dei partigiani trucidati, fucilati e spesso impiccati, per dar loro cristiana se­poltura. Certo che cristiana sepoltura don Giuseppe la dava anche ai tedeschi uccisi, tant'è vero che ove ora sorge la casa del parroco vi era un piccolo cimitero di soldati tedeschi.

Settembre 1944
Intanto all'inizio del settembre 1944 l'incalzante avvicinarsi del fronte spinge l'esercito te­desco a predisporre l'ultima, più lunga e più sanguinosa, linea di sbarramento all'avanzata degli Alleati: la tristemente famosa "Linea Gotica".

La "Linea Gotica".
Linea difensiva che si estendeva fra il Tirreno e l'Adriatico con capisaldi sul Monte Battaglia, La Futa, il Monte Belvedere nei pressi di Lizzano, le Alpi Apuane.

Da Montefiorino, intanto, i partigiani si avvicinavano a Lizzano per ricongiungersi agli Alleati già a Firenze.

Di alcuni episodi io, allora quattordicenne, e mia sorella, che allora aveva dieci anni, siamo diretti testimoni. Questi episodi mettono in evidenza la carità pietosa, il coraggio, e l'abnegazione del Parroco, don Giuseppe Baccilieri, che con la sua opera di mediazione ri­uscì a salvare il paese da sicura e tragica distruzione e riuscì a mantenere viva la fede dando una profonda testimonianza cristiana.

Le SS, avendo vaghi sospetti su alcune famiglie di Pozzo, si appostano presso la curva della statale nei pressi della località "Casa Rita", e sparano verso una casa di Pozzo, ucci­dendo la signora Elena Torri, intenta alle faccende domestiche, ed il figlio quattordicenne Bruno Torri. Al funerale partecipa tutto il paese, formando un assembramento presso l'edi­cola del Sacro Cuore all'imboccatura della strada per Sasso. Tale gruppo di persone, fra le quali io insieme con mia madre e mia sorella, è scambiato da un ricognitore degli Alleati per un assembramento di truppe e pertanto un aereo lancia nei pressi varie bombe: una a Pianceré altre a Bargi e vicino al cimitero. Il Parroco, con ammirevole coraggio, continua il rito funebre anche con la folla terrorizzata che correndo si rifugia in chiesa e in canonica. Ricordo, come fosse ora, che io e mia madre ci riparammo fra il vecchio campanile e la ca­nonica.

Ottobre 1944
L'esercito tedesco si appresta a lasciare il paese per appostarsi verso il monte Belvedere con avamposti fino al torrente che passa nei pressi della località "Le Fosse", rimangono le SS pronte a tornare a Lizzano per azioni di barbara rappresaglia come l'incendio di alcune case e cascinali vicino alle Fosse.

Poco prima del ritiro dei tedeschi da Lizzano, i partigiani della brigata "Garibaldi" nascosti nelle pendici del Monte Pizzo e ai margini della mulattiera verso Vidiciatico stavano per scendere in paese per ricongiungersi con l'esercito alleato, giunto già a Ponte della Venturina. Ciò avrebbe comportato un grave rischio per il paese a causa delle possibili bar­bare ritorsioni delle SS con sviluppi tragici come stava succedendo a Montesole.
Il Parroco, preoccupato per tale situazione manteneva coraggiosamente, nonostante la presenza massiccia delle SS, contatti con i partigiani attraverso messi insoliti: bambine, fra le quali mia sorella, e ragazze che portavano le missive nascoste nei bordi della sottana supe­rando gli sbarramenti delle SS con trepidante indifferenza fingendo di passeggiare.
Attraverso tali contatti il Parroco, oltre a farci pervenire i proclami di De Gasperi sulla fondazione della DC, allora veramente ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, convinse i partigiani ad aspettare fra i boschi e ad entrare in paese non appena i tedeschi se ne fossero andati oltre il torrente alle Fosse.

Novembre 1944
Gli Alleati arrivarono dopo un mese, ai primi di novembre, - ricordo vivamente la prima "Jeep" proveniente da Castelluccio via Panigale - lasciando in paese i partigiani della bri­gata "Garibaldi" sempre in balìa delle SS che da un momento all'altro avrebbero potuto risa­lire da "Le Fosse" a Lizzano.

Dai primi di novembre cominciarono le grosse ostilità fra gli Alleati e tedeschi arroccati tenacemente sul Monte Belvedere con furiose battaglie (la prima il 6 novembre) con innu­merevoli morti e dispersi (fra cui il nostro amico bolognese Sergio Calori, non più ritrovato).

 I continui cannoneggiamenti da parte dei tedeschi provocavano numerosi morti anche fra i civili, tant'è vero che per molti non si faceva neppure in tempo a predisporre la cassa per la sepoltura.
In questa situazione, nonostante il gravissimo rischio, con un coraggio che rasentava la temerarietà, don Giuseppe accompagnato dai soliti chierichetti, portava il conforto cristiano e le esequie a tanti poveri morti spesso solo accatastati nella cappella del cimitero.

6 Novembre 1944 - 20 Aprile 1945
Dal 6 novembre 1944 al 20 aprile 1945 durarono le ostilità attorno al Monte Belvedere e perdurò quindi tale grave e triste situazione anche per le notevoli difficoltà di sostentamento per tutta la popolazione.

Tuttavia l'attività della Parrocchia, pur sotto i bombardamenti, continuava vivace. Tra una bomba e l'altra, don Giuseppe, aiutato dai suoi chierici, e confortato dalla viva partecipa­zione dei parrocchiani, celebrava la S. Messa, le funzioni liturgiche a volte anche intercon­fessionali, ecumeniche ante litteram, e anche qualche matrimonio. Spesso si recitava il S. Rosario presso la statua della Madonna per impetrare la sua protezione sul paese così pro­vato. Il coraggio di don Giuseppe gli consentì, anche di portare - io diretto testimone - la be­nedizione pasquale in tutte le case della parrocchia pur sotto il continuo rischio di bombar­damenti.

Questi eventi sono stati vissuti direttamente, oltre che da mia madre e da mio padre, anche e in particolar modo da me e da mia sorella. Ricorderemo sempre con affetto, stima e ammi­razione don Giuseppe che ci è stato di guida e di incoraggiamento in momenti così tragici.

Lizzano, agosto 1998 (... 55 anni dopo)
Lorenzo Arus assieme alla sorella Maria Teresa